zionali di una struttura industriale moderna. Senza il grande mercato, l'industria non ha infatti la possibilità di conseguire quelle dimensioni e quella efficienza, che consentono bassi costi di produzione, e quindi elevati livelli di consumo e di tenore di vita. Come sul piano politico, i paesi europei, divisi e rivali, sono diventati semplici stati-cuscinetto tra il colosso americano e quello russo, così sul piano economico le economie dei singoli paesi europei sono del tutto incapaci di far fronte alle enormi spese, che sono imposte dalle rivoluzionarie tr_asformazioni tecnologiche della nostra epoca. Le tariffe doganali devono quindi èadere, come le frontiere politiche, se l'Europa deve poter ritrovare le strade della leadership politica e della potenza economica. Ed è qui che la polemica dei libero-scambisti trova i suoi continuatori nei federalisti, nella misura in cui protezionismo e nazionalismo si rivelano due aspetti dello stesso problema. Al tempo stesso, però il federalismo europeo innova sul libero-scambismo - ed in modo radicale - in quanto si batte per il principio che non si può formare un libero mercato comune in Europa senza la creazione di istituzioni federàli, cioè di un potere federale, che liquidi le bardature protezionistiche, le quali si sono venute moltiplicando negli ultimi decenni. Il trasformarsi della bilancia del potere nel potere del mondo, l'~ffermarsi della leadership degli Stati Uniti, la moderna dottrina del federalismo hanno tutti determinato un rinnovamento della problematica dei meridionalisti. Ed il tutto si è accompagnato ad un crescente pessimismo dei meridionali stessi di risolvere il problema con le loro sole forze. Già Guido Dorso, l'autore della << Rivoluzione meridionale», nell'ormai lontano 1946 scriveva che il Mezzogiorno doveva riporre le migliori speranze di trasformazione e di avvenire in un'illuminata politica di aiuti americani, che · imprimesse un ritmo antiprotezionistico allo sviluppo economico italiano. Quel nobile scrittore di Avellino non doveva vedere la primavera del 1947, il discorso del Segretario di Stato Marshall, l'inizio degli aiuti U.S.A. all'Europa; ma al suo acuto ingegno era stato dato di precorrere i tempi, e di intuire che il Mezzogiorno per sollevarsi avrebbe avuto bisogno di interventi esterni. Contemporaneamente maturava nelle classi dirigenti italiane il convincimento che il migliorame.t;itoeconomico del Sud non era soltanto una questione di giustizia regionale, ma di interesse nazionale. Senza il miglio- [49] Bibloteca Gino Bianco
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