Non diversamente si comportavano alcuni dei dirigenti meridionali de] P.S.I., i quali, pur contribuendo con interventi di rilievo, si limitava110 anch'essi ad ,agitare . i problemi più generali, senza soffermarsi su quelli relativi aJl'Italia meridionale. Era questo il caso del Sen. Vince~zo Milillo, del membro del Comitato Centrale, Giuseppe Avolio, dell'On. Francesco Cacciatore e di Gaetano Arfè: propensi tutti, tranne l'Arfè, ad indulgere ad orientamenti frontisti. Nel Cacciatore (non a caso autore di un intervento comune con l'On. To11etti che a Venezia avrebbe poi rappresentato l'estrema ala filo-comunista) questi orientamenti erano non solo più accentuati, ma rafforzati con continue ed equivoche allusioni alle pericolose ripercussioni che un troppo rapido capovolgimento di posizioni avrebbe avuto sull'unità del partito. Il problema meridionale era invece oggetto di più approfondita disamina negli interventi di S.andro Petriccione, Tommaso Fiore, Simone Gatto ,e Michele Russo. Di costoro il solo Fiore si è attardato in una apodittica e malinco11ica difesa del frontismo, sollecitando un rilancio ed un potenziamento dei comitati di Rinascita ed un maggiore impegno meridionalistico deJ partito e della C.G.I.L. Gli altri tre scrittori, invece, hanno compiuto uno sforzo notevole, pur m11ovendo da varie posizioni, per impostare una nuova tematica meridionalista del P.S.I. A tutti loro è perciò comune la constatazione che la politica frontista ha fatto ormai il suo tempo. Per Gatto e per Russo, anzi, questo super,amento del frontismo va riportato, più che ad una opportunità di politica contingente, ad un approfondimento dei termini della lotta politica e sociale in Italia. La particolare caratteristica che alla questione meridionale veniva dai problemi non risolti delle vaste masse contadine, costituenti la dimensione sociale di un ambiente agricolo depresso gravemente, è un altro punto di incontro fra le tesi del Gatto e quelle del Russo. Le conclusioni che da queste premesse trae il Russo sono, tuttavia, rispetto alle consuete impostazioni socialiste della questione meridionale, meno rinnovatrici di quanto ci si potrebbe aspettare. Egli, infatti, - dopo aver rilevato che << la pratica non superata dei connubi clerico-monarchico-mis-- sini nel Mezzogiorno ha una radice anticontadi11a >~- sostiene la necessità di una politica che instauri fra l'azione delle masse contadine meridionali e quella del proletariato settentrionale, non un nesso meccanico, ma il [27] Bibloteca Gi o Bianco
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