al 1956. La percentuale del reddito dell'Abruzzo e del Molise, rispetto aJ reddito nazionale, è andato sempre decrescendo. Infatti, il reddito dell'Abruzzo rappresenta l'l,95_ per cento di quello nazionale nel 1952; ,poi l'l,91 per cento nel 1953, successivamente l'l,88 per cento nel 1954; poi l'l,86 per cento nel 1955 e infine l'l,80 nel 1956. Si calcola infatti che le famiglie addette all'agricoltura siano 184.000. Di esse gli 8/ 10 sono cc indipendenti » e rivelano uno spiccato individualismo, che fa da remora al diffo,ndersi di ogni forma di collaborazione cooperativistica; le famiglie cc dipendenti » sono circa 30.000 e loro aspirazione costante è quella di passare ~ella categoria superiore, attraverso l'acquisto dei terreni che lavorano. Di qui l'ansia dei giovani ad emigrare I1on appena i11età di farlo. Ogni paese è buono per tentare l'avventura emigratoria, nella speranza di realizzare quei risparmi che furono consentiti in misura ragguardevole nel ·passato ai nostri emigrati negli Stati lJ11iti e che permisero a molti abruzzesi di , crearsi una discreta posizione sociale. Prima dello scoppio della guerra 1915-18 il bilancio delle rimesse deg]j emigranti fu sempre positivo. 'l'anto per fare qualche cifra, nel 1905 all'Aquila si registrarono rimesse per 4.451.000, a Can1pobasso per lire 12 mi-. !ioni 791.000, a ~I~eramo per 2.139.000; nel 1906 ad Aquila le rimesse salirono a 5.202.000, a Campobasso a lire 15.539.000, a Teramo a lire 3.015.000 (il Teramano, per l'agricoltura più progredita e il carattere meno montagnoso della ,provincia, ha sempre dato un minor numero di emigranti). Queste rimesse erano destinate in massima parte ad allargare i limiti della piccola proprietà paesana e ad ap,portare qualche miglioria alle vecchie abitazioni paterne; spesso anche per far studiare i figli rimasti in ·patria. Dopo la guerra del 1940-44 si sta assistendo a un sensibile mutamento di quelle che furono le caratteristiche dell'emigrazione abruzzese. Permane, si, la prevalenza degli espatri degli uomini sulle donne e degli uomini soli che lasciano in Italia famiglia; ma con un'incide11za notevolmente meno accentuata. Nei paesi di montagna l'emigrante, oramai, raramente ritorna. Parte per l'estero solo e ancora scapolo (prima invece era costume formarsi avanti la partenza il nucleo famigliare, per lasciarlo anni ed anni abbandonato a se stesso o ai vecchi parenti, fino al raggiungimento della fortuna o al definitivo rimpatrio); e se torna per sposare, riparte presto con la mo·glie, trapianta altrove i suo cari, si stacca lentamente ma inesorabilmente. Se fa fortuna, ne] paese d'origine si costruisce tutt'al più una casa per, l'estate; ma i suoi risparmi non li investe più nella terra bensì per comprarsi un appartamento in città e viverci con la sua famiglia un altro ordine di vita. Ci sono paesi della montagna abruzze_se che hanno visto diminuire la popolazione residente del 50 per cento negli ultimi 30 anni. E proprio quei paesi che hanno dato e conti11uano a dare la più alta percentuale all'en1if85]· Bibloteca Gino Bianco
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