Testimonianza su Giolitti. Gabriele de Rosa, in appendice al primo dei quattro saggi che compongono il suo interessante e documentato libretto sulla Crisi dello Stato liberale in Italia (Ediz. Studium), ha riassunto i termini di una viva e ricca polemica, che si riacces·e nell'estate del 1955, sul famoso «veto» di Sturzo a Giolitti nel febbraio del 1922 all'indomani delle dimissioni del Ministero Bonomi quando il Paese, percorso da fremiti rivoluzionari, non aspettava altro ch·e un forte e deciso governo per contenere l'ondata fascista e ridare fiducia e forza nelle istituzioni democratiche. De Rosa riporta nel quadro di quella polemica, che prese l'abbrivio da un articolo di Luigi Salvatorelli sulla Stampa del 21 Agosto del 1955 nel quale l'illustre storico faceva sua l'interpretazione amendoliana data al cc veto » - considerato cc uno dei più robusti egoismi di partito di cui si abbia il ricordo in questo paese » -- un articolo del senatore Frassati, a suo tempo direttore della cc Stampa », e legato da antica amicizia con Giolitti. L'intervento di Frassati fa ora parte del VI capitolo di un libro di poche pagine (ALFREDO FRASSATI: Giolitti, lVIilano, Parenti 1959), nel quale si ,cerca di illuminare alcuni aspetti d~lla personalità giolittiana ignorati, o per la meno interpretati non nel loro giusto s·enso, particolarmente da coloro che non hanno mai dimostrato soverchia simpatia per lo statista di Dronero. Cosi, per Frassati, la storia del cc veto » di Sturzo a Giolitti - che essenzialmente si riferisce a quello dell'Ottobre del 1922, di risultati assai più tragici di quello posto primieramente otto mesi innanzi per le peggiorate situazioni interne - si riconduce ad una antipatia, o per le meno, ad una intransigente ostilità da parte del segretario del P.P.I. verso l'illustre uomo politico che avrebbe potuto, secondo l'ex direttore d·ella Stampa, mettere a posto, come era accaduto con D'Annunzio, senza bisogno forse neppure di cannonate dato il prestigio della sua persona, il dittatore e i suoi quadrumviri in verità non prepar?_ti ad atti di forza. cc Don Sturzo non comprese - scrive Frassati - o non volle comprendere Giovanni Giolitti: dal contrasto l'uno fu immortalato dalla storia, l'altro ha smarrito la via ·ed ha condotto il suo partito al suicidio ». Gli sembra però per dovere di obiettività e serenità di storico, che se non si può disconoscere un certo ant~gonismo, più personale del politico fra Sturzo e Giolitti, tuttavia non crediamo che la sola presenza di Giolitti avrebbe potuto salvare l'Italia dalla Marcia su Roma dato che la situazione ·era già precipitata e le fondamenta dello Stato liberale erano n1inate da una profonda ed ampia crisi che investiva, non soltanto i partiti, ma l'intera società. La consuetudine di Frassati con Giolitti fa velo alla sua obiettività di cc memorialista» e concordiamo con De Rosa quando afferma nella sua Storia del partito popolare ( ediz. Laterza) che Giolitti cc non era dunqu·e l'uomo che avrebbe potuto instaurare una politica energica, di restaurazione dell'autorità dello Stato. Egli avrebbe tentato semmai una politica di assorbimento del fascismo nella maggioranza costituzionale il che presupponeva che il fascismo fosse diverso da quello che era ». Il libretto del Frassati - una testimonianza di quella •cronaca cc minore », ma non per questo meno importante per sfatare alcune leggende della storia ufficiale o per chiarire alcuni punti oscuri di ·essa - non è tutto elogiativo poichè l'indipendenza di spirito dell'autore ha modo di affermarsi, come per esempio, nella questione delle elezioni anticipate del 1921 o di un Giolitti contrario all'Aventino. Ma questi articoli, o meglio saggi, in cui si ammira anche una c.oncisa proprietà di stile, non si limitano a delucidare alcuni ambigui atteggiamenti di Giolitti nelle ore tragiche del primo Bibliotecaginobianco . [126]
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