Nord e Sud - anno IV - n. 35 - ottobre 1957

Rivista mensile diretta da Fi:ancesco Coinpagna t NNO IV * NUMERO 35 * OTTOBRE 1957 ·sibloteca Gino Bianco

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.Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Bibloteca Gino Bianco

SOMMARIO /,,. Renato Giordano Francesco Compagna Editoriale [ 3] Socialismo e destalinizzazione [ 11] Le sabbie mobili [25] GIORNAI,E A PIÙ VOCI N.d.R. Salvemini [39] Roberto Berardi L'insegnamento della storia contemporanea in lta/,ia e in Francia [ 43] Salvatore Cambosu Asterischi sul banditismo in Sardegna [ 47] Nicola Pierri Dell'oro di Dongo [56] Giovanni Ferrara Un credito aperto [59] DOCUMENTIE INCHIBSTE Carlo Turco Sui criteri interpretativi dell'« attuazione»· dello << Schema Vanoni >> [ 61] Alberto Prozzillo Napoli demografica [78] CRONACHEE MEMORIE . Vittorio de Caprariis L'avvento di Mendès-France [91] RECENSIONI Raffaello Franchini ·viario crit,ico (Ragghianti) [125] Una copia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti a Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1.700 Estero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Nord • Sud e Nuova Antologia Italia annuale L. 5.500 Estero » L. 7.500 · Effettuare i venamenti eul C.C.P. n. 3/34552 intestato a Arnoldo Mondadori Editore • Milano Bibloteca Gino Bianco DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 82.91& SEDE ROMANA: Via Mario dei Fiori, 96 • Telefono 687.771 DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 85.11.40

Editoriale . ' ' L'inizio dell'autunno segna la fine di molte illusioni. L~autunno si è infatti annunziato con il lancio del missile intercontinentale sovietico, la brusca interruzione della conferenza di Londra per il disarmo, la chiusura di qualsiasi dialogo sulla unificazione della Germania, il colpo di Stato filosovietico in Siria e le contromisure politico-militari adottate dagli Stati Uniti. Al tempo stesso si è avuta una graduale ripresa della maniera forte oltre cortina: i1i URSS, dove gli entusiasmi eccessiv1:di qualche i·ntellettuale ansioso di indipendenza vengono raffreddati d'autorità e dove la « libertà di creazione» viene denunciata dal Kommunist come attività << antipartito j/; nei paesi satelliti, dove la pressione poliziesca raggiunge forme tali da ren... dere drammatica pure la vita dell'uomo comune (si legga la documentazione sulla Romania pubblicata dall'Economist); in ci·na, dove Mao è costretto a fare macchina indietro rispetto alle fiorite promesse di tolleranza che aveva elargito nel mese di luglio (si veda in proposito l'editoriale de Le Monde dell'8 settembre). Così, le illusioni destate in Occidente si vanno spegnendo. La repressione ungherese si rivela sempre più chiaramente per quello che fu: non una deviazione contingente da un nuovo corso di liberalz·zzazione e distensione, ma il tragico e perentorio monito all'Occidente perchè sappia che il Cremlino obbedisce a una logica spietata della ragion di Stato e che, anche se il marxismo ha subìto sul Danubio una grave sconfitta, la Russia conserva intatti i suoi piani, come grande potenza continentale, non meno ch·e come stato-guida del comunismo. Il lancio del missile ha dato subito luogo ad ampie e gravi ripercussioni in Occidente. I circoli responsabili hanno dovuto aprire un'ampia discttssione sulle conseguenze che derivano in sede strategica da ·quel lancio, e da più parti si è avvertita l'esigenza di un rafforzamento della NATO, di ri- [3] Bibloteca Gino Bianc·o

' considerare cioè la funzione delle cosiddette armi convenzionali. Il libro di H. A. Kissinger, Nuclear weapons an,d Foreign Policy ( dove si sostiene la tesi che l'equilibrio nucleare, mentre a/,lontana il pericolo della guerra totale, aumenta la probabilità di guerre limitate, combattute appunto co11 armi convenzionali◄) ha rappresentatoper la stampa inglese il punto di partenza per una dimostrazione esauriente dell'esigenza di un più efficiente coordinamento, non soltanto militare, ma anche politico, fra i Paesi che aderiscono alla NATO:; e ad identica conclusione sono giunti W•illy Bretcher, ·della Neiie Zurcher Zeitung, nella sita relazione al congressodi Oxford dell'Internazionale·Liberale, e la conferenza organizzata a Bruges dal Collegio d'Europa e dalla Università di Pennsylvania. Un editoriale del Times ha ricordato agli americani che i Paesi della peri/eria atlantica non devono essere rafforzati solo in quan_tobasi militari, ma in quanto elementi strutturali del sistema. E infine negli ambienti americani si diffonde l'impressione che, alla riconvocazione del Congresso, verrà annullata la decisione presa in precedenza di un taglio alle spese militari; al tempo· stesso, il rafforzamento delle basi d'Oltremare, e quindi dei legami politici che derivano dal!'alleanza atlantica, torna a farsi sentire come una esigenza urgente e indisci-ttibile, come il polo di orientamento della politica del Dipartimento di Stato. Il colpo di stato verificatosia Damasco è giunto d'altra parte come un.a -ulteriore conferma sia del costante pericolo rappresentato dalla espansione sovietica, tutt'altro che rallentata, sia delle accresciute possibilità di quelle azioni militari limitate che si fondano sull'impiego delle armi convenziona/,i.L'operazione Globemaster per fornire armi alla Giordania si era appena iniziata che già Nasser accusava gli americani di imperialismo, mentre Nehru faceva trapelare la sua opposizione al gesto degli Stati Uniti; e que- ·..rtoserve a ricordare, un anno. dopo la crisi di Suez, che lo scacco anglofr~ncese sul Canale fu una sconfitta per tutto l'Occidente; e fu solo la prima crisi grave di una situazione che fatalmente attraverserà altre fasi drammatiche. Nella polveriera mediorientale molte micce sono accese ed il compito degli statisti occidentali è di spegnerle da soli, senza ricorrere cioè alla collaborazione della Russia, senza concedere al Cremlino la penetrazione in un settore che finora è stato sotto il controllo euro-americano. [4] BiblotecaGino Bianco

In questo quadro di ripresa della guerra fredda, di -intervento risoluto degli Stati Uniti nel Medio Oriente, di ripensamento generale della strategia (e quindi della politica) atlantica, nel senso di un ulteriore rafforza-- mento, di un più stretto coordinamento, di una più efficace integrazione, in questa situazione difficilmente si sarebbero potute concepire aspirazioni di politica estera altrettanto inopportune di quelle che, cogliendo peraltro l'occasione dal viaggio del Presidente della Repubblica in Persia, hanno riproposto il problema del <<neoatlantismo », della « svolta mediterranea», della « mediazione » italiana in Medio Oriente. È dall'inizio della crisi di Suez, nel luglio del 1956, che, nel nostro Paese, taluni ambienti politici, prevalentemente cattolici, hanno cominciato a farneticare di una missione italiana nel Medio Oriente. Sono tutti coloro per cui la politica atlantica 1ionha mai significato la migliore, e l'unica, politica estera possibile, ma soltanto un male minore, da accettare tutto al più come estrema concessione alle inevitabili, ma contingenti·, esigen.ze di un dato momento poli'Pico;sono tutti coloro che non hanno mai sentito la NATO come lo strumento che deve garantire l'inserimento permanente del nostro Paese nella Comunità delle democra.zie occidentali e che deve consentire alle forze democratiche i"talianedi vincere in Italia contro tutti i totalitarismi e tutti i confessionalismi; sono cioè coloro i qua/,i amano mettere l'accento piuttosto sui problemi << nazionali>>e <<sociali>c>he sui valori di democrazia e di libertà; e sono anche coloro che, come afferma Spa.. dolini su Epoca, si trovano << impegnati a dimostrare - attraverso la crisi del Medio Oriente - la fine dell'Europa in quanto sede della civiltà lib,erale, laica e democratica>>O. ra questi· ambienti·Jsul declinare del!'estate, si son dati nuovamente· convegno, come lo scorso anno per Suez, al fine ,ii determinare una velleitaria << svolta mediterranea>>della nostra poli"tica estera; e hanno scelto come punto di abbrivo la lontana regione persiana, non meno minata per noi·di tutte le a/,treregioni del Medio Oriente, anche se a Teheran la situazione non è oggi quella del Cairo e di Damasco. L'on. Fanfani ha scritto che non Ji può « non lodare il Governo italiano per aver preparato, fatto effettuare e secondato il viaggio del Presidente della Repubblica>>in Persia. Noi invece riteniamo che, per << aver preparato, fatto effettuare e secondato » questo viaggio, il Governo debba essere biasimato; e lo debba essereancora di più perchè ha consentito che I 5] Bibloteca Gino Bianco ,,

una serie di indiscrezioni e di equivoci gettasse « _quasiun'ombra sulla nostra fedeltà agli impegni dell'intesa occidentale». Il fatto di cui si deve prendere coscienza prima che sia troppo tardi è che, mentre l'unificazione socialista si allontana nel futuro delle nebbie postelettorali, l'avvento del monocolore ha segnato l'allontanamento dai posti di governo di gran parte del gruppo dirigente che, intorno a De Gasperi e a Sforza, intuì e sostenne la necessità di una politica fermamente occidentalista da parte dell'Italia. Non sono più . al governo quei repubblicani, socialdemocratici:, liberali che intendevano rettamente atlantismo e difesa della democrazia come una coJa sola; e, per quanto riguarda i democristiani, se si eccettua un gruppo ristretto, di cui Taviani e Colombo sembrano gli elementi più combattivi, le posizioni governative sono occupate ora da uomini che hanno sempre dimostrato di avere scarsa sensibilità per i' problemi atlantici. Si sono rafforzate così le pressioni extraministeriali e sono riaffiorate, detitro e fuori del Governo, tittte le posizioni che facevano capo a coloro che avevano contrastato o non avevano saputo assim,ilare la lezione di De Gasperi in politica estera. Sarà opportuno ricordare che certe correnti di sinistra e di destra della DC furono tiepide o addiritt11,raostili nei confronti del Patto Atlantico fin dai tempi in cui fu discusso della sua approvazione. Allora non erano di moda le mediazioni nel Me dio Oriente e si polemizzava a favore di una Europa neutralista, e mediatrice fra capitalismo americano e comunismo russo; o si rispolverava la funzione universalistica dell'Italia come sede del Vaticano/ depositario di una fede cosmopolita. Venne la guerra di Corea e quegli stessi ambienti che erano stati tiepidi ed ostili nei confronti dell'adesione italiana al Patto Atlantico, scambiando Truman con Mac Arthur, denunciarono la politica «bellicistica» di Washington ed accusarono De Gasperi e Sforza di << oltranzismo atlantico», chiedendo una <<Piùelastica» politica estera da parte del Governo italiano. Si invocò l'esempio dell'Inghilterra, che svolgeva opera mediatrice avvalendosi anc!te di un operoso fiancheggiame11to da parte del Governo indiano; e si dimenticò, non solo che la Gran Bretagna mediava perchè aveva quel peso politico e quelle possibilità diplomatiche che le consentivano la mediazione (la quale era del resto accettata da Washington, nel quadro di una più o meno esplicita divisione dei compiti), ma anche e soprattutto che, mentre il Foreign Office lavorava alla pace, i soldati inglesi combattevano e morivano [6] BiblotecaGino Bianco

.sui campi,di battaglia coreani accanto ai soldati americani. E pure allora - come prima, ai tempi dell'adesione italiana al Patto Atlantico, come dopo, in occasionedelle prin:i,ecrisi nel Medio Oriente e della guerra in Algeria - e' era chi insisteva su una funzione particolare dell'Italia, sia pure nell'ambito atlantico, una funzione mediterranea, da perseguire magari attraverso la formazione di un blocco di Paesi latini, inclusa la Spagna di Franco. Uomini che sono oggi saliti a più alte responsabilitàdi partito e di governo, e il cui peso politico è diventato assai più determinante che negli anni tra- , scorsi, sono stati pure fra quelli che hanno sostenuto allora queste tesi,.Le quali sono state riprese quando esplose la crisi di Suez, quando taluni degli · esponenti più autorevoli della Democrazia Cristiana presero posizione contro il «colonialismo» anglo-francese e tornarono ad avanzare l'esigenza dz una mediazione italiana. V'era chi si spingeva a considerare 1neramente fortuita la coincidenza della nostra posizione con quella degli Stati Uniti e sottolineava soprattutto l'aspi,razz·onealla massima autonomia della politica estera italiana in tutti i settori; v'era chi voleva conciliare l'iniziativa mediterranea con quella europeista, ma non più subordinare la prima alla seconda; v'era chi poneva come porro unum l'allineamento della nostra politica esterasu quella della CasaBianca, distinguendosi però dall'atlantismo degasperianoperchè questa esigenza di allineamento non si fondava su una visione di piena solidarietà occidentale, cioè con le democrazie europee e con quella americana insieme, ma tendeva invece a stabilire un rapporto bilaterale, di ti.po salazariano, stretto fra Roma e Washington, anche se in opposizz·onea Londra e a Parigi. Dopo qualche esitazione iniziale il tri·angoloSegni-Saragat-Martino_,co1i l'appoggio di Palazzo Chz.gi,riuscì a infrenare l'offensiva che la coalizion.e degli esponenti di questi revfsionismi aveva sferrato; ma, per la prima volta, si ebbe chiaramente la setisazione di una incipiente disintegrazz·onedella 1naggioranzache aveva sostenuto quella politica atlantica ed europeistache era stata la politica dei Governi del!'on. De Gasperi e più recentemente del Governo dell'on. Scelba. Oggi, caduto il triangolo Segni-Saragat-Martino,manca la mano capace di reggere saldamente il timone della politica estera. I revisionismi hanno trovato via libera, la stessasegreteriadel partito che si è assunto la responsabilità del Governo monocolore, manifesta esplicite velleità revisionistiche; [7] Bibloteca Gino Bianco

e altre se ne attribuiscono al.laPresidenza della Repubblica. Non è certo un ostacolo alle pressioni extrami.niisterialiil sen. Zoli, malamente in equilibrio su un Governo che ha avuto una nascita incerta ed a cui si consente una squallida esistenza perchè va verso una morte tanto sicura quanto imminente; e l'on. Pella, il cui nome è legato alla più penosa manifestazione di politica nazionale del dopoguerra - al discorso del Campidoglio e alle baionette per Trieste - l'on. Pella, troppo preoccupato di dare ragione a tutti e di non dare torto a nessuno, potrà al massi·mo constatare, prima o poi, che conciliare la politica europeistica e la « dottrina mediterranea>> è molto più difficile che fare una lunga dichiarazione su questo o quel problema senza far capire la propria opini o.ne in materia. Il viaggi·o in Persia è stato dunque il risultato della carenza del Go-'· verno e delle pressioni e~traministeriali .sulla nostra poli"ticaestera. Preannunciata da « dichiarazioni di pri·ncipio », anticipata dai contratti del Presidente dell'ENI, la visita del Presidente della Repubblica a Teheran ha certamente soddisfatto i desideri di coloro che, come a Sestrières r on. Folchi, avevano chiesto << una visione pi·ù autonoma del!'alleanza atlantica>>.. Ma dal viaggio in Persia·è venuto anche un pericolo di deterioramento dei nostri rapporti con le capitali occidentali·. Mentre il Popolo seguiva con smarrimento il volo dei Globemasters· verso la Giordania e quasi gri·dava al tradimento vedendo gli Stati Uniti adottare una politica di forza nel Medio Oriente (dove finiscono le illusioni dell'anno scorso, dell'asse Roma-Washington, del filo diretto Casa BiancaPiazza del Gesù?), da fonti « molto autorevoli» si ingiungeva alla stampa di mini·mizzare gli scopi politici del viaggio presidenziale. All'ultima oraT mentre la tensione in Siria cresceva pericolosamente,. ci si cominciava a rendere conto che la « mediazione » italiana non è nemmeno pericolosa, è velleitaria. Si preferiva insistere, quindi, sulla penetrazi·one economica, sul posto al sole per il lavoro italiano, sugli scambi culturali. Troppo tardi. L'abbinamento della penetrazione economica e della mediazione politica era già diventato oggetto di allarmato interessamento da parte della stampa più autorevole del mondo occidentale. L'azione del Presidente dell'ENI non si è conclusa nel clima rzlrervatod'un contratto -di affari, ma è stata accompagnata con risonanti dichiarazioni di principio sulla [8] Bibloteca Gino Bianco

12uovainterpretazione da dare all'atlant-ismo e sui « nuovi orientamenti >> della nostra politica estera. Le Monde ( si badi bene: un giornale democratico francese, e ~on il N. Y. 1~imes, e non il Wall Street Journal), z~nuna lunga corrispondenza da Roma, ha presentato come animato da intenzioni anti-occidentali il viaggio del Presidente della Repubblica e del Ministro degli Affari Esteri, ed ha piiì, o meno esplicitamente attribuito opinioni antifrancesi a taluni influenti ambienti politici italiani. E sono troppo noti i commenti polemici del Times e del Financial Times per riprenderli in questa sede. L'agenzia Italia farneticava intanto di un assurdo Patto Mediterraneo; l'opinione pubblica era turbata dall'annuncio che la flotta italiana non avrebbe partecipato alle manovre navali della NATO nel Mediterraneo; l'Unità . annunciava esultante il mutamento di rotta sia pure parziale del nostro atlantz·smo ed il Paese-Sera chiedeva la liquidazione del Segretario Generale di Palazzo Chigi, reo di rispettare fino in fondo gli impegni occidentali dell'Italia, resistendo a tutte le pressioni; l'Avanti! constatava con sodtj,isfazione questo slittamento del Governo su quelle posizioni di polz'ticaesterache differenziano_ ancora il PSI dagli altri partiti socialisti europei (non deve essere questo il significato dell'apertura a sz·nistra,non deve essere questa la convergenza democristiano-socialista,da taluni giustamente auspicata n_el nome di De Gasperi). Basterebbero queste indicazioni tratte da/,lastampa nazz·o11aled estera per misurare tutto il passivo polz'tico.dell'operazione, lo stato di confusio1ie cui è degradata in quei giorni la politica estera del Governo Zoli-Pella. Q.uando l'URSS concentra tutti i suoi sforzi per spezzare l'infiitenza occidentale nel Medio Oriente, è grave errore per un membro del!'allean.za atlantica svolgere un'azione politica che potrebbe essere considerata di disturbo tanto a Washington, quanto a Londra e a Parigi. La stampa italiana ha 12otato,con legittimo compiacimento, l'entusiasmo con cui le folle persiane hanno (J)Ccoltoil Capo dello Stato, simbolo dell'Italia. Ne prendiamo atto, anche noi, con soddisfazione; ma senza di~ menticare che è troppo r1:schiosopagare.la popolarità a Teheran con la sfiducia delle capita/,ioccidentali. Il nostro Governo deve ricordare che l'avvenire dell'Italia non dipende da spericolate inizz·ative in Asia o in Africa, ma dal consolidamento, costante e progr~ssivo.,dei nostri legami con le [9] Bibloteca Gino Bianco ,,

democrazie d'Europa e d'America insieme. Ci auguriamo che es.soora n~on commetta altri passi falsi, ci rallegriamo per quelle correzioni che più recentemente sono venute in merito alle interpretazioni che in un primo momento si erano potute dare delle nostre <<nuove»aspirazioni· di politica estera, vorremmo che grazie alla imminente discussione parlamentare fosse dissipata ogni ombra di dubbio anche intorno alla coerenza con cui l'Italia intende osservare i suoi impegni europeisti. Non solo noi consideriamo funesta una « dottrina mediterranea >> per la politica estera italiana; non solo siamo contrari a qualsiasi «svolta>>che si volesse imprimere a quest'ultima; ma non crediamo nemmeno ad una qualsiasi prospettiva seria di politica mediterranea. (10] Bibloteca Gino Bianco

Fra cinque anni potrà essere tanto pericoloso lodare Stalin quanto lo era l'attaccarlo due anni· fa. Ma io non consz·dererei ciò un progresso. Non si ottiene alcun profitto insegnando ad un pappagallo una parola nuova. (Settembre 1946) GEORGE 0RWELL Socialismo e destalinizzazione di Renato Giordano I La liquidazione della cosiddetta frazione antipartito, operata da Krusciov ai primi di luglio - mentre ha lasciato tutta una serie di interrogativi irrisolti ed ha anzi posto agli osservatori politici di cose sovietiche nuovi quesiti - è servita certamente ad accrescere la confusione nello schieramento politico italia110, a rafforzare gli equivoci in campo socialista, ad alimentare una polemica ideologica basata su debolissime fondamenta politiche. Ad accreditare questa polemica ha contribuito anche la relazione del1'on. Fanfani a Vallombrosa. Nel denunciare al Consiglio Nazionale della D.C. il pericolo rappresentato dall'offensiv,a socialista sul piano europeo, il Segretario del partito di maggioranza relativa alludeva alla recente defenestrazione di Malenkov, Molotov e compagni, come ad una nuova forza che sarebbe venuta al socialismo europeo, dato che 1a vittoria di Krusciov doveva essere interpretata in chiave dello sforzo di liberalizzazione destalinizzatrice in corso nella Russia sovietica. L'affermazione dell'on. Fanfani, inserita nel contesto, si rivela senza dubbio un'efficace arma polemica contro i socialisti. Il Segretario della D.C., nel momento in cui suona il campanello d'allarme annunciando l'offensiva del socialismo europeo, avverte l'opinione pubblica che i socialisti sono gli alleati naturali dei successori di Stalin e chiama gli elettori a rafforzare la D.C.; la quale rimane come prima e più di prima, il solo scudo sicuro contro il socialismo, in ogni sua sfumatura, da quello di Saragat attraverso quello di Nenni fino al·socialismo Kruscioviano. In altri termini l'on. Fanfani mostra di considerare la lotta in corso nell'U.R.S.S. ur1'importante svolta liberalizzatrice, perché questa impostazione gli consente di stabilire [11] Bibloteca Gino Bianco i

polemicamente, se non un'identificazione, per lo meno un fronte unitario del socialismo democratico con il comunismo di Krusciov. Se l'on. Fanfani ha, dunque, valide ragioni politiche che giustificanola sua impostazione, per lo meno discutibile ci sembra l'opportunià che l'on. Nenni la riprenda ed in sostanza l'accetti. Nel parlare al Comitato• Centrale, il Segretario del PSI, pur capovolgendo naturalmente i termini della polemica interna, ha infatti affermato: « Dal punto di vista generale dello sviluppo del movimento operaio mondiale e della distensione noi sottoline€\mmo a suo tempo l'importanza che assumeva la revisione aperta dal XX Congresso di ]\tf osca st1lle acquisizioni dello stalinismo nella dottrina, nel metodo, nella prassi ... Nella contradditorietà del processo di sviluppo della liberalizzazione e della democratizzazione è emerso il dato della sua ineluttabilità ed irreversibilità. È emerso cioè come il movimento verso forme nuove e necessariamente diverse, da paese a paese e da sistema a sistema, di libertà e di democrazia, nasce dalle condizioni di progresso industriale, culturale, economico create dalle rivoluzioni proletarie. Anche i recenti mutamenti nella direzione politica del PCUS confermano la irreversibilità del movimento. Di questi mutamenti ... noi sappiamo poco o nulla. Epperò la vittoria di una linea politica su un'altra non è mai un fatto accidentale o legato al solo metodo. Se, messo in minoranza o in difficoltà al Praesidium del partito, l'attuale gruppo dirigente sovietico ha avuto con sè la più vasta e rappresentativa assise del Comitato Centrale, è perchè esso interpreta meglio di altri e più compiutamente la corrente della democratizzazione e della liberalizzazione inerente alla fase attuale del progresso economico dell'Unione Sovietica e alla aspirazione delle masse ». (Dalla Relazione dell' on. Nenni sull'Avanti! del 18 luglio '57). Probabilmente l'on. Nenni prendeva di mira piuttosto l'ala filocomunista del suo partito che non la realtà della situazione internazionale, e, parlando di liberalizzazione e di democratizzazione in URSS polemizzava con l'on. Togliatti e con l'on. Pertini per affermare il principio della strada nazionale al socialismo, e non dimenticava certo qualche suo precedente più cauto giudizio sul significato della lotta per il potere nel Cremlino. L'on. Nenni, nella sua polemica con il PCI e con i filocomunisti del PSI si sforza troppo spesso di cercare il fondamento dell'autonomia del socialismo italiano da Mosca nella dottrina e nelle parole dei successori di Stalin, e dimentica (o ere-de più utile e più facile dimenticare) che il socialismo deve rivendicare l'autonomia in nome di una scelta democratica, [12] Bibloteca Gino Bianco

in nome cioè di una affermazione di libertà, il cui principio non può essere ammesso, per ipotesi, dell'oligarchia tirannica del Cremlino. Il risultato è che la polemica continua a rimbalzare da un punto ,all'altro dello schieramento politico, e giunge ad influenzare l'atteggiamento, e forse anche il giudizio, perfino dell'on. Saragat, il q~ale ha, egli pure, accoìto gli avvenimenti di Mosca come il risultato della spinta delle forze nuove di una società, che non possono e non vogliono più essere oppresse da una tirannide di tipo orientale. Forse, più o meno consapevolmente, l'on. Saragat tiene d'occhio la sinistra del PSDI, e per svuotarla dà sulla liquidazione di Malenkov e compagni un giudizio che non si differenzia, per certi aspetti, da quello dell'on. Nenni. Non si vuole, qui, dire che il leader del PSDI sia giunto a conclusioni identiche a quelle esposte dal Segretario del PSI, ma si vuole sottolineare una modifica di impostazione in quello che è stato normalmente il giudizio dell'on. Saragat sul significato della lotta politica in URSS. A nostro avviso, l'interpretazione degli eventi del Cremlino deve essere approfondita affinché risulti in modo non discutibile che l'impostazione degli onn. Nenni e Fanfani si giustifica solo in funzione di polemica interna, non si spiega con i dati della realtà sovietica e della politica internazionale. Bisognerà dire una volta per tutte che l'influenz.a esercitata dalle interpretazioni eh.e I. Deutscher ha dato e viene dando delle cose sovietiche è nell'insieme un'influenza decisamente e profondamente dannosa. Com'è noto, l'esperto polacco, comunista dissidente, pubblicò all'indomani della morte di Stalin un breve volume « Russia after Stalin>>, in cui si sosteneva fondamentalmente la tesi che la società sovietica, industrializzata e modernizzata da Stalin, non poteva più essere retta con i metodi di satrapo orientale adottati dal dittatore georgiano e va]idi per un paese dominato· da una economia di tipo agricolo ed arretrato, quale era quella russa ai tempi dell'avvento di Stalin al potere. Le nuove forze sociali, c,ostituite in seguito alla trasformazione struttur,ale dell'URSS, non avrebbero più tollerato la conti.. nuazione della dittatura ed avrebbero imposto l'introduzione di forme democratiche di governo. L'origine marxista del Deutscher si manifesta [13] Bibloteca Gino Bianco

• chiaramente in questa visione tutta economicistica della politica, per cui il passaggio di una società da una fase di arretratezza agricola ad uno stadio di industrializzazione moderna implica necessariamente la trasformazione d'un regime politico autoritario in un sistema democratico di governo. C'è, naturalm.ente, nella tesi del comunista polacco una parte di vero, che è, però, piuttosto una cons~atazione che non un giudizio critico: l'affermazione, cioè, del costituirsi di una classe di dirigenti industriali e di burocrati (che teme il Terrore, proprio perché rappresenta il Termidoro), stanca delle epurazioni incontrollabili ed a getto continuo, e che chiede un clima di pacificazione politica, per poter consolidare i suoi privilegi sociali e per godere la raggiunta prosperità economica. Ma questo bisogno di tranquillità sociale della managerial elite sovietica è tutto quello che il Deutscher può provare, mentre rimane cl.a provare (ed è quello che solo ci avvicinerebbe alla soluzione del problema di fondo della realtà sovietica) che il desiderio di un sistema non autocratico di governo abbia trovato le strade per manifestarsi politic,amente, abbia potuto cioè costituirsi in efficace strumento di pressione politica per determinare le decisioni fondamentali del ristrettissimo gruppo politico, che siede in permanenza: dietro le mura del Cremlino. Quando si afferma che Krusciov, liquidando Molotov, Kaganovic, Malenkov e Scepilov, ha dato il colpo di grazia alla vecchia guardia staliniana, per venire incontro alle esigenze di liberalizzazione dei nuovi strati sociali sovietici, si dà per dimostr.ato quello che si dovrebbe dimostrare. Non sono molti coloro i quali hanno notato o ricordato che qu.esto, che sembra essere il trionfo della tesi del Deutscher, contraddice però una delle affermazioni principali dello scrittore polacco, secondo il quale alla lotta per il potere apertasi dopo la morte di Stalin, Malenkov e Beria rappresentavano il gruppo liberale· antistalinista, mentre Krusciov costituiva la minaccia del ritorno alla dittatura di partito, appoggiata dalle armi di Zuchov. Non ci risulta che il D·eutscher abbia mai chiaramente stabilito il nesso tra questa affermazione del suo libro ed i recenti suoi scritti, che considerano la defenestrazione di Malenkov e compagni una nuova fase della spinta liberalizzatrice in corso in Russia (sebbene sia difficile seguire ·il Deutscher nei suoi innumerevoli articoli ~pparsi sui giornali europei ed americani, sul Times come sull'Espresso); e si tratta di un particolare che mettiamo in risalto non per il piacere di cogliere il Deutscher in contrad- [14] Bibloteca Gino Bianco

dizione - scrivere di cose sovietiche è quasi altrettanto difficile che cercare di capire se esista la vita su Marte - ma per dimostrare come ci sia· nel pensiero dello scrittore polacco un salto logico tra la tesi sociologica e l'indagine politica, tra le previsioni dello sviluppo delle strutture economicosociali e l'analisi puntuale della lotta fra le personalità del Cremlino. Sebbene non si voglia incorrere qui nel rischio di addentrarsi nelle diversissime ipotesi formulate dagli esperti di cose sovietiche negli ultimi anni e negli ultimi mesi per spiegare le vicende post-staliniane in Russia, non si può tuttavia prescindere da alcuni cenni, indispensabili alla comprensione del fulcro del problema. Dopo la liquidazione di Beria, il Deutscher sentì il bisogno di precisare (in due articoli apparsi su Times com-epostilla al libro appena pubblicato) che il principio della direzione collegiale correva seri rischi ,a causa dell'invadente ritorno di Krusciov, e che la fine di Beria dov-evaessere interpretata come una sconfitta di Malenkov, il quale, pur di salvarsi, aveva dato in offa al Segretario. del Partito ed al capo dell'Esercito il capo della Polizia; e ciò sebbene Beria fosse suo alleato nel sostenere il principio della direzione collegiale e della politica di liberalizzazione all'interno e di distensione all'esterno. Anche se le ipotesi successivamente <<prevalse» abbiano dato tutt';iltra interpretazione di quegli eventi, anche se si sia voluto vedere tutto in chiave di una presunta volontà di Beria di riaffermare una dittatura personale contro il comune interesse degli altri membri del Praesidium di introdurre la direzione collegiale, i più recenti eventi - che, con la liquidazione di Malenkov e di Molotov, completano la distruzione della triade post-staliniana, e consacrano il trionfo di Krusciov (e di Zhukov) - sembrano confermare la spiegazione iniziale del Deutscher. Questo è a nostro avviso un punto-- chiave, per capire il significato degli ultimi avvenimenti: dei quali vi sono in sostanza tre interpretazioni principali. C'è, innanzitutto, la versione ufficiale; quella, cioè, second,o cui ci sarebbe stato un tentativo degli stalinisti di togliere il potere dalle mani dei destalinizzatori e di reinstaurare una politica dura ,all'interno ed al1'esterno. Come è noto, in base a tale versione, ci sarebbe stato un vero e proprio complotto, mentre Krusciov era in Finlandia; ci sarebbe stata una I ampia discussione ed un voto nel Praesidium, e poi la convocazione del Comitato Centrale, che avrebbe sancito la vittoria del Segretario del Partito. [15] . Bibloteca Gino Bianco

Tale tesi venne corredata da una serie di dettagli, partiti da Varsavia e da Belgrado, e fatti attentamente filtrare alla periferia del sistema sovietico, ,per esempio nella nota corrispondenza dell'Unità da Mosca. Siamo in piena I agiografia kruscioviana, e tutto si spiega col comodo schema deutscheriano, in chiave di direzione collegiale, di lotta allo stalinismo, di politica di liberalizzazione all'interno e di distensione all'esterno. C'è, poi, « la spiegazione Zhukov ». Secondo questa tesi il vero vincitore delle giornate di luglio è s~ato l'Esercito, ed in particolare il Maresciallo Zhukov. (Si badi bene, noi si sta cercando qui di dare la parte essenziale delle diverse argomentazioni, e per questo motivo si incorre in qualche semplificazione: per esempio, i sostenitori della interpretazione Zhukov accettano o respingono, 1 a seconda dei casi, la versione ufficiale degli av·vcnimenti, che può rimanere talvolta un fatto secondario nello sviluppo della loro argomentazione). Il contrasto tra i politici sarebbe stato risolto dall'in- \ f tervento dei militari, i quali, messi in condizione di ,arbitrare il conflitto, , avrebbero ormai assunto o sarebbero per assumere il controllo dell'URSS. Il punto di contatto tra queste due prime ipotesi è che alcuni dei sostenitori dell'interpretazione militare ritengono che l'intesa Krusciov-Zhukov sia stata realizzata sul terreno del comune antistalinismo all'interno ed all'esterno, sulla confluenza tra il pragmatismo di Krusciov e l'anti-ideologismo di Zhukov, preoccupato che la presunta intransigenza degli stalinisti potesse mettere in pericolo le conquiste territoriali re.alizzate durante l'ultima guerra, e subito dopo. Naturalmente non mancano, tra i sostenitori dell' << ipotesi Zhukov >>, coloro che si limitano a constatare l'ascesa del potere militare, e non rispondono all'interrogativo sulle conseguenze che la vittoria dell'Esercito avrebbe all'interno e all'esterno; coloro, cioè, che non identificano Zhukov con una · particolare frazione della lotta ideologico-politica in corso in Russia (1 ). La terza ipotesi si riassume nell'affermazione che la vittoria di Krusciov rappresenta un importante episodio della lotta per il potere in URSS, che ( 1 ) L'interpretazione militare essendo assai diffusa, ci limiteremo a ricordare che la si trova esposta prevalentemente sulla stampa americana; per esempio, dagli esperti del New York Times, e del N. Y. Herald Tribune. David Sharp sul New Leader deve essere incluso tra coloro che mettono un accento ideologico sulla << spiegazione militare». [16] Bibloteca Gino Bianco

la destalinizzazione e la distensione sono formule politiche utili a Krusciov per liquidare i suoi principali avversari e consolidare il potere personale, che l'aiuto dato dall'Esercito al Segretario del Partito non implica che ci sia un disegno politico delle Forze armate in quanto tali e non prova la sottomissione del Partito all'Esercito, di Krusciov a Zhrnkov (2 ). Si ricorda (e 1 noi qui sintetizziamo al massimo) che le rivalità tra i capi sovietici risalgono alla fase precedente la morte di Stalin; che la lotta tra Krusciov da una parte, e Malenkov e Beria dall'altra, ebbe già una manifest.azione violenta nella denuncia del presunto complotto dei dottori nel gennaio 1953; che in base a segni evidenti Beria aveva subìto una netta scgnfitta ,al tempo del XIX Congresso del PCUS nell'ottobre del '52 (3 ); e che la morte di Zhukov e l'affare di Leningrado del '48 rappresentano forse il primo anello della catena nella serrata lotta, di cui stiamo assistendo in questi mesi alle battute conclusive. Si asserisce che il duello Krusciov-Malenkov ha trovato la sua origine ed il suo alimento nella diversità delle posizioni di controllo da essi occupate (al vertice del PCUS si trovavano, infatti, nel dopoguerra, il Segretariato del Partito e l'Apparato del Partito), essendo il segretariato l'organo supremo della direzione politica e l'apparato il centro propulsore e regolatore dell'organizzazione periferica; il primo controllato da Malenkov, il secondo da Krusciov. Il che spiegherebbe il carattere meno appariscente della carica di Krusciov, ed al tempo stesso la ragione della sua posizio11e di forza (4 ). Si ricordano i vari episodi di lotta (da noi sopr,a accennati) e si sottolinea che, alla morte di Stalin, il simbolo ed il portavoce di una politica nuova fu Malenkov, il quale dovette nel febbraio del '55 fare pubblica confessione di incompetenza per aver sostenuto la necessità di incrementare la produzione dei beni di consumo, a detrimento dell'industria pesante.. Si aggiunge che il famoso Rapporto Krusciov del febbraio del '56 rappresenta un improvviso capovolgimento di fronte del segretario del Partito, il ( 2 ) Si parla in particolare di contrasti tra il Capo di Stato Maggiore Vassilievsky e Zhukov .. Esatta o no, questa supposizione non farebbe che confermare il tradizionale dissidio tra i comandanti degli eserciti in campo, ed i rispettivi capi di Stato Maggiore. I ( 3 ) A questo proposito una fonte utile può essere forn~ta da Stalin' s Russia and after di ~arrison Salisbury, il corrispondente del New York Times da Mosca. ( 4 ) Una esposizione dettagliata della struttura del PCUS la si può trovare neila Neue Zurcher Zeitung del 13 luglio '57. [17] Bibloteca Gino Bianco

quale solo due mesi prima, nel dicembre del 1955, .aveva esaltato Stalin cd Jn particolare il suo volume di teoria economica, che doveva poi condannare così violentemente nel Rapporto segreto (5 ). Si osserva, infine, che la decentralizzazione industrialé., voluta da Krusciov, infligge un grave colpo alla ma12agerialélite, che pure viene considerata la portatrice della spinta liberalizzatrice; e si risolve quindi in una misura di tipo reazionario, in quanto finisce con il sottomettere i managers dell'industria al controllo dei gerarchi periferici del Partito, cioè ad uomini sicuramente fedeli a Krusciov. Si elencano le biografie dei nuovi membri eletti del Praesidittm, in sostituzione di Malenkov e compagni per dimostrare la loro qualità di esponenti della burocrazia periferica e soprattutto ucraina (l'Ucraina essendo il feudo indiscusso di Krusciov) del PCUS e quindi il carattere tutto kruscioviano de] _ nuovo Praesidium (6 ). Si cita l'articolo della Pravda del 3 luglio - uscito cioè alla vigilia dell'annunzio della defenestrazione della <<frazione antjpartito >>- che denuncia con linguaggio estremamente aspro le deviazioni ideologiche e fa appello all'unità del partito ed al comando del partito nella societa sovietica, esaltando la lotta di Stalin contro i Menscevichi, i Trotzkisti, i Bucharinisti ed i nazionalisti regionali. Nell'articolo si polemizzava implicitamente con Mao Tse Tung, negando l'esistenza di contraddizioni e contrasti tra masse popolari e capi politici, mentre si faceva un timido accenno alla coesistenza, e si proclamava grave il pericolo di << accerchiamento» della patria sovietica. Per intricata che sia la giungla delle ipotesi, è comunque possibile trovare qualche conclusione. Si giudichi, infatti, come si vuole la liquidazione della fr.azione antipartito, no11 si può certamente contestare che i componenti della direzione collegiale, emersa all'indomani della morte di Stalin, sono stati per la maggior parte eliminati in modo più o meno violento, e che alcuni altri sono in via di esserlo. Quale che fosse il <<torto» o l' «errore» ( 5 ) Per il capovolgimento della pos1z1one di Krusciov le cose più documentate sono state scritte a più riprese da Franz Borkenau sul Rheinischer Merkur e sul Netv Leader. La lettura del New Leatf.er è indispensabile a chi voglia cercare di interprel tare intelligentemente gli avvenimenti sovietici. ( 6 ) Una biografia dei nuovi membri del Praesidium la si può trovare nella Neue Zurcher Zeitung ·del 13 luglio. [18] Bibloteca Gino Bianco --~-~-~----~------~-~--~

di Beria, del peccato che gli fu ufficialmente attribuito si è reso oggi chiaramente colpevole Krusciov. Se << spinta liberalizzatrice >> c'era stata alla base, il suo riflesso al vertice doveva consistere, nell'ipotesi del Deutscher, Ì I t nel necessario allargamento della direzione del Paese, cioè in una istituzio-- j nalizzazione della direzione collegiale. La sostanziale liquidazione di que- . I st'ultima, operata da Krusciov, dimostra che, se è vero che c'è una spinta ;, ]iberalizzatrice dal basso, essa non riesce a trovare i canali e gli strume11ti · per esprimersi politicamente e per tradursi cioè in istituzioni ed in norme 1 giuridiche. È illusorio credere che il presunto voto del Comitato Centrale favorevole a Krusciov implichi un allargamento della base del potere. Sarebbe ingenuo pensare che i funzionari del partito comunista sovietico, che snno nominati e controllati dall'alto, rappresentino la base popolare. In un sistema totalitario, l'allargamento della base del potere lo si ottiene garantendo la sussistenza di una varietà di opinioni al vertice della piramide e non assicurando i voti plebiscitari al tiranno. La morte di Stalin ha provocato una lotta per la successione, cioè un interregno - fase tipica di ogni tirannide - durante il quale sono esplose disordinatamente tutte le aspirazioni, le cupidigie, gli scontenti, le forze che erano state tenute ferreamente compresse dal dittatore georgiano (7 ). Ma queste forze non conoscevano e non volevano la democrazia politica: affinché una società passi da una tirannide ad una democrazia, occorre una frattura, un salto, una ( 7 ) Alcuni esponenti del centro-sinistra laico insistono nel sottolineare la impor• tanza dei fermenti revisionistici che si stanno manifestando sul piano culturale in URSS, per dedurne un elemento decisivo di prova della evoluzione della società sovietica verso forme democratiche. A nostro avviso, tuttavia, sarebbe un errore sopravalutare tali- fermenti intellettuali in un'analisi politica. Qui non si contesta, infatti, che nell'interregno, succeduto alla morte di Stalin, ci sia stato un allentamento di certe tensioni ed una liberazione di certe forze sociali (ivi comprese quelle intellettuali) che prima erano completamente schiacciate. Qui si afferma soltanto che in un'analisi politica la puntualizzazione dell'influenza e dell'azione esercitata dalle forze culturali al livello politico è impossibile, e che il critico politico si trasformerebbe in un profeta se presumesse di prevedere il trasformarsi degli innumerevoli rigagnoli, che costituiscono l'attività degli intellettuali, in una grande ondata, in una rivoluzionaria marea politica. La grande marea potrà certamente montare, ma solo se matureranno certe condizioni politiche, attualmente assenti dall'orizzonte sovietico; e per conseguenza essa non può essere presa in considerazione in uno studio politico, che, proprio perché tale, si pone il problema del << quid agendum ». · J Bibloteca Gino Bianco [19] •

rivoluzione. Al di qua dì questo salto vi possono essere allentamenti di pressione dall'~lto, eliminazione o diminuzione dei metodi di terrore, riforme (o meglio inizi di riforme) illuminate, ma si tratterà sempre di fasi precarie, di crisi di assestamento, di intermezzi dovuti ad una tregua di oligarchi o alla clemenza ed alla saggezz.a di un tiranno, poiché il sistema non potrà alla lu11ganon riprodurre i suoi caratteri fondamentali. Oggi come oggi, però, r1essun segno indica l'aprirsi in Russia nemmeno di una epoca di 1iforme illuminate. Tutto sta a provare una spaventosa lotta per la successio11e,senza esclusione di colpi, dove il dubbio principale consiste nel sapert' se l'oligarchia evolve verso una dittatura militare o una dittatura di partito (8 ). Non ci sembra che l'interpretazione sociologico-economicistica del Deutscher possa in alcun modo reggersi (9 ). Daltra parte, i recentissimi viaggi di Krusciov in Europa orientale, ed in particolare il viaggio nella Germania di Pankow non indicano nessun mutamento di rotta verso i Paesi satelliti, così come i discorsi del Segretario del PCUS non mostrano alcun elemento nuovo nei rapporti con l'Occidente. È stato giustamente osserv,ato ai « Wishful thinkers » occidentali - i quali prestano fede all'affermazione di Krusciov secondo cui Molotof sarebbe stato liquidato in quanto sostenitore di una politica estera dura ed intransigente - che l'ex ministro degli esteri di Stalin è sempre stato un nego- ·ziatore abile e prudentissimo, il quale non esitò un giorno a stringere la mano di Von Ribbentrop pur di salvaguardare gli interessi ed ampliare i ( 8 ) Sulla funzione propagandistica, che il Cremlino attribuisce, nel formulare le direttive di politica estera, alle « spinte liberalizzatrici dal basso » (funzione resa possibile dall'esistenza costante di un cospicuo numero di << wishful thinkers ~ in Occidente, acutissime le osservazioni di Bertram D. Wolfe, l'autore di T hree men, .who madt;,e a Revolution, nel suo ultimo libro Krusciov and Stalin' s ghost. ( 9 ) Ci siamo diffusi in particolare sulla tesi Deutscher, poiché, data la semplice chiarezza del suo schema, si è venuta ampiamente diffondendo e sembra che abbia molto peso nelle valutazioni del Dipartimento di Stato. Lo stesso George F. Kennan, che aveva criticato i punti deboli della « Russia dopo Stalin » sul Reporter di Max Ascoli (mostrando, con l'addurre l'esempio nazista, che l'industrializzazione di una società è cosa profondamente diversa dalla sua democratizzazione) lo stesso Kennan, d'ac~ordo del resto con C. BohJ~i:i, sembra incline a prestar fede - secondo quanto scriveva recentemente, sulla N. Y. Herald Tribune, Stewart Alsop - alla versione « liberalizzatrice » degli eventi del Cremlino, anche se corretta dall'ipotesi militare. [20] Bibloteca Gino Bianco

confini della Russia. Non occorre molta fantasia per capire che un esperto diplomatico come lui vedesse con crescente preoccupazione la politica estera sovietica affidata alla direzione di un impulsivo giocatore d'azzardo come Krusciov, del quale peraltro si dice che sia spesso eccitato dall'alcool. Mentre le maggiori manifestazioni, di wishful thiriking si sono registrate negli Stati Uniti, ove il presidente Eisenohower tende ad imprimere un leadership euforico al Paese ed a leggere gli avvenimenti in chiave ottimistica (è dall'epoca della conferenza di Ginevra dell'estate del '55, infatti, che si è cominciàta a manifestare una inversione di tono sulle due rive dell'Atlantico per l'atteggiamento da tenere di fronte ai russi), le reazioni europee sono state generalmente molto più controllate. È significativo che Le Monde abbia denunciato in sede editoriale l'illusione che nei Paesi sate]- liti si aprisse una fase di destalinizzazione, mentre c'era da attendersi un rafforz.amento degli stalinisti; ed il Times, dal canto suo, pubblicava una corrispondenza dalla Germania, per sottoìineare che Ulbricht, e probabil mente dietro di lui Krusciov, preferisce oggi una vittoria di Adenauer nelle elezioni tedesche, affinchè un solco ancora più profondo si scavi tra le due Germanie; mentre la Neue Zurcher Zeitung, forse l'org,ano non tedesco più vicino al Cancelliere Adenauer, pubblicava una serie di articoli (da noi ampliamente utilizzati) in polemica esplicita con l'interpretazione ottimistica d-i certi ambienti governativi degli Stati Uniti. Il commento sull'Ohserver dello stesso Crankshau, solitamente così proclive all'impostazione deutscheriana, mostrava molta cautela e respingeva con fermezza l'ipotesi addomesticata degli avvenimenti, data nel comunicato ufficiale nelle « rive-} ]azioni » di provenienza comunista. Noi non possiamo, dunque sapere se in Russia l'oligarchia continuerà: e quando evolverà in una nuova autocrazia; noi non possiamo sapere se l'oligarchia è limitata ai capì del partito o se comprende i marescialli dell'Esercito; n~ è dato prevedere se l'avvenire vedrà una dittatura di partito o una dittatura militare e se il passaggio dall'attuale fase oligarchica ,alla successiva fase autocratica avverrà dopo profondi rivolgimenti, con terrore e con s,angue, o si esaurirà rapidamente in una breve congiura di palazzo, in un colpo di Stato. Nessuno potrebbe presumere di vedere in Krusciov [21] Bibloteca Gino Bianco

• il nuovo Stalin, o in Zhukov il Buonaparte dell'URSS. Se non ci fossero altre ragioni di dubbio, si dovrebbe ricordare che non a tutti è dato nascere Stalin o Napoleone. Una cosa è, tuttavia, possibile affermare (ed a non I altro tendeva il nostro sguardo riassuntivo degli avvenimenti sovietici): la crisi sovietica post-staliniana non può in nessun modo implic.are un processo di svolgimento che somigli sia pure di lontano a quello che in Occidente noi potremmo definire democratico. Parlare, quindi, riferendosi agli ultimi avvenimenti del Comitato Centrale del PCUS, di << democratizzazione >> e di «liberalizzazione» signific,a usare un linguaggio approssimativo, che falsa completamente i dati della realtà sovietica e complica profondamente le ripercussioni europee ed italiane (10 ). Pensare che i dirigenti del Cremlino, quali che siano, possano considerare i p.artiti socialisti democratici dell'Europa occidentale loro alleati, attuali o potenziali, da aiutare al fine di sostituire alla influenza democristiana l'influenza socialista nei governi europei, e vedere addirittura la svolta del XX Congresso di Mosca ed i recenti cambiamenti nella direzione politica sovietica in chiave di questa interpretazione, significa attribuire ,ai Capi sovietici una sensibilità democratica, che è totalmente assente dal loro mondo etico-politico. ln realtà il violento scontro di Krusciov con i laburisti inglesi, durante il viaggio in Inghilterra del Segretario del PCUS, e la sua affermazione che era più facile intendersi con i conservatori che con i laburisti la dice molto più lunga, sulle reali possibilità d'intesa tra i sovietici e i socialisti democratici europei, che qualsiasi studio sulla destalinizzazione. Né occorre molta fantasia politic.a per capire che Ulbricht veda una vittoria di Ollenhauer nelle elezioni tedesche come il fumo negli occhi. Il successo socialdemocratico renderebbe molto più' difficile ai comunisti di Pankow la polemica contro il capitalismo di Bonn, e renderebbe più viva la pressione popolare in Germania est per la unificazione. Ha notato Aldo Garosci che Krusciov, durante il suo recente viaggio in Germania, facendo suo il progetto di Ulbricht d'una confederazione tra le due Germanie, ha chiuso pratica- ( 10 ) Ad identica conclusione è giunto il << Seminar » riunitosi quest'estate al S. Anthony College di Oxford, dove le due posizioni più lontane, quelle rappresentate rispettivamente da Fainsod e Bertram D. Wolfe, concordano tuttavia nell'affermazione fondamentale di questo articolo. Cfr. in proposito l'articolo di Leo Valiani su Tempo Presente, agosto 1957. - [22] . Bibloteca Gino Bianco

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