trimonio ideale della civiltà classica. È curioso che ci sia ancora qualcuno pronto a sostenere che la « cultura » derivi dal fatto che gli studenti medi riescano a tradurre (con non troppi strafalcioni) quindici righe (e anche meno) dall'italiano in latino, in tre o quattro ore, con l'aiuto del dizionario. Questi medesimi patiti del passato poi non si scandalizzano affatto che, alla maturità classica, i migliori riescano appena a tradurre, dal latino, quindici righe,· non troppo difficili, in quattro ore, con l'aiuto del vocabolario. Chi oserebbe sostenere, oggi, di conoscere una lingua moderna, per esempio l'inglese o il tedesco, se tutta la sua scienza consistesse nel tradurre in italiano quindici righe di inglese o di tedesco, in quattro ore, e col vocabolario alla mano? E non fosse poi capace di intendere e tradurre « a prima vista », con sufficiente scioltezza, un passo di lingua straniera? Eppure a tanto siamo arrivati nell'insegnamento del latino: preocc"upato daìla versione in latino, l'insegnante impiega le ore migliori - e gli allievi le energie e le preoccupazioni maggiori - a spiegare e rispiegare le eccezioni della grammatica e <lelb. sintassi, e ad esercitare i suoi alunni nelresercizio di versione in latino. Ciò lo porta a trascurare fatalmente la lettura dei classici, che dovrebbe essere lo scopo vero dello studio del ·latino; e gli studenti « che sanno il latino», al termine dei loro studi sanno le regole del latino, ma non sanno decifrare una lapide o tradurre lì per lì una sentenza latina, proprio perchè hanno letto molte regole, e poco latino. Non è quindi il caso di agitarsi per « difendere » il latino. Il latino lo si difende portando i giovani ad intenderlo; e dopo sommarie nozioni grammaticali e sintattiche (da richiamarsi poi alla memoria non più astrattamente, in lezioni appositamente ed esclusivamente dedicate alle « regole », ma per così dire sul vivo, via via che la lettura di un autore lo suggerisce), bisogna dedicare il maggior tempo possibile alla presa di contatto diretta con le opere. Ciò non si può fare finchè vi sarà, in un esame conclusivo di un ciclo scolastico, la versione in latino, spauracchio di allievi e di professori. Chiunque abbia studiato per conto suo - non quindi in scuola - una lingua straniera, e sia pervenuto ad intenderla bene, vi dirà di aver dedicato pochissimo tempo allo studio astratto delle regole, ma che, dopo averne appreso l'essenziale, si è buttato alla lettura di molte opere straniere. Soltanto la grande trascuratezza - per non dire ignoranza - che c'è in Italia nei riguardi della didattica e delle tecniche di insegnamento e di apprendimento delle varie discipline, consente che si percorra ancora la vecchia strada pedantesca delle regole e delle eccezioni. Ci auguriamo quindi che nel prossimo avvenire si compia un ulteriore piccolo passo, abolendo la versione in latino nell'esame di maturità classica, dove ancora sussiste. Conservando la versione in latino nel corso delì'insegnamento, e negli esami di promozione da classe a classe, ci si garantirà circa l'ap- [42] Bibliotecaginobianco
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