Nord e Sud - anno III - n. 25 - dicembre 1956

CRONACA LIBRARIA L'"Uomo del giorno" Ci domandiamo perchè Albert Camus abbia voluto sostituire il titolo originariamente dettato per questo ultimo racconto, cc L'homme du jour », con quello di La Chute (Parigi, Gallimard, 1956), che fra l'altro calza assai male, poichè la storia - e qui ci sembra si debba dar ragione al critico del Monde, a quel M. Hen;riot che è parso tanto retrivo a Nicola Chiaromonte (Tempo Presente n. 4, luglio 1956) - non è quella di un uomo che cµde, ma quella, semmai, di un individuo che non riesce a sollevarsi al grado di uomo. In ogni modo, il secondo titolo predispone il lettore ad un nuovo saggio di quel gusto moralistico un po' enfatico che da un lato qualificava il Camus come un nobile epigono d'una grande tradizione, dall'altro ce lo faceva ormai da anni apparire cristallizzato in un atteggiamento che per la sua astrattezza intellettualistica e per la genericità dell'aspirazione ad una perfezione morale di tinta vagamente giansenistica finiva con l'essere di una sterilità sconfortante. Mentre con quest'ultimo racconto egli ha raggiunto un'esattezza di analisi psicologica, e con essa una attualità di problem,atica, di fronte alla quale le stesse opere di quel che si considera il suo periodo migliore - dall'Etranger alla Peste - appaiono pallide e astratte. La critica che qui si fa al nostro tempo - e più limitatamente e particolarmente all'ultimo atto della crisi dell'io romantico-decadente, le cui battute finali si stanno '.svolgendo sotto i nostri occhi - è bensì sempre viziata dal fatto che le premesse ideali del Camus restano quelle, antistoricistiche, che hanno retto per oltre un secolo tutto ciò che poteva definirsi « avanguardia ii; e non c'è che fare, la sua indagine finisce coll'approdare alla consueta riva di Sisifo: una ennesima incarnazione simbolica del quale troviamo in quest() suo « giudice penitente », il quale, incapace di buttarsi in acqua per salvare, con un altro essere umano, se stesso, coinvolge tuto il creato nella propria «infermità» egocentrica, e inganna la coscienza ch'egli ha della propria dannazione inebriandosi di un mostruoso titanismo. Ma la qualità dell'osservazione psicologica, dell'annotazione particolare, è in sè così sottile e penetrante che, se la si estrae dagli schemi pseudo-cosmici in cui il Camus la inquadra, [111] BibliotecaGino Bianco

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