degli, investimenti assorbiti da ciascuna, si ha la tabella 5: come si vede, sette delle quattordici classi d'industria interessate dai finanziamenti speciali assorbono la quasi totalità dei finanziamenti concessi all'industria ma-- nifatturiera e degli investimenti in essa effettuati. Le industrie chimiche ed affini· e quelle della trasformazione di minerali non metalliferi, da sole, si ripartiscono all'incirca la metà dell'importo di detti finanziamenti ed investimenti: ed è notevole il fatto - su cui si tornerà più avanti - cl1e trattasi di classi di industria certamente non <<tradizionali>>rispetto alla economia meridionale. Le differenze che anche qui si rilevano tra le percentuali della colonna 2 e della col. 3 della tabella scaturiscono dal già definito <<coefficiente di trasformazione>>, v,ariabileda classe a classe. Nell'ambito delle sette classi •qui considerate, essooscilla da un massimo di 2,08 nella lavorazione dei minerali non metalliferi ad un minimo di 1,74 nelle industrie alimentari ed affini. Bisogna peraltro precisare che - nell'ambito di tutte le classi di industria manifatturiera - valori minimi di tale <<coefficiente» si prese11tano per l'industria del tabacco ( « coeff.>> == 1,53) e del legno ( coeff. >> == 1,57); mentre che, d'altro canto, un valore relativ.amente molto elevato si manifesta in una sottoclasse dell'industria meccanica, ossia nella costruzione di motori, veicoli e macchine varie, in cui si concentra quasi il 55% dei finanziamenti e degli investimenti relativi a tale classe ( « coeff.>> == 2,06). Sembra quindi provato che nei settori d'industria più propriamente « tradizionali>>all'economia del Mezzogiorno si ha una partecipazione degli imprenditori con capitale proprio all'investimento, minore di quanto non si verifichi per classi d'industr~a relativamente <<nuove». Non sembra, viceversa, che possa riconoscersi alcun rapporto di correlazione tra l'altezza relativa di codesto <<coefficientedi trasformazione» e le dimensioni medie degli impianti delle varie classi, in termini di investimenti fissi. A proposito di tali dimensioni, si ricorda che esse variano da un massimo di 1 miliardo e 200 milioni nella sottoclasse delle industrie chimiche (esclusa, cioè, l'industria dei derivati del petrolio e del carbone, in ct1i in media l'investimento in capitali fissi per impianto ammonta a 127 milioni di lire) ad un minimo di 56 milioni di lire che costituisce la dimensione media dei 19 impianti dell'industria del legno. In ordine di ampiezza decrescente si ricordano, ancora: l'industria della carta e cartotecnica (535 [91] Bibloteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==