La distinzione cosi finiva col costituirsi, secondo una specie di logica interna, in giudizio di valore. C'era anche chi presumeva di fare una graduatoria delle materie, secondo il grado di maggiore o minore formatività. Come nel sistema di Plotino, c'era un primo grado e c'era un infimo grado: la filosofia sopra, la zoologia e la botanica sotto. A dimostrazione di questo, veniva addotto il fatto che gli studenti usciti dal liceo classico, in cui appunto maggiore è il numero delle discipline umanistico-formative, davano ·prova di maggiore maturità e dimensione umana rispetto a quelli di altri tipi di scuole, mettia•mo delle sc·uole tecniche o di quelle magistrali. Non si rifletteva sul fatto che molte volte tale superiore maturità dipendeva da fattori selettivi, chè ai licei classici accedevano alunni (e insegnanti) culturalmente selezionati, mentre 11egli altri tipi di scuola si dirigevano gli scarti, i bocciati, la limatura di ferro. Comunque, in pratica s'è visto che le materie dette formative . potevano divenire informative e occasione di puro mnemonismo, laddovP le materie dette informative potevano dive11ire pretesto per una « Weltanschauung » scientifica, e perciò motivi per ltna autentica formazione umana. Si è capito insomma cl1e non le materie sono formative o informative, ma che formatività o· informatività sono abiti, modi, stili, metodi diversi con cui si può i11vestire ogni materia, alternative pedagogiche e • • • • non caratten 1nerent1 a certe materie. Veniva pertanto inteso da alcuni cl1e è difettiva in termini di verità e moralità una distinzione che, su un piano di 1naterie e non già di impostazioni pedagogiche, opponga discipline dotate di taumaturgici poteri formativi a discipline non dotate di tali requisiti, aventi solo un valore pratico-strumentale, in quanto dirette ad assicurare il •potere dell'uomo sulla terra, senza però investire il destino dell'uomo e la sua idea della vita e del mondo. Si trattava di una •distinzio11e molto discutibile, in quanto veniva supposta una incredibile sospensior1e del destino dell'uomo, quasi che l'uomo potesse dedicarsi seriamente a qualcosa (mettiamo lo sfruttamento del mondo), senza risolvere contem·poraneamente il ,problema della sua sorte. L'uomo mescola in ogni istante quello che fa, e quello che vuole, a quello cl1e è, a quello che egli vuole e deve essere. Aprire una cesura tra due dimensioni del sapere, nella predetta •distinzione manichea, ignorando che il protagonista d'og11i sapere è l'uomo che sta in bilico sulle sue esperienze e tutto compone nel suo destino morale, significa supporre, da una parte un·etica senza poteri, dall'altra una tecnica opaca e senza luce di spirito, un'anima fuori del coripo e un corpo denutrito d'anima. Con questo non vogliamo dire che la predetta distinzione sia inammissibile; ma solo mostrare che, se essa non si giustifica sul piano meta- [81], ·Bibloteca Gino Bianco
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