guardare, Garin ha utilizzato la sua dottrina (che certo lo ha distinto dal gran numero degli orecchianti studiosi marxisti) per riproporre un complesso di opinioni già note, alcune delle quali egli stesso aveva esposto in altra sede, forse con minore enfasi e maggiore efficacia. E' vero, comunque, che la sua relazione deve essere considerata il momento centrale del Convegno, anche se nessuno degli intervenuti nel dibattito ha mostrato di tenerne effettivo conto: fondamentale, proprio perchè esemplare dei modi in cui il nuovo linguaggio deve esprimersi. Da ciò un nuovo carattere veniva affiorando. Se, fino al 1956, si cercava di dimostrare che ad ogni occasione si può, a buon diritto, attribuire un significato politico, ritenendo di stimolare, così facendo, l'impegno e l'interesse degli intellettuali, alla cui azione parevano attribuite più valide ragioni; oggi l'accento si va spostando sulla possibilità di rilevare in ogni rr1anifestazione il valore culturale, cercando in tal modo di aggirare le opposizioni e i dubbi di coloro i quali si trovano ad aver acquistato una sensibilità politica appena più viva. Chi ha rilevato una sostanziale convergenza tra la relazione di Garin e quella di Togliatti, non ha detto cosa lontana dal vero; 110n soltanto per questi ultimi rilievi, ma perchè Toglia~ti ha svolto proprio quella riaffermazione decisa del!' ortodossia gramsciana, che nella relazione di Garin era stata soverchiata dall'impostazione problematica e metodologica. « Gramsci e il leninismo » è stato il tema svolto da Togliatti. E' bastato un intervento di Alberto Caracciolo, che ha rilevato nell'esposizione del Se• gretario del PCI la mancanza di ogni riferimento ai consigli di fabbrica, che pure sono motivo non accessorio nella meditazione di Gramsci, per mostrare l'ampio margine di arbitrarietà che Togliatti si era riservato. Ma la riduzione di Gramsci ad un interprete, sia pure acuto, dell'opera di Lenin, nella quale andrebbe ricercata la fonte più producente per il suo pensiero (meraviglia, d'altra parte, che uno studioso come Garin abbia affermato, in sostanza, che i punti deboli ed opinabili degli scritti di Gramsci trovano in gran parte la loro origine in motivi mutuati da autori idealisti), quella riduzione ha una sua immediata utilità politica, dal momento che esclude l'esattezza di tutte le interpretazioni gramsciane che non tengano, al ·tempo stesso, fermo il corpo della dottrina leninista. Era, questo, il modo per condannare le interpretazioni gramsciane tentate da socialisti ed ex-comunisti; ma era anche il modo per riaffern1are saldamente l'annessione di Gramsci al PCI, anr1essione non così facilmente contestabile come quella, facciamo caso, di Francesco De Sanctis (salva ogni proporzione). Queste note depongono sufficientemente sulla povertà culturale dei risultati del Convegno. Se pure si voleva evitàre un semplice concerto di opinioni o una rassegna di studi conce~iti nel filone gramsciano (ma quest'ultimo era, comunque, eventualità irrealizzabile, per la scarsità e la rozzezza del ma- [46] Bibloteca Gino Bianco
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