da carne di seconda qualità (spalla, coperture delle costole ecc.) e· 59 da carne di terza qualità (pancia, collo, testa, ecc.). Stando ai prezzi che attualmente vengono praticati nelle macellerie della città di Napoli per tali tagli di carne (rispettivamente, secondo un indice medio, 1.450,1.300 e 1.000 -lire al chilo), si ha che l'esercente ricava dalla vendita dei 199 chili di carne considerati una somma pari a 256.000 lire. · Questa cifra, però, non è definitiva: ad essa va infatti aggiunto il ricavo dovuto a quello che, nel linguaggio della categoria, è detto « quinto quarto» e cl1e comprende parti accessorie dell'animale, quali setole, cervello, interiora ecc.; si calcola che la vendita di questa parte dell'animale procura all'esercente un ulteriore incasso di circa 30.000 lire. In tal modo, il total~ complessivo degli incassi sarà pari a lire 386.000. Se confrontiamo questa cifra con quella ottenuta per le spese sostenute dall'esercente, vediamo che risulta una differenza di ben 106.320 lire, che, messe in rapporto ai 199 chili di carne posti in vendita, dovrebbe costituire per l'esercente un guadagno netto di lire 534 al chilo: un guadagno, evidentemente, eccessivo. Quel che importa stabilire, dunque, è dove vadano a finire le 534 lire di guadagno che si realizzano per ogni chilo di carne. A prima vista, nasce il sospetto che un guadagno tanto eccessivo debba andare a totale beneficio degli esercenti; nei quali, in definitiva, bisognerebbe individuare i responsabili degli alti prezzi raggiunti dalle carni. Invece, se si approfondisce l'in,dagine, si scopre che la categoria degli esercenti è la vittima, piuttosto che la compiacente causa, di un· intero sistema intessuto di ,prepotenze, controlli e camorra. E, in tal senso, è sufficiente ricordare che, negli ultimi tre anni, su un totale di circa seicento esercenti che agiscono nella città di ·Napoli, ·ben ventisette sono stati costretti ad interrompere la loro attività a causa di fallimento. Nè diversamente, d'altra parte, si spiegherebbero -le rimostranze degli esercenti stessi verso un regime fiscale èhe, proporzionato a quello praticato per altre categorie, non è certo rilevante e ch,e, come vedremo subito, è ben lungi dall'incidere in modo consistente sull'alto prezzo al quale viene venduta la carne. Infatti, sul metro dell'elenco fornito prima d,elle spese di costo che incom·bono sull'esercente, si può agevolmente calcolare che tutte le voci a carattere fiscale pagate per un vitellone dal· peso di 4 quintali (imf79J Bibloteca Gino Bianco
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