turistica per ogni dollaro investito in promozione; e le finanze dello Stato incassarono, corrispondentemente, 6,36 dollari di tasse addizionali per ogni dollaro speso attraverso la Commissione. Si tratta, nel caso citato, di un programma di promozione (e non solo di pubblicità) efficiente e ben studiato. È ovvio che un'alta qualità tecnica è essenziale in questo genere d'attività, e che programmi necessariamente generici, come quelli svolti dall'E.N.I.T. nel quadro di una routine burocratica non collegata alla pubblicità specifica svolta dagli interessati, sono piuttosto lontani dallo standard necessario. Fra l'altro il carattere generico e non localizzato della pubblicità dell'E.N.I.T. impedisce di effettuare quell'essenziale controllo dei risultati che permette in pubblicità di aggiustare il tiro, correggendo gli errori non prevedibili, e da cui dipende in definitiva l'efficacia della campagna. Comunque, nel caso dell'Italia non si tratta solo di mancato coordinamento con la pubblicità privata, o di non-specializzazione rispetto ai diversi mercati di lingua comune. Si tratta anche e soprattutto, di deficienza di mezzi. L'Italia è certamente fra i paesi del mondo che spendono meno per la politica di promozione del turismo: si calcola infatti che ogni presenza di tur.ista straniero costi al governo jugoslavo 255 lire; al governo inglese 164: al danese 124; al belga 117; al tedesco 93; allo svizzero 87 ed al governo italiano solo 27,10 lire. Per fortuna) in questo dopoguerra, la propaganda in Italia è stata facilitata da tutta una serie di fattori, indipendenti dalla pubblicità ufficiale, e che vanno da alcuni films d'ambiente italiano alle canzoni, dalla moda alle vittorie delle auto da corsa, ecc. Ciò ovviamente, non può costituire la regola. b) Aiuti diretti all'industria alberghiera. Tali aiuti, che assumono normalmente la forma di facilitazioni creditizie e fiscali, si presentano necessari quando la attrezzatura ricettiva risulti gravemente sproporzionata alla domanda potenziale e sembrano giustificati da una serie di motivi, che però possono ridursi fondamentalmente al seguente: l'industria alberghiera rappresenta la condizione necessaria per l'esistenza del fenomeno turistico, ma non riceve più del 25% della spesa turistica totale, ed è direttamente esposta ai rischi connessi alle oscillazioni del flusso dei visitatori. Sembra quindi giusto che la collettività nazionale o locale, che beneficia del resto della spesa turistica, si assuma il costo della incentivazione all'industria alberghiera. Il dosaggio fra le due forme di intervento suaccennate e, soprattutto, il giudizio su quando in realtà le attrezzature si presentino gravemente sproporzionate alla domanda potenziale, presentano dei problemi interessanti, soprattutto se si considera la già accennata caratteristica dell'industria alberghiera, e cioè rirregolare distribuzionè del flusso turistico durante l'anno. Comunque si guardino le cose, sarebbe un grave errore concludere che, [15] . Bibliotecaginobianco
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