Nord e Sud - anno V - n. 44 - luglio 1958

tazione, guardato a una sola di esse. Ma il rapporto tra politica e cultura non è forse il problema ddla personalità di Vittorini? Tornare ora al libro nella sua interezza ci pare in un certo senso l'uovo di Colombo. Due opere sono state ricordate, per fornire una approssimativa indicazione del valore di questo libro e del genere al quale appartiene: Quasi una vita di Alvaro e il Me.rtiere di vivere di Pavese. Ma, se il richiamo è felice, guardando alla componente culturale del Diario in pubblico, ·- la stessa ricchezza di temi, di umanità, la stessa varietà degli interessi, non isteriliti in nessun «genere» letterario o artistico - non ci sembra sia indicativo dd respiro politico che caratterizza in m~do tutt'affatto originale il Diario di Vittorini. La dimensione politica era un di più, nobilmente avvertita, ma appunto come un di più, nel1' opera di Pavese e di Alvaro; in quella di Vittorini, si è detto, è essenziale. E forse la stessa suggestiva. suddivisione cronologica con cui Vittorini ha raggruppato la materia del volum~ può alimentare l'equivoco: 1929-1936 (La ragione letteraria); 1937-1945 (La ragione antifascista); 1945-1947 (La ragione culturale); 1948-1956 (La ragione civile). In realtà a noi pare che, se non proprio dal '29, certo non molti anni dopo, si debba agevolmente parlare di una compresenza delle quattro ragioni. Tuttavia, questo è certo, Vittorini iniziò con interessi esclusivamente letterari: <e M~estri cercando >>, il titolo del primo brano inserito nel Diario, dà veramente il tono a tutti gli altri scritti di questi primi anni. Assistiamo progressivamente alla scoperta di Proust, di Stendhal, di De Poe, alla immediata identificazione del valore di Svevo, di Montale, di Alvaro. Ma, accanto a tanti fdici giudizi, un equivoco grosso, che, se immediatamente si limitò a generare fastidio e noia verso certe letture, certi autori, non ci sembra esagerato dire che contribuirà poi non poco a dirigere il cammino, anche politico, di Vittorini in un senso piuttosto che in un altro: il fraintendimento di Croce. Non è tanto la condanna sentimentale della sua estetica - cc L'estetica di Croce ci lasciava freddi come una stella notturna, lontana nel ricordo e nell'astronomia letteraria » - quanto l'abbaglio preso sui presunti discepoli di Croce: « La letteratura che potremmo chiamare crociana si era giocata la posta. Prezzolini, la Voce, non insegnavano nulla. Nulla Papini. Nulla Soffici. » Non è il caso di ricordare come siano finiti questi « crociani ». Ma, per colui che doveva essere di lì a pochi anni il poeta degli « astratti furori », poteva bastare già quello che quei nomi erano nd 1929 per scegliere una furiosa milizia dalla parte opposta: che doveva ben presto configurarsi ai suoi occhi come quella rappresentata dal partito comunista. Eventi internazionali sembrarono convalidare questa scelta; e vogliamo dire la guerra di Spagna che a lungo per Vittorini, fin negli anni ddla Resistenza italiana, doveva apparire come il simbolo di qudla unione, se non identità, di cultura e politica che stava diventando la sua ragione di vita. Guernica gli spiega la sua milizia letteraria e civile. Gli anni dal '43 al '45 gli permetteranno di esercitarla; Milano come Madrid scriverà nel dicembre del '44. Ma si trattò poi [121] Bibloteca Gino Bianco (

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==