Nord e Sud - anno VI - n. 51 - febbraio 1959

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ... ·" / ANNO' VI * NUMERO 51 * FEBBRAIO 1959 .Biblioteca Gino Bianco

Avete provato a scrivere sulla Lettera 22? Uno strumento energico e veloce scatta ad allineare le parole; e le imprime con la nitidezza che si richiede ad . . un pensiero preciso. Avete provato a sollevare la Lettera 22 ? Un dito la trasporta, ogni angolo del tavolo e della casa può diventare il suo, si sposta con facilità da una stanza all'altra, viaggia con voi. modello LL lire 42.000 + Lo.JC. Nel negozi Ollvettl ed In quelll di macchine per ufficio, elettrodomestici e cartolerie. Olivetti Lettera 22 - Biblioteca Gino Bianco

I - Rivista mensile diretta da Francesco· Compagna' I I r • Biblioteca Gino Bianco ... . ~ ,. . I

SOMMARIO Marco Cesarini Sforza A11tonioGl1irelli Editoriale r 3 ·1 Ex comunisti << a111iodue>> [IO] Tempo di raccoglinie11to [ 19] DOCUMENTI- · -Nino Novacco Zo12e«omogenee>>e sviluppo eco1101nicoregio11ale [ 31] GJORNALE A PIÙ VOCI N.d.R. I nuovi provvedimenti del Co1nitato dei Mi1iistri per il Mezzogiorno [47] E1111io Ceccari11i Motitgomery, El Alamei11 e la retorica << 1nilitarista » l 52] Salvatore Cafìero· Il « Comniu11ity Developme11t >> nel quadto della pianificazio11e [56] ... ·-"' MIGRAZIONI E INSEDIAMENTI NELL'ITALIA MERIDIONALE .Giuseppe Galasso III. - Geografia delle niigraziorti nell'ltdia Meridionale (1951-57)[60] Antonio Palermo Giovanni Terranova Aldo Durante Nicola Tranfaglia Federico Orlando Una copia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti 1 Italia anauale L. 3.300 aemeatrale L. 1.700 Estero annuale L 4.000 1emestrale L. 2.200 Effettuare I venameati sul C.c.P. n. 3/3-i552 iateatato • Arnoldo Mondadorl Editore • Hiiaoo Biblioteca Gino Bianco PROPOSTE E COMMENTI Scuola, riforme e piani [88] La co11giuradei 1nercanti [95] Nascita di u11 cotisorzio 11elSuhappe1211ino Dau110 [ 1031 RECENSIONI lA presse de provitice sous la III République [112] L'assiste11za e la previdenza sociale [117] DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 392.918 DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI: Amministrazione Rivista « Nord e Sud» Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Telefono 851.140

Editoriale È parso a qualcuno ( per eJe1npio ad a. b. ne La Voce Repubblicana) che il modo con cui questa rivista aveva formulato il dilemma che si trova i1it1,anzi la si1iistra democratica .ita/,iana, il dilemma, cioè, di « apertura» o « alter1iativa >>• ( si veda l'articolo di G. Ciranna itl Nord e Sud dello scorso dicenibre ), fosse un modo astratto di porsi il problema, un, vagheggiamento di forniule prive di conter1,uto. Si dà il caso, tuttavia, che all'i1idomani del 33° Co11gressodel PSI quel dilemma conservi tutta la sua validità e, formule o 1ion forniule, contenga 1iel suo seno le possibilità della futura politica italia1ia. Vogliamo dire che dopo parecchi gior1ii di discorsi e dopo più giorni ancora di interpretazioni, chiose e postille, la sinistra laica 11,onsocialista si trova ancora i1znanzi lo stesso dilemma: quale politica perseguire e cercare di forzare, quella ·dell'alternati~a democratica o quella dell'apertura a sin,istra? Sul congresso socialista di Napoli s'è letto tutto e il contrario di tutto? ed è orniai troppo tardi per commentare l'avvenimento ( o è tuttora troppo presto per dare una valutazione delle ripercussioni ultime dell' avveniniento stesso): pure è da esso clie è giocoforza muovere per arrischiare delle ipotesi politiche. Uri aniico ha osservato che quel congresso era un po' come_ certi filnis clie, se fossero fran,cesi o americani, passerebbero decisamente nella categoria dei brutti·, 1na che, per essere sovietici, finiscono con l'avere un successo di stima per il.lodevole.sforzo compiuto per elevarsi al di sopra del piatto conformismo. Il giudizio è più acuto di quel che la forzatura paradossale può far credere e illu1nina il rovescio della medaglia del successo degli autonomisti assai 1neglio di lunghi discorsi. Il tributo che· tutti, per- .fino u11 uomo lucido e moderno come Riccardo Lombardi, hanno dovuto paì ,[3] . BibliotecaGino Bianco

gare ai frusti miti del classismo e della demagogia socialista è sta~orelativamente alto. Come co12seguenzadi ciò, Nenni potrebbe diventare prigiotiiero delle formule che ha dovuto adoperare, degli applausi che ha suscitati, della sua stèssa vittoria. Se infatti si interpretano letteralmente le affermazioni sue e dei suoi più stretti amici, il prezzo che gli autonomisti hanno pagato per la chiusura a sinistra è la loro immobilità: ma a che serve allora co12statareche la situazione è fluida, che lo schieramento poliitico italiano è in movimento, ché la DC è i11crisi, quando non si è pronti a cogliere i frutti della crisi, quatido· si resta fermi? Vi sono molti i quali credono che la nuova fiuidità della situazione itdiana sia merito dello spostan1e1itooperato dal PSI negli ultim,i antii: dato e nori co1icessoche ciò sia vero,. dovrebbe alnieno venire il dubbio ,che, nel momento in cui quello spostamerito sociali'stasi arresta, anche la « fiui.dità >> si congela e tutto torna come prima, _oanzi ttttto torna peggio di prima: perchè il gelo improvviso uccide i germogli e su quei rami 11011, vi sarantio più frutti. Se i discorsi dell' 01i. N e1ini han120un senso essi suggeriscono questa prospettiva politica: il congresso socialista farà cadere, a più o meno breve scadenza, il govertio; e vi sara111zo iena ser1:edi crisi, che mostreJ1(lnno la! impossibilità di formare i11 questo parlamento u1i governo omogeneo e clte porteranno .al limite della rottura la DC. V11a'pertura a destra frantumerebbe il partito cattolico o regalerebbe ai socialisti i voti dei lavoratori cattolici; u11,'apertura Stt,'nistrsa rebbe impossibile perchè il PSI si opporrebbe: iti simili condizioni si tortierebbe i11nanzi al paese prima del '63,~e nelle elezioni la destra riprenderebbe molti voti alla DC, sì che questa ne risulterebbe ridimensionata;· i soci'qlisti,mercè della chiusura a sinistra, guadag1ierebbero i voti di tutti ·coloroche voglio1ioil mutamento (ma che hanno sempre temuti i mali passi dell'alleanza coi comunisti), farebbero scomparire la socialdemocrazia e assorbirebbero tutte le frangie della sinistra no11 socialista. Con una Democrazia Cristiana alleggerita della destra e con un Partito Socialistarafforzato, l'aperturaa sinistra sarebbenelle cose e il PSI diverrebbe partito d.i governo. Quel che i Vecchietti, miopi per definizione, scambiano per isolamento sembra, invece, agli autonomisti il mo1nento centrale di un'operazione politica che dovrebbe fare del loro partito il motore di un futuro governo effettivamente rinnovatore. Ora, piactia o no ai maniaci dell'alternativa, questo degli autonomisti [4] Biblioteca Gino Bianco I

sarebbe un modo ravvolto di scegliere l'apertura: un'apertura ritardata nel tempo, ma pur sempre u1za' pertitra. /_,e tr.uci accuse ali'esperienza austriaca di logorata mezzadria del potere tra cattolici e socialisti cadrebbero tutte e !~Austriadiverrebbe allora il paese-pilota. Noi notl vogliamo irare ad ogtii costo l'acqua al nostro niulino: ma questa è u1iaprova che le forze politiche italiane si trova1'10innanzi ad un dilentma soltanto; a quello, appu1ito, dç,, cui abbiamo preso le mosse,. e che << a lungo termine» i socia"Àistpiaion~ disposti a fare la stessascelta che questa rivista ha indicata come la sola seria e responsabile.Nè si dica che qui 110n è tanto problema di formule quanto di contenuti: Riccardo Lombardi·, che ha fatto il discorso più serio di tutto il Congresso, ha non solo esemplificato cosa vuol dire l'affermazione che i socitdisti sono « disponibili per le riforme di struttura» (e la sua esemplificazione ci trova in gran parte consensienti), 1na ha anche ricordato che nella società contemporanea, al livello di sviluppo contem·poran,eo,il massimal,isnioclassistanon ha più senso e clie il problema delle riforme si pone pertanto in termini di dire.zione po}.iticadello stato. Il che vuol dire che la questione decisiva è esattamente quella delle formule. Ora non c'è bisogno tj,i esseregrandi profeti per prevedere che << apertura a sinistra>>significa direzione progressiva della politica italiana a partire da domani e che « alternativa.» sign,ifica, almeno per un decennio, nella più probabile delle ipotesi, accantona1nentodell~attuale formula di centro-si11istrae direzione cotzservatrice della cosa pubblica. Cesarini Sforza - e la fonte non può es.;ere sospetta di simpatie conservatrici - ricorda, in altra parte di questo nitmero di Nord e Sud, a coloro che si auguratio un bel governo di destra iti Italia, che questo gover1101io1iavrebbe bisogno neppure di ricorrere ad espedienti elettorali del tipo di quelli fra1icesial fine di fiaccare le spera1ize della sinistra, per u1i bel pezzo: e la valutazione è troppo evidentemente: esatta per avere bisogno di essere a lungo illustrata! Cosa devono fare allora le forze del centro-sinistra non socialista? lnrianzi tutto, una volta riconosciuto quel tanto di positivo che c'è nel nuovo corso del PSI, sottoporre ad un'ana/,isirigorosa la prospettiva che g/ii autono.misti paiono aver sugger.itoa Napoli e vedere se essa è conforme agli interessi loro e del paese. E giova sottoli1~rareche questo congresso di Napoli , ha mostrato ancora una volta conie i socialisti del PSI non abbiano certo bisog110di essere in.coraggiati ·a restare.su posizioni mafsima/,istiche: a giu- , [5] Biblioteca Gino Bianco )

dicare dai discorsi del Metropolitan di Napoli il « g·overno » è ancora, per la maggior parte dei militanti del PSI, a qualsiasi ~orre11teappartengano_, uno strume1ito di perdizione. La virtù socialista si sente ancora oltraggiata a sentir parlare di << governo » e di « responsabilità governatt:va >>. Ora una opinione attetita non può indulgere a solleticare proprio questo istinto, a lusingare e quasi a provocare il rifiesso massimcdista: l'on. Nenni può pure rifare a suo modo la storia del suo partito 11,eglai nni ·tra il '19 ed il '21; ·si ha però il dovere di ricordargli cfie s'inganna e che le responsabilità socialiste in quegli anni sono ben diverse da q-uelle che egli ama pensare. E si 1 deve evitare di ripetere l'errore commesso all'indomani di Ve11ezia,allorchè si giudicò come un'inezia il colpo di stato dell'« apparato» e si provvide a largire generosamente patenti di democraticità ai più pericolosi avversari dell'auto1101niadel PSI, col risultato di creare delle difficoltà supplenientari per gli autono1nisti. Se oggi si rinunciasse ad esercitare una critica rigorosa sull'astrattezza della posizione di pura <<alternativa»,sull'assurdo politico cui conduce un'interpretazio11eletterale dei discorsi della maggiora11zaautonomista1 si finirebbe col favorire l'immobilismo socialista e si darebbero tiuove armi alla sinistra filo-comunista. Nel giro di pochi m.esi si potrebbe verificare U:nr.ifiitssoa sinistra nel PSI, in luogo di quello che tutti s'atte1idono sulle posizioni autonomiste. lt2 secondo luogo sembra i1npossibile condividere le ipotesi su cui si f 01ida·la prospettiva di apertura a lungo termine suggerita dall'on. Nenni. Anche ammesso che si giunga ad elezioni anticipate, anche ammesso che i socialisti riescano a realizzare qualche guadagno 1 a cosa servirebbe qite- . sto rafforza1nento se· la DC avesse la maggioranza assoluta? Sbagliano, e sbagliano grossolatzaniente,coloro i quali pensa110e/te it11aserie di crisi di governo possa portare i'l partito cattokco al limite della rottura. È vero i! co12trario:posto sotto il fuoco incrocz·atoda tutte le parti, esso, come è già avvenuto altre volte e come è tipico di tutti gli aggregati, farebbe quadrato e· resisterebbe a tutti eJ finalmente, guadagnerebbe posizioni. Gli sloga1is che i democristiatzi potrebbero coniare in ttna simile occasione sono infi11-itis:arebbe facile dire a tutto il paese, sconcertato dalle crisi, che so110s1,fficiet1ti 30 deputati in più alla DC per avere governi stabili; sarebbe facile fare intendere all'opinione benpensante che il solo mezzo di evitare avventure pericolose co1isiste nel plebiscitare la DC; sarebbe facile a chi lza (6] Biblioteca Gino Bianco

giornali, radio, televisione, mezzi, promettere tutto a tutti. Il PSI si troverebbe ad avere frantumato tutto ciò che .sta tra sè e la DC per trovarsJ inerme tra un partito cattolico di trecento deputati e un partito comunista rimasto press'appoco sulle stesse posizioni. Oh! il gran guadagn.o che _sa-r rebbe in qitel caso l'aver venti deputati i12 più! D'altra parte il problema di fondo di un socialismo democratico in Italia è il problema dei comunisti: gli aumenti del PSI saranno sempre circoscritti a cifre modeste fino a quando esso non riuscirà a scalfire le basi del PCI. E veramente credo110 gli autotzonzisti di riuscire a tanto con una opposizione tiella quale essi saratitio sempre surclassati, per intelligenza, prontezza, capacità di rumore, e perfino duttilità possibilistica ed opportunistica, dai comunisti; veramente credono di riuscire a tanto solo con quella che essi hanno chiamato la << più larga apertura alla base?>>?Cori qttesti sistemi essi non riusciranno che a guadagnare qualche frangia socitilderaocratica o ad attrarre qualche migliaio di voti repubblicani o radicali: con il che, riconosciamolo u11avolta per tutte, la situazione resta immutat,a e, ne/La migliore delle J·potesi, la democrazia italiana non guadagna un bel 11ulla. Di ciò dovrebbero ben tener confa quei socialdemoc.ratici di sinistra che ~el partito tli N en,ni paiono aver gia trasfer.ito tutte le_loro speran.ze in attesa di trasferirvi le loro perso1ie~ignari del pericolo. che si verrebbe a creare in Italia distruggendo il << po1ite >> socialdemocratic9 e dimentichi delle ragioni ideali e 1norali della scissione di Palazzo Barberini. . Non, basta, i1ivero, passar l'acqua da u11, fiasco all'altro per farla diventa,,.e vi110: il problema di fondo per una politica progressista in Italia nori è, come hanno creduto molti, quello di far passare dei voti dal PSDI al PSI, sì, invece, quello di estendere a sinistra i co11finidella democrazia, di guadagnare 11,uovivoti a sinistra ad u,12 social,is1nodemocratico. E questi voti, clie i comunisti tengono prigionieri, voti di operai e di contadini, ma soprattutto voti di sottoproletariato urbano e contadino, voti di uomini e donne che si sentono al di là di ogni spera1iza e che preferiscono crolli apocalittici alla disperazione presetite, questi. voti non si conquistano co11le manovre sofisticate, con le prudenze-, con le mezze parole, ma con le risolu.zio11iaudaci e decisive, dando loro una speranza. Gli uomini consa.- pevoli che, dopo le rivelazioni di Kruscev e dopo i fatti di Ungheria, ~011,- [7] -BibliotecaGino Bianco

tinuatzo a votare pei comu-nisti lo fantio al costo di terribili lesioni i1iterne, di un terrificante autolesionismo morale, con coscienza inquieta: lo fanno, tuttavia, perchè credono di obbedire a questo modo al richiamo degli inermi. Si tratta, dunqt-te, per risolvere il problenia italiano, di dare a q-uesti ed a quelli la sensazione che qualcosa· è mutato, che i disperati e gli inermi possono prendere in mano la direzione dello stato e operare pei loro simili. Solo quando faranno ciò i socialisti metteranno in crisi i comunisti e libereranno forze preziose a sostegtio di u1ia politica progressista: il << richiamo a/,le classi operaie ege1not1izzate dal PCI e isterilite dalla sua azion.e fallimeritare >>J che ·-Adolfo Battaglia indicava itz un articolo del Mondo, ispirato evideritem·ente·da quello di Ciranna che Nord e Sud ha pubblioato in dicembre, quel richiamo si esercita noti da una posizione di sterile e astratta e assurda alter11ativa,110nrestarido imniobili a dir male della DC, a ·den·unciarel'im·mine11zadel regime e a favorire nei fatti u1i governo .conservatore clie attui questo r~gi1ne stesso, 1na assume11do le respo11.rabilità della direzio1ie dello stato. L' 01z. N entii /ia ricordato cl1e la partecipazione a govertzi « borgliesi » rion è pit':tpei socialisti uria questiotie di dottrina, 1na di tattica; clze sarebbe relegarsi i121,1,nsoterile i11f a11tilis1noridurre la politica socialista alla . - cosiddetta lotta di base; che no1i si può prescindere nella società co12te1npora12eadal proble1na della direzio11epolitica e che finalme1~~e· il, PSI· è · << dispo1iibileper le riforme di struttitra >>. Questo è linguaggio politico: ma quando si prospetta u11o'perazione politica si devo110indicare le forze con cui si vuole farla e i -tenipi. Ora, se l'analisi clze precede e esatta, l'on. · Nenni ha itidicato le forze ed i tenipi sbagliati, o, meglio, come lza osservato Orotizo Reale, 1zo11li ha i1idicati affatto. Lascianio pure da parte l'i12generosità di Nerini verso la socialde1nocrazia (Luigi Salvatorelli ha scritto giusta1nente 1iella Stampa del 18 getitiaio che questa era la parte-<< niotalnierrte deteriore» del discorso di N etini); dime11ticliiamo per utz-istante che egli ha di 1iuovo messo tra se e tutti i democratici il muro insor1nontabile della politica estera (e sarebbe bene che tutti i democratici del ce11-tro:..sinistra laico 1i-01fingessero di ignorare questo purtto, nia, come• ha fatto il segretario del PRI, dicessero èl1iaramer1tech·e sulla politica di solidarietà occidentale e di· costru,zio1ieeuropea 11011: s0120 possibili 1nercanteggia1rienti): rèsta il fatto che la sua politica ester1de,~ebbleo· spazio del PSI solo a da1i110 .. [8] BibliotecaGino Bianco

di altri partiti democratici del centro-sinistrae rischierebbe di non potersi attuare perchè 12ellemore di essa le istituzioni potrebbero andare perdute. Al dilemma « alternativa o apertura» gli autonomisti del PSI sembra1iorispondere « apertura a lungo termine»: per le ragioni che si sono viste questa è una risposta sbagliata. La sola risposta esatta è tuttora: apertura, e subito. Quan;donon si facesse q~esto discorso, quando si continuasse a lusingare il PSI nella sua ·sterile inqui'etudine, ci si confinerebbe in una posizione anch'essaste_rile. << La _fÌ'fJ:istra4,emocraticadeve incoraggiare i socialisti a venire subito su posizioni chiare e precise>>:quello che era vero in dicembre è vero anche oggi. È verosimile che ciò non avverrà e che i prossimi mesi saranno dominati dalla querelle delle responsabilità:sarebbe meglio, però, ch'e gli uomini' della sinistra non sociàlista - seguendo f'indicazione fornita anche da Oronzo Reale sulla Voce Repubblicana, i·n sede di comment~ al Congresso s~ciali.stadi Napoli - invece dì lasciarsi i'mpigliare fin d'ora in una simile querelle, esperissero gli ultimi tentativi I • e trovasseropoi « il coraggio di saper fare da soli le proprie sc:elte ». POSTILLA - Questo editoriale eTa già composto quando si sono avute Je dimissioni del governo Fanfani. Non sembra che vi sia nulla da mutare nelle pagine che precedono." Il ì>SI ha successo nell'opera di polverizzazione delle forze democratiche laiche di centro-sinistra: ma gli darà ciò va11taggio? iPare improbabile: sarebbe .strano che un· grosso partito, con vocazione maggioritaria, come la DC, sia disposto a subire i tempi delle operazioni socialiste. L'alternativa ad un governo che accetti con risolutezza la sfida socialista, potrebbe . . r1<:>n essere quel monocolore destinato, nei ~isegni dell'on. Nenni e dei suoi sostenitori, a sfiancare il partito cattolico,, ma 11n effimero ministero di transizione, ·seguito da elezioni anticipate_ 11elmomento più conveniente per questo . pa.rtito cattolico stesso, nel momento in cui un tal part~to possa giocare, vantaggiosamente, la carta della maggiora1ua· assoluta. [9] Bib ioteca Gino Bianco

,.. Ex comunisti '' annO due '' di Marco Cesario i Sforza Sarebbe del tutto inutile, probabilmente, tentare u11discorso generale ' sulla situazione degli ex comunisti << anno due». Si finirebbe inevitabilmente col metter su una specie di catalogo ragionato delle posizioni poli- • tiche e ideologiche individuali, dive~sissime tra loro (si va dal « trotzkismo>> di alcuni gruppi milanesi, a~la pseudo-sinistra non << carrista >>di alcuni che hanno aderito al PSI, fino· alla posizione di amici e consiglieri della socialdemocrazia saragattiana, assunta da certi altri). Tutto ciò sembra poco utile e ancor meno divertente. In realtà, due sole co11statazioni sen.1brano presentare qualche interesse: a) la differenza di atteggiamento esistente tra la massa degli ex comunisti del Nord e quelli del Mezzogiorno (da Roma in giù); b) il distacco sempre più marcato tra intellettuali (ex quadri diri-· genti politici e culturali del PCI, ai diversi livelli), e massa degli ex iscritti. L'esperienza comunista, a Milano, Torino, Genova, ecc., viene ancora prevalentemente scontata in forme ai assenteismo operaio (pettegolezzo, scetticismo intriso di .<< sinistrismo » e spirito corporativistico). Nel Mezzogiorno, invece, l'ex iscritto al PCI t~nta ancora, con tutte le sue forze, di considerarsi un << militante>> (la. composizione regio11ale della recente Al,Ieanza Socialista appare sintomatica: soltanto un terzo delle adesioni sono giunte dal Nord e due terzi dalla Campania, Puglie, Calabria e Isole). Esistono buone ragioni per tale diffèrenziazione. La principale consiste, probabilmente, nel fatto che l' «ex» non è mai, al Nord, così perfettamente « solo » come rischia di restare a Sud, dove il partito è, in primo luogo, un'associazione di difesa (una <<mafia»). In altre parole:, egli trova . [1_0] Biblioteca Gino Bianco

immediatamente, a Nord, un'altra struttura sociale che lo sostiene (sindacalmente, durante il tempo libero, ecc.). In Calabria, Puglie o Sicilia è -impossibile restar soli (o, meglio, tra due nemici): da ciò lo sforzo di tenersi aggrappati agli antichi compagni, di raggrupparsi nuovamente (il « cam- ,bLodella tessera » e un fenomeno quasi esclusivamente meridionale. Ma _gli operai del Nord, che hanno stracciato quella comunista senza pren- ,derne alcun'altra, probabilmente, sarebbero altrettanto presti che i loro ~olleghi del Sud, a ritirare quella democristiana, se non avessero che la .sede della DC a loro disposizione per sentirsi membri del corpo sociale o per poter giocare a bocce. Il fenomeno dell'assenteismo settentrionale riguarda anche quei gruppi intellettuali). Più che continuare in questo esame sembra conveniente accennare alle conseguenze del fenomeno. Pare certo, in primo luogo, che, contrariamente alle apparenze}· sono attualmente gli ex comunisti del « triangolo -industriale » quelli maggiormente « disponibili ». Tenersi aggrappati ai vec- •chi compagni (magari ridotti soltanto alla condizione di <<amici»: ma anche alle vecchie idee sentimenti passioni, canali di informazione, ecc.), •Cercaredi raggrupparsi tra affini, come a Sud, comporta una componente di « fedeltà alla classe>>che altrove sembrerebbe esaurita. C'è qualcosa di positivo nel ragionamento dell' « ex » meridionale ( <<Io sono il vero comu-- nista non quelli del PCI loro: i traditori>>) nei confronti della dichi~a- • zione dell' <<ex>>torinese o milanese (<<Non sono piu comunista>>). Non si tratta soltanto di 11na generica (obiettiva) disposizione alla politica; ma d'una disponibilità a una certa politica. Laddove, a Nord, la disponibilita sembra invece aperta in tutte le direzioni: prevalentemente, ·ben s'intende, 'in direzione antidemocratica. Al <<recupero>>da parte del PCI, per esempio, o al pericolosissimo legame tra sinistrismo corporativista e, per inten- <lerci, para-gaullismo degli ambienti tecnici e <<apolitici>>. L'altra constatazione riguarda il crescente distacco che si nota tra· gli «ex>> dell'ambiente intellettuale ed «ex>> di massa. Ormai tutti i legami sono praticamente sciolti, se non per il gruppo formatosi intorno al settimanale Corrispo11denza Socialista. Quelli tra gli ~x comunisti che ancora parlano a più di dieci persone, le accostano in quanto membri di 11nnuovo partito e, dunque, non in quanto <<ex>>m, a in quanto socialisti, socialdemocratici, repubblicani, ecc. La vecchia struttura politico-organizzativi (i partiti tradizionali} ha vinto al novanta per cento. Tanto più valida serrihrà [11] Biblioteca Gino Bianco

doversi considerare l'esperienza del gruppo di Corrispondenza SocialistaY' l'upica forma organizzativa degli <<ex >>che sia riuscita a conquistarsi _una. ba~ ..di inassa su terreno politico. Gli intellettuali hanno fatto abbastanza presto a reinserirsi nel tessuto delle loro attività normali (carriera accademica o letteratura, giornalismo o pubblicazione di riviste specializzate). Con ciò si sono automaticamente tagliati fuori dal loro vecchio pubblico. 111 effetti la stragrande maggioranza di loro è oggi tagliata fuori dalla parte-- cipazione politica. Quelli di Corrispondenza Socialista, in sostanza, sono stati gli unici che hanno potuto t1tilizzare un mezzo di comunicazione di massa e che, coscientemente, hanno. scelto un linguaggio a u1i. livello di massa. Un altro tentativo, in questa direz~one, sembra essere stato recentemente operato dal gruppo che, ancora all'interno del PCI, pubblicava la rivista eterodossa Città Aperta, con la collaborazione ad un nuovo rotocalco di non chiara tendenza e struttura. Sta di fatto che, come un tempo c'erano gli intelléttuali <<cripto-comunisti>>, così oggi ci sono gli intellet-· tuali << cripto-ex comunisti>>.. · Ciò premesso, mi pare che il discorso sugli ex comunisti non possa prescindere dall'analisi di pochi pt1nti . .1) A distanza di circa un anno, appare ormai come determinante, al mancato fine d'un fattivo inserimento degli << ex>>nella situazione politica. nazionale, il fallimento del convegno indetto a Roma, da un gruppo <li riviste, tra reduci dal PCI e intellettuali della sinistra laica. Quel convegno non solo non riuscì a stabilire un concreto programma di_lavoro comune (collaborazione, fusione di iniziative, -ricerche e studi di .reciproco interesse), ma neppure a riaprire un discorso continuativo e veramente polemico (e quindi creativo) tra i d~e gruppi: neppure a instaurare un'atmosfera, un clima, atto ad aprire successivamente il discorso. Forse il convegno fu un atto di impazienza. Venne troppo presto. Forse vi si avvertì un sospetto di speculazione elettoralistica. La ricerca delle cause obiettive del fallimento, qui, interessano meno che le colpe, meno cioé che la ricerca de.gli errori che potevano essere evitati e delle disposizioni psicologiche del ffi(?mento che occorreva cercare di superare. : . Ci fu, 11egli<<ex », il sospetto di essere co.nsiderati a11imali da giardino zoologico ( « Vediamo come son fatti, vediamo cosa pensano >>)o, almeno, di: ~9ver passare a un esame. La. sinistra laica non seppe allora distinguere \ [12] .. Biblioteca Gino Bianco

tra i due ·aspetti dell'esperienza da· cui provenivano · i loro · amici «· ex >>: quella, .fallimentare, in sede ideologica, morale e politica generale, e quella nòn ostante tutto •positiva in :sede dì organizzazione, di tecnica politica,· di ton tatto con la realtà italiana. Il. rifiuto di àccogliere questo secondo· aspetto <lell'espèrienza degli « ex >>,da parte dei dirigenti della sinistra laica; f11 netto e persino disdegnoso. I radic•aii non vollero senlir consigli da·· chi aveva condotto .(e con qualche più successo di loro) decine di campagne· elettorali contro il malgoverno e l'invadenza clericale (il direttore di una pubblicazione radicaleggiante scoprì nel 1958, beato lui!, che le elezioni, in Italia, si fanno contro le direttive dei confessionali). I socialdemocratici dissero di aver: avuto sempre ragione in linea teorica e ideologica (il che era forse vero), e ciò li convinse a considerare gli << ex >>come dei figliuol pro- <lighi. Non accettarono critiche in linea pratica (il che era sbagliato). ·Si tendeva a « dare un voto >> di democrazia: a questo dieci con lode, a questo sei e mezzo, quest'altro bocciato o rimandato a ottobre. Uno dei due settori del convegno, in altre parole, non riusciva a comprendere che molta parte delle remore, delle incertezze, delle contraddizioni messe in luce dall'altra ala, proveniva da almeno due rispettabili ragioni. Per prima cosa d~la coscienZJadi poter presentare alla democrazia italiana un bilancio perso~almente positivo, dal convincimento cioè di aver ben poco da rimproverarsi ·quanto a sincerità di lotta democratica e ad importanza di risultati co~seguiti (certamente assai meno che non gli ex sostenitori di una legge elettorale truffaldina, o i responsabili di tantò «maccartismo>>). Certo: non era merito degli << ex » se il PCI, nella ·sua involuzione -o, meglio, nella p~ogressiva riscoperta dei suoi reali obiettivi e limiti, non è riuscito a prendere il potere in Italia e a fare strame della democrazia. Ma è certamente merito di quasi tutti loro (e di altri che sono ancora << dentro ») se il PCI (ed è questa la pietra basilai:e del convincimento di tutti gli « ex » : è addirittura la ragione stessa per cui sono « ex ») ha fun.zionato per almeno· dieci anni (dal 1939 al 1949) come la più forte leva della democrazia in Italia, ha insegnato a milioni di cittadini a prendere coscienza di sé e dei propri diritti, persino a leggere e a scrivere. Si noti che questa coscienza, questo « orgoglio » ( che il convegno frustrò), non riguardava soltanto l'apprendimento -delle tecniche politiche (da come si organizza un comizio a come si diffonde un giornale), ma qualcosa di più, e che dura tutt'ora. È, a tutt'oggi, si potrebbe dire, il convincimento di aver fatto un'esperienza fondamentale [13] ·Biblioteca Gino Bianco

.per la formazione dell'individuo e d'un intero personale politico: il con- , vincimento di aver qualcl1e cosa da ,dare, di poter pure insegnare qualcosa,. accanto al molto da apprendere. Gli <<ex>>i,nsomma, consideravano e considerano la loro uscita dal PCI non già come t1n atto di resipiscenza e· pentimento, ma come il logico coronamento e la definitiva sanzione di tutta la loro carri~ra nella democrazia. . Oltre al rifiuto di questa condanna <<globale>>,che i gruppi di democrazia laica sembrarono allora pretendere dagli <<ex>>o, però in questi ultimi anche un'altra ragione, a farli incerti e reticenti. Fu una ragione tattica. Essi avevano, ed hanno, soprattutto la preoccupazione di continuare a parlare a qualcuno, ai loro ex compagni, ai grandi numeri. L'impegno di rigetto radicale a cui li si voleva legare veniva giudicato inabile e intempestivo, come una richiesta ta-tticamente sbagliata e impolitica. Errore o no, illusione o meno, così stavano allora le cose, e così stanno ancora oggi nella . . maggioranza dei casi. Le conseguenze di quel fallimento, e il naufragio della progettata alleanza, risultarono comunque deleterie per gli ·t1ni e per gli altri. Gli ex ·comunisti si trovarono privi di strumenti e mezzi di comunicazione, dovettero crearseli di nuovo (e non ci riuscirono, nonostante la fioritura delle loro pubblicazioni periodiche). Furono messi in un. limbo. Più gravi, forse, le conseguenze per i gruppi radicali e laici. Con le loro richieste di natura ideologica, essi si preclusero l'occasione d'un possibile, straordinario allargamento delle loro alleanze e furono infine indotti a cristallizzare sempre più le loro posizioni politiche. Alcuni di loro hanno finito, come di .recente, a guardare con attesa a un lJossibile governo aperto a destra, che (secondo loro) sarebbe automaticamente capace di suscitare ]'unità e il rafforzamento delle sinistre socialiste e democratiche, fi110all' apertt1ra d'una concreta «alternativa>>. Gli ex comunisti, dal canto loro, sono stati, nella grande maggioranza, respinti al polo opposto, e cioè alla ricerca affannosa dell' << apertura», della collaborazione spesso senza limiti e al di là dei . . . pr1nc1p1. Ci furono. in occasione di quel convegno, natural1nente anche gravi colpe, incomprensioni e mancanze di abilità da parte degli <<ex>>.Sarebbe interessante vederle esaminate co11 spregit1dicatezza e come un fenomeno generale anziché, come fino ad oggi è stato fatto, in uno spirito di esame J_ 14 l Biblioteca Gino Bianco

personale. Chi scrive non poteva che mettere l'accento sulle manc)levolezze dell'altra parte. 2) Appare oggi fondamentale anche un'altra esperienza negativa sco~- tata dagli «ex>>. Parli~mo della decisione presa da Unità Popolare di confluire nelle file del PSI. Questa decisione (alla cui pratica inutilità sembra superfluo accennare: gli ex UP non paiono aver dato contribt1to alcuno neppure al dibattito precongressuale del loro nuovo partito) venne a tagliare le gambe a una delle poche idee suscettibili di sviluppo cl1e erano state chiaramente espresse dagli ex comunisti al 1nomento stesso del loro abbandono del partito di Togliatti. ~'idea cioè che il fallimento della loro esperienza di militanti nel partito comunista non fosse soltanto da attribuirsi a una inadeguatezza specifica di quel partito; bensì ad una inadeguatezza (una « cattiveria>>) generale, di tutta la struttura politica italiana (e non solo italiana). L'idea che il fallimento del PCI, la sua «crisi>>; non fosse altro che un riflesso, un aspetto, della crisi generale dei partiti italiani (e non solo italiani) e, di più, di tutte le strutture rappresentative, ,le organizzazioni, i << gruppi >>della società moderna. Gli ex comunisti, al momento della loro uscita dal partito, sentivano forte, ancorché conft1sa, una esigenza di revisione di fondo di tutto il sistema, il quadro, il metodo politico, sindacale, associazionistico, ecc. Si potrebbe pensare che si trattasse d'una specie di scusa d'una scappatoia: la inconscia volontà di trasferire a tutto il sistema, a tutte le strutture, la responsabilità del fallimento lJarticolare della struttura che era stata la loro. Ma non era così. In realtà, dal 1956 almeno, tt1tti i partiti, i sindacati, le organizzazioni, sono stati, e sono, in crisi, in decomposizione o in stato di atarassia. Oggi lo riconoscono quasi tutti. Non funzionano. Gli ex comunisti furono tra i primi a tentare di elaborare e di discutere le tesi d!una nuova riorganizzazione, o ridistriq~uzione, delle forze sociali e politiche, fuori del quadro del sistema dei partiti di massa, apparati, direzioni centralizzate,, comunicazio~i a senso unico. dal centro alla base, sistema proporzionale e . . « part1tocraz1a >>,ecc. La decisione presa da UP, di rivolgersi a uno dei più tradizionali (e, al momento, logori) strumenti del «sistema>>, fu 11n colpo mortale per molti degli << ex>>. Tutto ciò che essi tendevano a sciogliere e a liberare si IIS] ·Biblioteca Gino Bianco

rilegava volontariamente; lo studio d'·ogni possibile nuova struttura .fu bloccato e la politica spicciola prese di nuovo il sopravvento (la ·politica .per far voti). A molti di noi quella decisione apparve un caso tipico di chi, per difendere le .ragioni della vita, perde 1~·vita. No bili intenzioni, ma stravaganti: annullarsi in un ·partito p:er affermare la necessità di superare i partiti, premere << dal di dentro » per una nuova politica, e cioè accettare i mezzi della politica vecchia per raggiungere ·un fine nuovo. L' esperim~nto era chiaramente destinato a fallire. I mezzi, indubbiamente, condizionano il fine. · Si può forse aggiungere un'altra considerazione. L'errore della operazione UP, o almeno la vanità di quel sacrificio, sembra dimostrato anche dal fatto che il vuoto da essa lasciato libero in quanto organizzazione fuori dal. quadro dei partiti irreggimentati, a struttura piramidale, ecc., è stato a breve distanza di tempo coperto dall'Alleanza Socialista, almeno per quanto quest'ultima riesca ad essere non soltanto un'organizzazione di ex comunisti (e già essa non _sembra limitata. alla raccolta dei « transfughi e déi traditori>> di Togliatti), non soltanto un raggruppamento di difesa, e .almeno per quanto riuscirà a darsi una struttura nuova (a tipo laburista, si legge nel documento di nascita). I suoi limiti e contraddizioni sono già stati identificati. Essa rischia di inserirsi nel processo politico al livello .stesso che intende combattere: quello dei partiti tradizionali e delle organizzazioni elettoralistiche. 3) A due anni di distanza appare ormai chiaro che il primo (e unico «grande») ex comunista d'Italia è il Partito Socialista, o almeno la sua ala autonomistica. Ciò vuol dire che, in sostanza, gli atteggiamenti e le decisioni del PSI sono quelli che hanno caratterizzato, e caratterizzeranno nei prossimi anni, la politica individuale degli ex comunisti <<piccoli». PSI ed <<ex>>vanno di pari passo; le contraddizioni e le incertezze dell'uno sono le contraddizioni ç le incertezze degli altri, così i passi avanti, le conquiste e i successi. Considerare il PSI come .un «ex», sembr·a un punto di vista producente. Il suo compito, nel quadro democratico, sembra divenire preciso: quello di convogliare (o recuperare) alla dem~crazia tutte le forze a lui similari, tutti gli << ex >>,e cioè di operare in funzione anti-PCI, per svuotarlo. Ciò vuol dire una sola cosa: offrire ai comunisti (masse iscritte e [16] Biblioteca Gino Bianco

votanti) una alternativa. Il primo problema del PSI sembra esser quello di aprire alle masse lavoratrici italiane una nuova prospettiva politica, una , r • .nuova· strada concreta, pratica, tangibile, producente di effetti, senza di . . cui non ci saranno rapporti o impiccagioni capaci di spostare ancora . . qualcosa. Come la politica di tutti gli «ex>>, anche quella del PSI dovrà quindi . . passare tra i due termini obbligati della « alternativa >>o della « apertura a sinistra». Difesa di questa democrazia, con tutti i suoi guai, e (possibilmente) suo condizionamento in senso sociale, o attesa di sostituirsi agli attuali detentori del potere. Quale delle due strade è più facile a percorrersi, nel senso che è la strada che porta davvero al conseguimento degli . . . obiettivi, nel più breve tempo possibile e col minimo costo? (In linea imme.. diatamente secondaria c'é l'altro problema. Qt1alunque delle due strade si voglia imboccare, quella dell'alternativa, dell'attesa e della preparazio~e, o quella della collaborazione e della riforma graduale all'interno del sistema, occorre in ogni cas~ essere forti. E il PSI non può essere forte che -a spese del PCI, sottraendogli cioè quadri, masse organizzate e votanti. Il problema diventa dunque questo: quale è il metodo migliore, più rapid_o e sicuro, producente, per sostituirsi al PCI?). · Una gran parte degli <<ex», in questi due anni, ha fatto altri profo11di esami di coscienza. È git1nta, ad esempio, alla conclusione che, in sede politica, 11elle attuai.i condizioni gen,erali, c'è una strada sicuramente sbagliata per lottare da socialisti contro il PCI. È la strada· del massimalismo, della concorrenza sul terreno demagogico e rivendicativo: il PCI risulterà, sempre, « più a sinistra>>d'un qualsiasi discorso massimalistico di un Nenni, salterà sempre la quaglia demagogica. Gli <<ex» (compreso il PSI) saranno sempre battuti sul terreno dell'opposizione per l'opposizione. Il <<partito degli ex>>sarà davvero tale quando si sarà convinto che non c'è veramente contraddizione tra i due termini di « alternativa >>e di « apertura a sinistra». C'è oggi una prima alternativa da fornire, e il cliente è la classe lavoratrice: . in questo senso « alternativa >> è niente altro che « apertura », e_viceversa. L'apertura a si~istra, vogliamo dire, è l'un~ca alternativa socialist~ attualmente possibile (urgente); l'alternativa degli «ex>> è l'apertura. (Ci son ben altre ragioni per una simile conclusione. Una parte della sinistra laica sembra oggi coscientemente lavorare per una soluzione gover.. nativa di destra, nella prospettiva che essa, come dicemmo, automaticaJ .Biblioteca Gino Bianco

mente produrrebbe una reazione eguale e contraria: la realizzazione del1' alternativa di governo. È un'illusione. La destra sola al potere, oggi, in poche settimane spianterebbe tutta la sinistra, per anni. Non avrebbe nemmeno bisogno di· ricorrere a una legge elettorale alla De Gaulle: le basterebbe realizzare qualcosa sul piano amministrativo. Le sarebbe difficile, lo riconosciamo: dare una biblioteca a Roma, far arrivare i treni in orario, o liberare i mercati cittadini dalla speculazione, son cose che la destra non può permettersi. Le basterebbe, allora, lasciare andare le cose come vanno. In un paio di anni la nazione sarebbe a terra nelle sue strt1tture fondamentàli, definitivamente degradata, e la reazione si chiamerebbe gaullismo (gaullismo dei « tecnici >>, ~oppure dei << baschi verdi >>, per esempio). Si tratta di ipotesi. Tra tutte la più probabile è la seguente: la DC a·perta a destra potrebbe gover11are ancor meno che oggi, una crisi si sussegt1irebbe " all'altra e la re~zione finale sarebbe di tipo francese (voto plebiscitario per « il più forte>>).La politica dell'alternativa, in sostanza, pare essere esclusa dal fattore tempo. Siamo in ritardo (il partito socialista è in ritardo) di almeno cinque anni. Prima cl1esia possibile raggruppare e potenziare le forze dell'alter11ativa, la destra può fare completamente il suo giuoco). I [18] Biblioteca Gino Bianco

Tempo di raccoglimento (a proposito di uno scritto di G. Piove11e e di una nota cli N. Chiaromonte1 di Antonio Ghirelli I Sempre più si vanno infittendo, sulle colonne delle poche pubblicazioni schiettamente democratiche ancora superstiti, gli interventi di uomini politici e di intellettuali sopra un argomento che l1a forse la stessa importanza (o forse ne ha una maggiore) dell~ bomba atomica e della guerra fredda: la crisi della democrazia europea, ossia la crisi dell'uomo 1958. La tragicommedia di Suez, le rivoluzioni di Jugoslavia Polonia e Ungheria, il crollo della Repubblica francese hanno segnato le tappe di una lacerazione che investe ormai il tessuto stesso della nostra società, ma che, nella sfera individuale, ha già toccato e travolto l'equilibrio intimo di ciascuno di noi, lasciandoci a galla per miracolo, come naufraghi annaspanti fra i rottami di una tempesta ideologica che è seguìta alla sconfitta hitleriana proprio quando sembrava che il grandioso evento dovesse aprire una nuova era nell'evoluzione della libertà umana. - Dei molti interventi, due ci hanno colpito in modo particolar.e, fino a suggerirci una replica che costituisse non tanto un corollario polemico, •quanto l'avvio ad un discorso organico, da riprendere e sviluppare - naturalmente - ciascuno secondo le proprie possibilità. Parliamo dell'articolo pubblicato da Guido Piovene sulle colonne di un quotidiano torinese (« Qu~lunquismo >>, in La _Nuova Stampa, n. 286 del 2 dièembre) e della « gazzetta >> inser1ita da Nicola Chiaromonte nella rivista che egli dirige con · Ignazio Silone (Tempo Presente, n. 11 del mese di novembre 1958). Il tema dell'articolo di Piovene è la <<tendenza>>,a suo avviso << dilagante >> tra gli intellettuali italiani, verso << una fuga degli animi dalla [19] ·Biblioteca Gino Bianco

- politica, che si riflette dappertutto, anche in letteratura. Dilaga il qualunquismo in diverse forme, che si distinguon·o però tra loro solo in superficie». Lo scrittore veneto dà una definizione assai pertinente del fenomeno cl1e proprio in questi giorni il suo <<fondatore>>,Guglielmo Giannini, ha coraggiosamente ri~negato come un equivoco che contrabbandava, a sua insaputa, il neo-fascismo. << Qualunquismo - osserva Piovene - è un fastidio per la politica, e in generale per le idee, in quanto esse muovono e accompagnano i fatti; con la parola d'ordine "io penso al mio mestiere", "io bado ai miei affari", eccetera>>.A questo aspetto più generico del fenomeno, un altro se ne aggiunge a caratterizzarlo storicamente, a renderlo tipico del nostro tempo e di nessun altro: <<Notiamolo bene - riferiamo ancora i rilievi di Piovene - il qualunquismo d'oggi prende una veste progressiva. Esso è conservatore o astensionista nelle idee, che non importano più nulla, ma questa passività di cervello porta con sè la smania dei "progressi" e delle "riforme" d'ordine puramente pratico e tecnico. Qualunquista è l'uomo d'affari che dice: non si fa ·politica, ma si lavora; qualunquista è lo scrittore politico che, anzichè preoccuparsi di ciò che accade, si limita a contemplare i problemi politici come figure di romanzo, senza disturbare nessuno; qualunquista e il poeta che, esattame11te come il tecnico, proclama: io faccio il mio mestiere, scrivo poesie d'amore, sui miei ricordi personali, sulla natura, e basta >>. Si noti quest'ultima osservazione, o meglio quest'ultimo esempio: vi torneremo sopra a tempo e luogo, ma avvertiamo subito che da esso dissentiamo, anzi che lo consideriamo l'indice di una confusione di giudizio nella quale lo scrittore veneto è caduto sullo slancio di un ammirevole ~ impulso moralistico. Del resto, che di una confusione (e di una contraddizione) si tratti, lo dimostra lo stesso Piovene poche righe più innanzi, allorchè definendo gli avvenimenti francesi come una <<esplosione del qualunquismo già latente » perfino in quel colto e civilissimo paese, -scrive testualmente: <<... Quegli avvenimenti dimostrano la sconfitta, proprio nel loro regno, degli intellettuali che sono uniformati o messi da parte. Un trionfo del qualunquismo è la scomparsa della scena politica di un Mendès-France, e d'uomini come lui, che pensavano troppo ed in maniera troppo acuta>>. Già, trionfo del qualunquismo e sconfitta degli intellettuali più acuti, cioè più impegnati: ma allora di quale colpa li accuseremo? di essere Biblioteca Gino Bianco

• stati sconfitti, non .d'altro. E quale valore ha, in sede morale, il risu1tat<) (provvisorio) di una battaglia? Evidentemente nessuno. Il trionfo del qualunquismo si celebra, in Francia come in Italia o in Ungheria, a spese dell'intellettuale e non in suo (avore. Il suo conformismo, nella maggior parte dei casi, è il frutto ~ deplorevole - di un adeguamento forzoso a . \ posteriori, una confessione di impotenza, o ancl1e semplicemente una co11dizione di necessità per chi non abbia temperamento di eroe e fantasia da don Chisciotte, preferendo preparare in· silenzio la propria rivincita. Semmai il problema autentico, che Piovene sfiora soltanto nel suo pur magistrale articolo e che Chiaromonte centra assai meglio nella « gazzetta >> di Tempo Presente, è di ben altro genere . « Solo se prenderanno la testa di questo movimento - scrive Chiaromonte - gli intellettuali francesi potranno ritrovare la funzione, che già fu loro, di guida della nazione e che l1anno perduto per la stessa ragione per cui l'han.rio perduta (o non l'hanno mai avuta) gli intellettuali di altre nazioni d'Occidente: per essersi alla fine messi alla coda dei politici, accettando le alternative dei politici, sottoponendo cioè la parola loro a quel criterio d'opportunità e di calcolo tattico che toglie alla parola ogni valore proprio». (Il movimento di cui parla Chiaromonte all'inizio di questo passo così significativo, deve mirare << alla rottura >>i delle « inerzie >> da cui .. è stato favorito l'avvento di De Gaulle:· è, dunque, un movimento di riscossa, di rivincita della democrazia). Intendiamoci, anche nelle osservazioni di Chiaromonte si avverte una lacuna. Per soddisfacenti che siano, esse restano di ordine idealistico-morale; puntualizzano bene le circostanze psicologiche della crisi ma non ne individuano la genesi storica. E' esatto osservare che gli intellettuali democratici si sono condannati alla sconfitta col mettersi a rimorchio dei partiti politici. Ma quale altra soluzione si propone invece di quella sbagliata? che mezzo pratico, si suggerisce a questi poveri cirenei perchè essi riescano a / << prendere la testa » del movimento di liberazione, anzichè lasciarsi « mettere da parte >> o « uniformarsi >> ? Ci sembra che questi inter~ogativi non siano retorici, così come la contraddizione implicita n~l pensiero di Pi0verie non poteva passare sotto silenzio. [21] Biblioteca Gino Bianco

II Tentiamo una distinzione netta tra i problemi. Ce n'e tino che riguarda la funzione degli intellettuali nella societa e, di riflesso, nella meccanica della vita politica; ce n' e uno che rigt1arda la loro responsabilità politica in quanto tali, cioe in quanto intellettuali, nell'atto di produrre o elaborare cultura. Credo che sia t1n grave errore confondere i due problemi come se si trattasse di uno solo cioe di fatti omogenei; e che proprio questo errore abbia funestato molti anni della no tra vita, appunto nel senso di cui parla Chiaromonte, cioe falsando e forzando le nostre convinzioni, danneggiando il lavoro critico e creativo, collocandoci alla retroguardia sia della cultura, sia della politica. Aggiungiamo che dei due problemi ci interessa assai 1)it1 il secondo'\ perchè pit1 vicino alla nostra con11)rcnsione ed anche all::i portata di una nostra eventuale rivincita alme110 sul piano individuale e 11azionalc. L' organizzazione degli intellettt1ali come forza 11olitica autonoma ra somiglia ad un'utopia plato11ica che nessL1npae~e 11a mirato finora a realizzare, e che f or e e ancl1c indesiderabile; ne ci embra l)oi tanto facile che i maggiori tra noi ricsc3no a balzare alla te ta tlei n1ovimenti, JJer aclclitare le mete a ge11erali bancl1ieri e sindacali ti, tuttJ ge11te cl1e li sollecitazioni culturali fa tranquilla1nent a meno. Interessi giganteschi sono i11gioco, raffinate tecnicl1e produttive e organizzative determinano la toria convulsa del ecolo lo stesso concetto tradizionale di cultura si va stravolgendo sotto i nostri occhi e dentro le 11ostre coscienze· figuriamoci se la corporazione intellettuale l1a una sola probabilita u mille di far udire la propria voce nel coro assordante dei missili intercontinentali e delle reciproche scomuniche! Nutrire illusioni in questo senso, significa condannarsi alla fine dei Mendès-France e dei Dossetti. Come uomini politici a nostro avviso, gli intellettuali l1anno nè più nè meno le stesse opportunita di tt1tti gli altri cittadini, destinati ad inserirsi positivamente nel processo se accetta110 le regole del giuoco, a farsene estraniare con l'aggravio del ridicolo se pretendono di alterarle partendo da posizioni moralistiche. Un esempio a contrario, in questo senso, non guasta: Roosevelt, che sotto tanti aspetti condivideva le opinioni di molti di noi e poteva considerarsi come l'esponente delle stesse esigenze che MendèsFrance si illudeva di tutelare, seppe riuscirvi proprio perchè accettò le [22] Biblioteca Gino Bianco

I regole del giuoco. Risultati analoghi seppe ottenere in proporzioni diverse Carlo Rosselli. Nell'altra chiave, Salvemini o Ernesto Rossi hanno inciso sulla nostra formazione politica proprio nella misura in cui si sono mantenuti fedeli ad una vocazione culturale estremamente rigorosa, senza rinunciare per questo alla milizia politica, dall'esilio alla cospirazione attiva, fino all'avventura rocambolesca. Ci sembra abbastanza chiaro. Dove, invece, ci tenta un ragionamento più problematico è nello_spinoso campo delle responsabilita individuali. Qui, per tornare al punto di partenza, Chiaromonte e Piovene si pongono in una situazione reciprocamente contradittoria sulla quale vogliamo insistere proprio per arrivare al punto che ci interessa. L'uno spiega la sconfitta dei « clercs » come l'effetto della loro subordinazione alle direttive degli uomini politici e dei partiti; l'altro, lo scrittore veneto, lamenta una specie di ritirata collettiva del fronte artistico rispetto alla situazione di cinque o dieci anni fa e la spiega con grande finezza, riconoscendo come « tanti anni di tormenti, di ,agitazioni non risolte e con la triste prospettiva di non finire mai, dovevano generare un'universale stanchezza >> di cui « il poeta » sarebbe vittima alla stessa stregua della << maggioranza>> ridotta, ormai, « al piu qualu1fque degli istinti, quello di conservazione ». Per Piovene, insomma, la frattura tra intellettuali e politici militanti - che si è indiscutibilmente registrata nel biennio 1956-58,rappresenterebbe un dato negativo per i primi e non per i secondi. Non una « rottura di inerzia», come dice Chiaromonte, ma viceversa una manifestazione di smarrimento, di sfiducia nelle idee e nell'idealismo: << Vada all'inferno la politica, badiamo ai fatti nostri ». Lo scrittore della Nuova Stampa è talmente fermo in questa analisi del fenomeno da giungere a scrivere: « Perfino il vistoso declino e l'isolamento in cui abbiamo veduto cadere il partito comunista in Francia ... appena un'altra soluzione si è presentata alla folla degli scontenti, è un segno del prevalere del qualunquismo, indipendentemente dal giudizio, favorevole o sfavorevole, che noi diamo di quel declino »... È vero che, subito dopo, aggiunse: << Sebbene, nei nostri paesi, non . è certo mancato un qualunquismo di sinistra, ed in modo speciale un qualunquismo comunista ... che ha avuto come specchio certa letteratura, libraria e cinematografica, che proprio l'estrema _sinistra ha voluto spingere avanti: di spirito dialettale, di un sentimentalismo lacrimogeno e nausea- . [23] ·Biblioteca Gino Bianco I

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