che va rinnovato, le linee generali di una riforma, i mezzi e i modi per proporla efficacemente. L'ente radiotelevisivo italiano ha origini e precedenti che peggiori non si riuscirebbe a immaginare. Creato proprio all'inizio del regime fascista (1924), ne ha accompagnato ed echeggiato le vicende fino alla catastrofe finale. Si può dire che non v'è stato un solo settore della sua attività che non abbia fedelmente rispecchiato l'ignoranza, la prepotenza, l'immoralità del fascismo. Dalla propaganda politica - stupida e asfissiante - ai programmi ricreativi, di infimo livello; dalle trasmissioni artistiche, viziate da un gretto nazionalismo, ai notiziari, menzogneri dalla prima all'ultima parola: tutta l'esperienza dell'EIAR rappresenta, per chi voglia giudicare delle cose della radiotelevisione, il punto di riferimento più basso e negativo. È vero che l'ascolto della radio era molto meno diffuso di oggi. Ancora all'inizio della seconda guerra mondiale gli abbonati superavano appena il milione; oggi sopravanzano i sette milioni, e, in più, c'è oltre un milione di abbonati alla televisione. Non va dimenticato che per creare il debito entusiasmo in occasione dei discorsi del dittatore, si doveva ricorrere all'installazione di altoparlanti nelle piazze, e riempire queste di gente convocata con la cartolina, e inquadrata militarmente. Ma questa relativa esiguità degli ascoltatori abituali non poteva certamente rappresentare un contrappeso, in un Paese totalmente dominato e inquinato dalla dittatura. Del resto, lo stesso antidoto dell'as-coltodelle radio straniere è stato tale solo per un numero limitato di persone. In realtà, in un Paese soggetto a coercizioni di ogni genere, che cominciavano e finivano con la violenza fisica, poco importa sapere quale sia stato il peso specificodella radio; e non è poi neanche veramente possibile distinguere retrospettivamente la voce della radio dalle cento altre che in ogni momento, in ogni luogo aggredivano l'italiano, con- . fondendolo, ingannandolo, minacciandolo. Quale_che sia stata la sua reale importanza in una società così sovvertita, l'ente radiofonico fascista non deve essere dimenticato. Il fascismo non è stato una « parentesi », ma una fase « necessaria » della storia italiana: per giudicare il presente, non basta guardare a dove vorremmo arri:.. . . vare, ma anche al punto da dove siamo partiti. Chi giudica l'attuale ente radiotelevisivo in rapporto a quello di una società compiutamente liberale e democratica - e viene subito in mente [18] BibliotecaGino Bianco
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