valenti, la tesi del Sauvy, espressa nel saggio citato, che poteva apparire semplicistica o azzardata, trova in Italia una significativa riprova. Del resto, l'impo•rtanza primaria di questo problema non sfugge ai maggiori responsabili della p·olitica economica italiana. Citiamo, fra le ormai numerosissime opinioni espresse in proposito, quella dell'Ing. Quintieri, vice presidente della C·onfindustria: « Paese sotto1..occupato -circondato da paesi sopra-occupati, l'Italia è essa stessa carente di mano d'opera quali,ficata e, ancor più, di mano d'opera specializzata, sia per la necessaria riconversione di molte attività agricole, che per il potenziamento del suo ritmo 1 di produzione industriale .... La disponibilità di mano d'opera qualificata si ap·presta a divenire in Europa un forte richiamo alla installazione di impianti per la trasformazione di materie prime, importate da lo,ntani mercati di approvvigionamento ». (3). Ma occorre fare un'osservazione forse ancora più precisa: questa penuria di capacità tecniche non è appannaggio esclusivo della categoria operaia; essa si risce)ntra invero a tutti i differenti livelli delle categorie produttive, con conseguenze sfavorevoli di accresciuta ampiezza. Infatti per valutare appieno l'importanza di questo problema, sarà opportuno dapprima riflettere sull'alta correlazio,ne esistente negli Stati Uniti fra incremento del reddito nazionale e aumento del numero dei tecnici, alta correlazione messa in rilievo da recenti studi (4). Sulla base delle considerazioni .che tali studi suggeriscono, l'ing. Gino Martinoli ha proceduto recentemente a un tentativo di previsione per quanto riguarda il futuro fabbisogno di tecnici e progettisti in Italia, valutand·olo, per il I 975, di cir,ca 1.500.000 persone appartenenti a tali categorie. Egli scrive: « ••. Oggi queste categorie possono formarsi solo attraverso le scuole in ... dustriali, i Politecnici, le Facoltà di Fisica e di Chimica e poche altre. Per mantenere una fo,rza di 1.500.000 addetti, di cui possiamo postulare una vita media di lavoro di 25 o 30 anni, occorrerebbe un gettito annuale di 50.000 diplomati e laureati. Può essere interessante raffrontare questa cifra con il numero di individui orientati in modo vagamente similare, che costituiscono il gettito delle varie scuole italiane attuali (anni 1952-1953): istituti industriali . • • • • • • • » naut1c1 • • • • • • • » agrari . . • • • • » per geometri • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • 3.346 746 966 4.524 (3) Relazione dell'ing. Quinto Quintieri al Convegno deìla Camera di Commercio Internazionale, 16-19 marzo 1957. (4) F. Brambilla: << La struttura dell'economia italiana». Comunità n. 62 - agosto-settembre 1958. [112] Bibliotecaginobianco
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