Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO Ili * NUMERO 25 * DICEMBRE 1956 Biblioteca Gino Bianco
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INDICE DELL'ANNATA 1956 Biblioteca Gino Bianco
INDICE DELL'ANNATA 1956 SOMMARIO DEL N. 14 Editoriale . . . . . . pag. 3 Carlo Turco - I « doppioni > > 7 Gennaro Sasso - Aspetti della storiografia filosofica marxista in Italia > 18 GIORNALE A PIU' VOCI N .d.R. - Malgrado la scissione Silvestro Delli Veneri - Basilio Ciucci, imprenditore « norl) male» . ~ > /~ugusto Petrone - La noia obbligatoria Francesco Nitti - Matera' 55: attrezzature cittadine e crisi della edilizia Salvatore Rea - La D.C. a Nar poli RILIEVI ECONOMICI DOCUMENTI E INCHIESTE Gabriele Gaetani D'Aragona - > » l) » Esodo rurale » .Federico Orlando - Esodo dal Molise ,. 47 48 51 55 62 68 76 87 Francesco Nitti - Matera 1955: la cultura . .pag. 45 Giovanni De Luca - Emigranti in Venezuela » 52 Giulio Salvi - Piccoli Teatri . » 58 Carlo Turco - Il punto sull'industrializzazione » 61 DOCUMENTI E INCHJESTE Leo Solari - Prospettive del consumo dei prodotti siderurgici nell'Italia del Sud > 70 Maria Cristina A.liberti, Umberto Baruzzi, Alfredo Freda, Bruno Frediani - Le Chiese abbandonate di Napoli » 85 I CORSIVO » 96 CRONACHE E MEMORIE Franco Rizzo - Appunti per una storia del nazionalismo » 100 RECENSIONI Giorgio Granata - I cattolici dal1' opposizione al governo » 116 IN CORSIVO » 107 SO~IARIO DEL N. 16 CRONACHE E MEMORIE Antonio Palermo - La Calabria di Alvaro » 110 RECENSIONI Vittorio de Caprariis - Lettere a Pasquale Villari » 124 SOMMARIO DEL N. 15 Editoriale . . . . . pag. 3 Renato Giordano - L'energia nucleare: l'Italia e l'Europa » 6 Riccardo Musatti - L'urbanistica come funzione politica » 21 GIORNALE A PIU' VOCI N.d.R. - « Spese generali » e « ~ervizi sociali > degli Enti di Riforma . . . . . . . Francesco Arnaldi - L'inflazione nella scuola BibliotecaGino Bianco 38 » 41 II Inchiesta sul Partito Socialista Italiano nelle Provincie Meridionali di Giovanni Cervigni e Giuseppe Galasso Editoriale . pag. Introduzione > IL PARTITO E I SUOI QUADRI » Gli Abruzzi » Le Puglie » Le zone depresse del socialismo meridionale » La Campania > La Calabria » )) 3 6 14 17 30 48 68 79 95 La Sicilia L'ELETTORATO Dal 1946 al 1952 Il 1953 Dopo il 1953 » 127 » 133 » 144 PROBLEMI E PROSPETTIVE » 147
SOMMARIO DEL N. 17 Editoriale . pag. Francesco Compagna - La critica politica Giuseppe De Meo - Sulla pressione tributaria nel Nord e nel Sud GIORNALE A PIU' VOCI N.d.R. - La « via » di Togliatti Mario Unnia - Universitari e ·» " > professori: due strade parallele ,, Carlo Turco - Marxis,ti involontari . . . Francesco Compagna - 200 aule al giorno . . . . DOCUME TI E INCHIESTE Carlo Turco - L'industria dell'olio CRO ACHE E MEMORIE Nicola Pierri - Rileggendo « L'Acropoli» l) J) l) J) 3 7 23 33 37 44 48 51 78 LETTERE AL DIRETTORE > 110 SOMMARIO DEL N. 18 Editoriale Giuseppe Galasso preelettorale Giorgio Granata cattolica .pag. - Panorama - Sociologia GIORNALE A PIU' VOCI N.d.R. - Attendisti recidivi Antonio Marando - La scuola a disagio Antonio Nitto - Cultura a Buccino Mario Penta - Emigranti m Germania Nella A jello - Viviani e il « blocco agrario» Giulio Salvi - La Mostra immortale . DOCUMENTI E INCHIESTE Giovanni Cervigni - Antologia della « fibbia ,, Giose Rimanelli - Meridionali a Torino LETTERE AL DIRETTORE . BibliotecaGino Bianco )) » l) » » > > )) » > 3 9 19 31 32 37 45 49 56 59 76 94 RECENSIONI Vittorio de Caprariis - Les aventures de la dialectique . pag. 102 Giuseppe D'Eufemia - Democrazia e cultura » 107 Tarcisio Amato - I pericoli del conformismo ,, 109 SOMMARIO DEL N. 19 Editoriale . pag. 3 Federico Gozzi - Il Medio Oriente e l'Italia Ferdinando Isabella - Lo Stato, i Comuni, la Scuola GIORNALE A PIU' VOCI N.d.R. - Bianco e nero Raffaello Franchini - Un bimbo cosi piccolo... · Silvestro Delli Veneri - L'impresa artigiana Salvatore Cambosu - Carbonia . Giorgio Tutina - La Pasqua turistica a Napoli . . . . DOCUMENTI E INCHIESTE Joseph Rovan - Una missione di educazione popolare nell'Italia meridionale Felice Ippolito - L'industria delle materie prime nel Mezzogiorno d'Italia lN CORSIVO. CRONACHE E MEMORIE Lidia Herling Croce - Il romantico Giuliano LETTERE AL DIRETTORE RECENSIONI Vittorio de Caprariis - L'epi~ stolario di De Sanctis Augusto Graziani - Pianificazione e progresso sociale . . Giulio Rendi - La Germania contemporanea SOMMARIO DEL N. 20 » > J) » » » » > l) l) 20 38 45 48 53 57 64 72 85 » 88 » 109 > 112 » 116 » 123 Editoriale . pag. 3 III Giovanni Cervigni e Giuseppe Galasso - Appendice all'inchiesta sul socialismo Guido Calogero - Problemi edu8
cativi e mentalità marxistica . pag. 21 GIORN. LE A PIU' VOCI N.d.R. - Una rivista della Sardegna . » 40 Manlio Rossi Daria - II disegno di legge per gli Enti .di Riforma » 42 Michele Tito - Dalla miniera alla Legione » 44 Antonio Nitto - Dissipatori nei Palazzi Comunali . » 52 Antonio Lettieri - Università e Collegi in Sicilia " 56 DOCUMENTI E INCHIESTE Ugo La Malfa - II mercato comune e il rapporto di Bruxelles . . . > 61 Aldo Zerbi - Le due Italie esattoriali . » 76 IN CORSIVO » 97 Antonio Palermo - « Dibattito sulla scuola » • pag. 63 Francesco Compagna - « Itine- -ran » DOCUMENTI E INCHIESTE Augusto Graziani - La svolta dell'industrializzazione . NOTIZIARIO BIBLIOGRAFICO » 69 72 (a cura di Maria Marchi) ,. 101 PAESI E GITTA' 1 Alberto Del Pizzo - Un paese d'Abruzzo: Casoli ,, 106 LETTERE AL DIRETTORE ,. 120 RECENSIONI Enzo Carbone - Geografia elettorale del Delta Padano ,. 126 SOMMARIO DEL N. 22 NOTIZIARIO BIBLIOGRAFICO (a cura di Maria Marchi) » 100 Editoriale . pag. 3 CRONACHE E MEMORIE Giorgio Tutina - « Il Giorno > minore » 106 LETTERE AL DIRETTORE RECENSIONI » 115 Francesco Compagna - Prime pietre . » 118 Nello Ajello - Gli ultimi Bor- · bonici . » 121 Roberto Berardi La riforma della scuola » 125 SOMMARIO DEL N. 21 Edito~iale . . . . . pag. Rosario Romeo - La storiografia politica marxista . . . » Francesco Compagna - Panor~- ma postelettorale ,. GIORNALE A PIU' VOCI N.d.R. - Liberté, liberté, chérie Giuseppe d'Eufemia - Una Costituzione e due Corti Costituzionali . . Carlo Maggi - Banditi. si~ili.ani nella rivista di Sartre Biblioteca. Gino Bianco >, > " 3 5 38 52 56 60 Giovanni Cervigni e Giusepj,e Galasso. - Il PSI e il Movimento di Rinascita Rosario Romeo - La storiografia politica marxista GIORNALE A PIU' VOCI > 9 ,. 16 }./.d.R. - I tremolanti . » 45 Aloisio Rendi - II Sud e gli investimenti tedeschi » 50 StJ,lvatore Cambosu - La scaqchiera sarda . » 59 Fe~dinando Isabella - Aule mancanti e leggi inoperanti » 61 Federico Gozzi - Il basso costo del lavoro » 64 Salvatore Onufrio - Cronaca Comunale- di Palermo . » 67 DOCUMENTI E INCHIESTE Tom Carini - Il Sud e cinque anni di spesa pubblica_ . • 72 Rocco Mazzarone - Notizie sulle condizioni sanitarie della Basilicata » 83 NOTIZIA.RIO BIBLIOGRAFICO (a cura di k1.aria Marchi) > 96 l'AESI E CITTA' Enzo Carbone - Melfi ,. 105 IV
LETToERE AL DIRETTORE . . pag. 118 GIORN LE A ·PIU' VOCI RECENSIONI Augusto Graziani - L'optimum de population . l) 120 Dora Marra - Della tolleranza l) 125 SOMl\1ARIO DEL N. 23 E°ditoriale . . pag. La Redazione - La D.C. nel Mezzogiorno e le « giunte difficili » • » Vittorio de Caprariis - Ideati democratici e filosofia politica » GIORNALE A PIU' VOCI N.d.R. - La cambiale socialista » Giuseppe Passaliacqua - Funzione assolta dalla sinistra, socialdemocratica Aldo Musacchio - «Unificatori» a convegno . Antonio Lettieri - La circolare Rossi Antonio Nitto - Lavori •pubbli- » )) » ci coreografici . » Carlo Maggi - La Fiera europeista . » NOTIZIARIO BIBLIOGRAFICO (a cura di Maria March~ . » DOCUMENTI E INCHIESTE Roberto Berardi - Scuole d'Italia: l'Istituto magistrale « Pasquale Villari > di Napoli » CRONACHE E MEMORIE 3 6 22 45 49 53 61 66 69 74 87 N.d.R. - Europa e Gran Bretagna pag. Carlo Turco - Licenze di commercio e « utilità sociale> . » Salvatore Onufrio - Cronaca di una crisi regionale » Franco Ciarnelli - Protezionismo aeronautico . . . . . IVI.ariaMarchi - In margine alla situazione edilizia meridionale DOCUMENTI E IN'CHIESTE Oarlo T.urco. - Salari e svilup- » po economico . » NOTIZIARIO BIBLIOGRAFICO (a cura di Maria Marchi) PAESI E GITTA' Fabio Fabbri - Dagli Appennini alla « bassa » CRONACHE E MEMORIE Michele Parrella - Taccuino segreto: Pionieri e filologi del » 29 37 43 49 51 55 75 85 Sud )) 103 LETTERE AL DIRETTORE » 108 RECENSIONI Vittorio de Caprariis - Le cattolicisme politique eri Allemagne > 121 7 arcisio Amato - La rivolta contro il conformismo > 123 Salvatore Cambosu - Nota sul SOMMARIO DEL N. 25 socialismo in Sardegna » 106 LETTERE AL DIRETTORE » 116 RECENSIONI Raffaello Franchini - Il pungolo dell'arte > 118 Brunello Vigezzi - La crisi dello Stato liberale in Italia > 121 SOMMARIO DEL N. 24 Editoriale . pag. 3 Federico Gozzi - Suez e l'Occidente . » 9 Vincenzo Apicella - Lo sviluppo economico del Mezzogiorno . » 21 V BibliotecaGino Bianco Editoriale " . pag. Domenico Rea - Confessioni di un compagno di strada Francesco Compagna - La e me• ridionalizzazione > RASSEGNE Elena Craveri Croce - Narratori del '56 GIORNALE A PIU' \·OCl > > },;.d.R. - Da Palermo a Sorrento > Luca T. Rocco - Imprese pubbliche e spese ,produttive . » Aldo Greco - Poderi e quote • 11 5 12 31 39 48 58 64
Vittorio de Caprariis - Gruppi di pressione » R-enato Giordano - Capitalismo americano )} NOTIZIARIO BIBLIOGRAFICO (a cura di Maria Marchi) . » DOCUMENTI E INCHIESTE Corrado Beguinot - I piam mtercomunali . » BibliotecaGino Bianco Giorgio Ceriani Sebregondi - La 66 localizzazione industriale » 91 70 75 80 VI Roberto Berardi - Scuole d'Italia > 100 LETTERE AL DIRETTORE CRONACA LIBRARIA Elena Craveri Croce - L'uomo » 107 del giorno » 111 E. Croce, A. Palermo, E. Zolla, Raffaella Solmi - Letteratura » 114 L. Valiani Storia contemporanea » 121
INDICE DEGLI AUTORI Ajello Nello, 18 (p. 49), 20 (p. 211). . Aliberti Miaria Cristina, 15 (p. 85). Amato Tarcisio, 18 (p. 109), 24 (p. 123). Apicella Vincenzo, 24 (p. 21). Arnaldi Francesco, 15 (p. 4_1). Baruzzi Umberto, 15 (p. 85). Beguinot Corrado, 25 (p. 80). Berardi Roberto, 20 (p. 125), 23 (p. 87), . 25 (p. 100). Calogero Guido, 20 (p. 21). Cambosu Salvatore, 19 (p. 53), 22 (p. 59). 23 (p. 106). Caprariis ( de) Vittorio, 14 (p. 124), 18 (p. 102), 19 (p. 112), 23 (p. 22), 24 (p. 121), 25 (p. 66). Carbone Enzo, 21 (p. 126), 22 (p. 105). Carini Tom, 22 (,p. 72). Ceriani Sebregondi Giorgio, 25 (p. 91). Cervigni Giovanni, 16, 18 (p_. 56), 20 (p. 8), 22 (p. 9). Ciarnelli Frianco, 24 (,p. 49). . Compagna Francesco, 17 (p. 7 e 48), 20 (p. 118), 21 (p. 38 e 69), 25 (p. 31). Craveri Croce Elena, 25 (p. 39, 111 e 114). Delli Veneri Silvestro, 14 (-p. 48), 19 (p. 48). Del Pizzo Alberto, 21 (p. 106). De Luca Giovanni, 15 (p. 52). De Meo Giuseppe, 17 (p. 23). D'Eufemia Giuseppe, 18 (p. 107), 21 (p. 56). Fabbri Fabio, 24 (p. 85). Franchini Raffaello, 19 (,p. 45), 23 (p 118). Freda Alfredo, 15 (p. 85). Frediani Bruno, 15 (p. 85). Gaetani d'Aragona Gabriele, 14 (p. 76) Galasso Giuseppe, 16, 18 (p. 9), 20 (p. 8), 22 (p. 9). Giordano Renato, 15 (p. 6), 25 (p. 70). Gozzi Federico, 19 (p. 9), 22 (p. 64), 24 (p. 9). Granata Giorgio, 15 (p. 116), 18 (p. 19) Graziani Augusto, 19 (p. 116), 21 (p. 72), 22 (p. 120). Greco Aldo, 25 (p. 64). Herling Croce Lidia, 19 (p. 88). Ippolito Felice, 19 (,p. 72). Isabella Ferdinando, 19 (p. 20), 22 (p. 61). La Malfa Ugo, 20 (p. 61). Lettieri Antonio, 20 (p. 56), 23 (p. 61). Miaggi Carlo, 21 (p. 60), 23 (p. 69). Marando Antonio, 18 (p. 32). Marchi Maria, 20 (,p. 100), 21 (p. 101), 22 (p. 96), 23 (p. 74), 24 (p. 75), 25 (p. 75). Marra Dora, 22 (p~ 125). Mazzarone_ Rocco, 22 -(p. 83). Musacchio Aldo, 23 (p. 53). Musatti Riccardo, 15 (p. 21). Nitti Francesco, 14 (p. 55), 15 (p. 45). Nitto Antonio, 18 (,p. 37), 20 (p. 52), 23 (p. 66). Onufrio Salvatore, 22 (p. 67), 24 (p. 43). Orlando Federico, 14 (p. 87). Palermo Antonio, 14 (p. 110), 21 (p. 63), 25 (p. 114). Parrellia Michele, 24 (p. 103). · Passalacqua Giuseppe, 23 (p. 49). Penta Mario, 18 (p. 45). Petrone Augusto, 14 (p. 51). Pierri Nicola, 17 (p. 78). Rea Domenico, 25 (p. 12). Rea Salvatore, 14 (p. 62). Rendi Aloisio, 22 (p. 50). Rendi Giuliano, 19 (p. 123). Rimanelli Giose, 18 (p. 76). Rizzo Franco, 15 (p. 100). Rocco Luca T., 25 (p. 58). Romeo Rosario, 21 (p. 5), 22 (p. 16). Rossi Doria Manlio, 20 (p. 42). Rovan Joseph, 19 (p. 64). Salvi Giulio, 15 (ip. 58), 18 (p. 56). Sasso Gennaro, 14 (p. 18). Solari Leo, 15 (p. 70). Tito Michele, 20 (p. 44). Turco Carlo, 14 (p. 7), 15 (p. 61), 17 (p. 44 e 51), 24 (p. 37 e 55). Tutino Giorgio,_ 19 (p. 57), 20 (p. 106). Unnia Mario, 17 (p. 37), 20 (p. 47). Valiani Leo, 25 (p. 121). Vigezzi Brunello, 23 (p. 121). Zerbi Aldo, 20 (p. 76). Zolla Elémire, 25 (p. 114). VII Biblioteca Gino Bianco
Archetipografia di Milano S.p.a. • Viale Umbria, 54 BibliotecaGino Bianco
RD ESUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Biblioteca Gino Bianco
SOMMARIO Editoriale [ 5] Domenico Rea Confessz·onidi un compagno di strada [12} Francesco Compagna La «meridionalizzazione» [31] RASSEGNE Elena Craveri Croce Narratori del '56 [39] N.d.R. Luca T. Rocco Aldo Greco Vittorio de Caprariis Renato Giordano Corrado Beguinot Giorgio Ceriani Sebregondi Roberto Berardi Elena Craveri Croce E. Croce, A. Palermo, R. Salmi, E. Zolla L. Valiani Una eopia L. 300 ■ EeJero L. 360 Abbonamenti a Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1.700 Eetero annuale L. '-000 oemeatrale L. 2.200 Nord· Sud e Nuova Antologia Italia llDJluale L. 5.500 Eatero li> L. 7.500 Effettuare i -rereamenti oul C. C. P. n. 3/34552 iutcetato a Arnoldo Mondadorl Editore ■ Mil11uo Biblioteca Gino Bianco GIORNALEA PIÙ VOCI Da Palermo a Sorrento [ 48] Imprese pubbliche e spese produttive [58] Poderi e quote [ 64] Gruppi di pressione f 66] Capitalismo americano [70] NOTIZIARIOBIBLIOGRAFICO [75] DOCUMENTIE INCHIESTE I piani intercomunali [80] La localizzazione industriale [94] Scuole d'Italia [ 100] LETTEREAL DIRETTORE [107] CRONACALlBRARIA L'uomo del giorno [111] Letteratura [ 114] Storia contemporanea [ 121] DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 62.918 SEDE ROMANA: Via Mario dei Fiori, 93 • Telefono 687. 771 DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 35.12. 71
Durante questi anni sono stati frequenti gli equivoci, le incertezze, le incoerenze nel campo politico e in quello c.ulturale. Non sono stati molti, così, coloro che hanno tenute ferme le originarie posizioni _liberali. Flessioni, slittamenti, conversion_i, apostasie sono stati all'ordine del giorno, ora sollecitati dagli eventi. politici, ora suggeriti dalle mode culturali. Ci sia consentito quindi di ascrivere a nostro merito una tenace fedeltà politica e culturale al liberalismo. La quale ha dato pure i suoi buoni frutti.: chè, alla lunga, le cose ci hanno dato spesso ragione e, mentre la coerenza liberale r·esta una ricca fonte di ispirazione politica e una direttrice sicura di -indirizzo culturale, le mode stanno sfiorendo e lasciano il vuoto. Si potranno discutere gli atteggiamenti_ che di volta in volta abbiamo preso di fronte a questo o a quell'evento, le soluzioni che di volta in volta abbiamo suggerito per questo o quel problema, le prospettive che abbiamo cer- · cato di segnare. Ma si dovrà riconoscere che la fedeltà alle premesse liberali da cui abbiamo preso le mosse ci ha preservato nelle grandi scelte dai grandi errori e ci ha consentito di fare onorevolmente il nostro mestiere, « senza assumere facili atteggiamenti di superatori » e resistendo a ogni tentazione, vuoi di accomodante lassismo vuoi di velleitario moralismo, anche quando la nostra posizione si è trovata « esposta a tutti i venti ». Dicevamo che non sono st.ati molti coloro che hanno tenute ferme le originarie posizioni liberali e storicistiche. t·ra questi dobbiamo necessariamente annoverare quegli amici che per molti anni nelle pagine cui turali dello Spettatore Italiano hanno procurato di tener desta una attitudine d'impegno intellettuale e morale, che, non rifiutando nie'nte di quel che ci poteva essere di valido nelle [3] BibliotecaGino Bianco
suggestioni contemporanee, si riconnetteva tuttavia senza infingimenti al robusto tronco della tradizione storicistica napoletana. Anche qui si potrà revocare in dubbio questo o quel giudizio, discutere questa o quella presa di posizione, avanzare questa o quella ris_erva nei confronti di ~alche argomento; ma resta il lavoro complessivo di una indagine culturale spregiudicata, moderna, aggiornata. Lo Spettatore Italiano ha cessato le sue pubblicazioni e gli amici che alle sue pagine culturali hanno presieduto e collaborato -- siamo lieti di annunciarlo - si uniscono a noi per continuare in un lavoro comune. A questo lavoro presteranno in particolare la loro opera e il loro nome quegli amici che costituiscono un ideale comitato di direzione di Nord e Sud: Ugo La Malfa e Manlio Rossi Doria, Rosario Romeo e Vittorio de Caprariis, e, innanzitutto, Elena Craveri Croce. I nostri lettori comprenderanno che se l'ispirazione, 'la struttura, la piattaforma politica di Nord e Sud resta immutata, essa risulterà tuttavia arricchita come arricchito e potenziato risulterà il nostro impegno culturale. [4J BibliotecaGino Bianco
Editoriale Gli av·venimenti in Ungheria - la repressione spietata e sanguinosa di una insurrezione popolare e libertaria - sembrano aver messo in pericolo invece che agevolare, almeno nel momento in cui scriviamo, l'unificazione socialista. Un risultato, conviene dz'rlo schiettamente, paradossale e alquanto impreveduto. Impreveduto perchè alla maggior parte degli osservatori politici pareva ovvio che il primo intervento sovietico, lo sviluppo drammatico della rivoluzione, il secondo terribile intervento sovietico, dovessero indurre tutti i socialisti, di qualsiasi militanza fossero, a rompere definitivamente ogni indugio. E pareva altrefiìovvio che pei socialisti del P.S.l., pei dirigenti se si vuole, ogni esitazione doveva cessare: l'ora non era più agli abili tentativi di equilibrio, alle manovre tattiche, al gioco logorante e finalmente inutile di chi si compromette per primo; era l'ora della verità e del coraggio, l'ora dei giudizi spietati e delle rotture verticali. Bisognava essere coerenti fino in fondo: e come dal rapporto Krusciov l'on. Nenni aveva dedotto, con conseguente energia, che quel che usciva in frantumi non era solo la virtù paradigmatica di Stalin ma la stessa concezione marxista-leninista della dittatura del proletariato e del partito unico; così dai nuovi avvenimenti, dalla repressione russa e dalla vocife- -rante ed abietta apologia di essa che i comunisti italiani venivano intessendo occorreva trarre la conseguenza che ciò che separava i socialisti dai comunisti non era tanto la diversità di giudizio su un fatto particolare quanto una divergenza fondamentale nel modo di concepire la democrazia e la lotta politica. Se il mondo civile provava innanzi alle divisioni russe che combattevano contro gli insorti ungheresi lo stesso orrore che aveva provato innanzi ai nazisti, questa non era soltanto una reazione sentimen- [5] BibliotecaGino Bianco
tale: era un fatto morale, uno di quei fatti morali a cui la ragion politica deve adeguarsi se non vuole correre il rischio dell'isterilz'mento e della morte. L' on. Nenni ha detto alcune di queste cose, le ha ripetute con forza e ha lasciato capire che riteneva la frattura ancora più grave di' quel che egli' st~sso non dicesse esplz'àtamente. Ma purtroppo il problema non è qui di buona fede, di saldezza di coscienza civile di un uomo (noi non abbiamo mai di'menticato, neppure nei momenti' più disperati della più recente storia del P.S.I., che Pietro Nenni era stato tanti anni fa l'avversario irreducibile, proprio contro Serrati e i· fusionisti di allora, della « liquidazione ;ottocosto » del Partito Socialista): ma è un problema politico. E politicamente la sola domanda che conta è questa: come hanno reagito i dirigenti del P.S.I. agli avvenimenti in Ungheri'a? Lasciamo pure da parte le dichiarazioni di solidarietà con Mosca attribuite al vicesegretario del partito, certe avvilenti presenze ad un ricevimento offerto dall'Ambasciata sovietica ( e anche qui· non abbiamo dimenticato la colazione offerta dall'Amba- ~;ciatoresovietico a M ussolz'nipoco dopo il delitto Matteotti!); lasciamo da parte questa che può parere, e pur non è, aneddottt'ca e pettegolezzo. Il punto politz'co della questione è che ancora una volta molti, troppi dirigenti del P.S.l. hanno creduto di doversi nascondere dietro cortine fumogene. Abbiamo così visto tornar di moda tutto un repertori'o che si poteva sperare dimenticato: « bisogna evitare di fare il gioco della reazione»; « è necessario non turbare il sogno unitario della classe operaia>>; « non giova rompere in questo momento certe solidarietà ». Si sono invocati, volta a volta, i supremi interessi del proletariato e le contingenti necessità del!' organizzazione, zi opportunità politica e non si sa bene quale sentimento d'onore. Nella pi'ù ottimistica delle ipotesi tutto ciò dimostra una prof onda mancanza di consapevolezza politica del ceto dirigente socialista, una incapacità di elevarsi dalla routine amministrativa della bottega com:unale o federale alla nozione lucida degli interessi del Paese e quindi' della stessa classe operaia. Si dirà che queste considerazioni son.o savié ma astratte; e che in politica non basta aver ragione, ma è necessario aver ragione con gli altri, cioè mantenere i propri voti. Questo è un ragionamento povero ·e, a lungo andare, falso: i socialisti del P.S.I. non hanno che da pensare a quel che è accaduto ai· loro fratelli-nemici del P.C.I. per sincerarsene. Ma la reazione di larghi settori del ceto dirigente socialista non dimostra soltanto la loro i'ncertezza i'deologica e di' giudizio politico: essa dimostra [6] BibliotecaGino Bianco
altresì che le difficoltà di quel taglio che deve condurre all'unificazione socialista sono ancora numerose e tutt'altro che trascurabili. I lettori di questa_rivista sanno che noi non siamo socialisti e ·che, a meno di folgorazione sulla via di Damasco,· non lo saremo mai, perchè dal socialismo ci separa una formazione culturale e una concezione della lotta politica coni orme a questa formazione; ma sanno altresì che non abbiamo mai nascosto le nostre simpatie per l'operazione di unificazione socialista, prima ancora che molti difensori odierni di essa l'avessero fatta loro, fin dalla vigilia delle elezioni regz'onali siàliane del '55. E z'l nostro giudizio sui risultati delle elezioni amministrative del giugno scorso fu positivo proprio perchè essi sembrarono indicare, nella crisi del!'estrema destra e nell'avviamento della crisi del P.C.I., un rafforzamento delle posizioni democratiche e una diffusa tendenza dell'elettorato_di sinistra verso un socialismo autonomo, indipendente ed unificato. Ponendo entrambi i tronconi del socialismo italiano sulla cresta dell'onda - osservammo allora - il Paese aveva indicato la via da seguire, aveva mostrato che l'unificazione socialista era nelle cose prima ancora che nella mente dei dirigenti: e quale progresso fosse questo per la stabilità delle istituzioni democratiche nel nostro Paese era facile intendere. Nulla è avvenuto, ci sembra, che abbia contraddetto la validità di tale giudizz'o (semmai è avvenuto qualcosa che l'ha confermato); e quelle difficoltà contro cui ci si trova oggi, e a cui sopra si accennava, sono le medesime difficoltà che era agevole prevedere e su cui richiamammo l'attenzione, difficoltà derivanti non solo da otto anni di polemiche tra S>ocialdemocraticie socialisti, ma anche, se non sopratutto, da otto anni di politica unitaria del P.S.l., otto anni che avevano condizionato in un certo modo il P.S.I. stesso nel senso di togliere agilità al partito, e di 'ritardare - conseguentemente-· i tempi dell'operazione. Per le cose che si sono dette e ricordate non saremo sospettati, dunque, di chissà mai quali intenzioni affermando francamente che le difficoltà odierne, se possono impensierire per certe conseguenze, sono tuttavia da ritenersi fisiologiche. Forse sarebbe stato più preoccupante l'abbraccio della mozione degli affetti, con le conseguenti unanimità solenni e confusionarie, tutto fuorchè politz'che. Ci sembra infatti' che l'unificazione socialista sia un fatto troppo importante nella vita politica italiana perchè _possa nascere sotto il segno della confusz'one. Pei democratici sinceri, per gli uomini del liberalismo moderno e avanzato e radicale, questa non è una [7] BibliotecaGino Bianco
rivoluzione, una svolta improvvisa e quasi apocalittica della storia d'Italia, da cui ci sia da attendere, messianicamente, una palz'ngenesi totale. Ma piuttosto è la continuazione di una politica che ha avuto inizio nel '47: qualche Governo può avere magari· imboccato una strada sbagliata e questo o quell'uomo di Governo può aver ceduto; in questo o quel partito si sono potute accentuare riserve o addirittura gravi deviazioni e costituirsi punti di resistenza a favore di altre soluzioni. Ma al di sopra di quelle linee divisorie dei partiti vi è stato sempre un nutrito gruppo impegnato nella _ lotta politica quasi su un programma comune, o almeno con una comune preoccupazione fondamentale: l'europeizzazione della situazione italiana. Questo vuol dire appunto riconoscere che una delle debolezze fondamentali del nostro Paese è stata l'assenza di un forte e grande partito socialista e democratico, che potesse porsi volta a volta come alternativa di Governo o come efficace condizionatore del partito cattolico: come in Inghilterra, come in Francia, come in Olanda, come in Belgio, come nella Germania occidentale. Un partito socialista e de1nocratico, cioè, che non avesse riserve o opposizioni di fondo sul regime, che operasse nel «sistema» della democrazia. Non è questo il luogo e il momento di rifare la tor":1-entata storia del socialismo italiano in questo dopoguerra; e meno ancora questo è il momento delle recriminazioni e dei giudizi sul passato. Il fatto certo è però che quel passato v'è stato e non si può cancellarlo coi desideri o con le formule brillanti e continua ad operare nel presente. L' operazio11:e di u7:ificazione socialista dovrà farsi perciò su di una piattaforma politica chiara e ferma, fuori del gioco stanco e avvilito delle mezze parole, delle allusioni, delle promesse sottovoce, degli ammiccamenti e dei tatticismi. I socialisti del P.S.I., i socialdemocratici, tutti i democratici devono essere consapevoli dell'importanza reale del modo in cui la cosa dovrà avvenire: fuori cioè degli equivoci a destra ( che la configurerebbero come· un?operazione di deteriore giolittismo) e fuori degli equivoci a sinistra (che la ridurrebbero a semplice ponte verso un nuovo tipo di fronte popolare). Europeizzazione della situazione italiana, costituzione nel nostro Paese di un forte partito socialista e democratico, vuol dire comprensione da parte di tutto il ceto dirigente socialista del fatto elementare che ha caratterizzato l'evoluzione di tutto il socialismo democratico europeo in questi ultimi dieci anni: la coraggiosa assunzione di responsabilità politica nel campo interna.zionale, la consapevolezza che nell'attuale equilibrio di potenza nel [8] BibliotecaGino Bianco
mondo la pace e la libertà dei Paesi derrJocratici non passano per il pacifismo astratto di prima del '14 e meno ancora per. un neutralismo mitico e impossibile, ma passano attraverso la solidarietà delle grandi democrazie occidentali, attraverso la costituzione di una solida comunità politica ed economica dell'occidente eurotpto. Questa è stata la grande rivoluzione del socialismo democratico europeo nel secondo dopoguerra: e sarebbe veramente assurdo se l'unificazione dei socialisti italiani non tenesse conto di ciò. In realtà quando si prospetta l'europeismo come « terza forza» tra i' due blocchi e si accenna alla smobilitazione delle strutture atlantiche non si anticipa sull'avvenire, non ci si pone al di là delle attuali difficoltà, ma ci si pone al di qua, ci si ri'caccianel passato, in un passato ·che sarebbe quasi certamente quello irrazionale e convulso dell' entre-dèux-guerres. Quando addirittura non si gioca con formule vuote di ogni conteni:,to politico. Proprz'o perchè è la soluzz'one di un problema di regime della democrazia italiana, l'unificazione socialista dovrebbe accantonare dal principio equivoci di' questo genere. Ed un'analoga ferme.zza e fedeltà alle posizioni del socialismo europeo si richiede nei confronti dei comunisti. Poichè l'operazione di unificazz'one socialista non deve essere nè un'operazione trasformistica nè una copertura per un futuro fronte popolare, essa non può significare che una cosa/ ed una cosa soltanto: il riscatto delle masse operaie italiane dall'infantilismo pseudo-rivoluzionario, il recupero sicuro e definitivo dell'estrema sinistra ed il suo riassorbimento nelle istituzioni democratiche. E ciò non potrà avvenire eh.e tenendo isolati i comunisti. Già altra volta si è ricordato che questo isolamento comunista era stato uno dei grandi meriti della politica dei Governi italiani dal '47 z'n poi e che l'on. Nenni aveva finito, a lungo andare, col trarre egli stesso vantaggio da tale politica. Oggi·, dopo gli avvenimenti di Ungheria, qualunque cosa accada sul piano internazionale, che si torni alla guerra fredda o alla coesistenza com\p,etitiva, non sono più possibili dubbi'. I comunisti hanno riconfermato, con cinica sfrontatezza, che la loro è la dottrina della conquista violenta del potere e della difesa ad ogni costo, al costo anche del massacro di una popolazione inerme, del potere conquistato. Il totalitarismo del secolo ventesimo ha mostrato ancora il suo volto. E con z'ltotalitarismo non sono possibili i compromessi: occorre misurare le distanze e tenerle. Quei dirigenti del P.S.l. che nell'ultimo Comitato Centrale hanno attaccato con veemenza le posizioni di Lombardi [9] BibliotecaGino Bianco
o di Nenni, che hanno reclamato la polemica col P.C.I. « sul piano della solidarietà col movimento operaio internazionale» (cosa vorrà dire ciò Dio solo lo sa! e fino a che punto ciò non si risolve in sia pure indiretta solidarietà coi dirigenti del Cremlino contro gli studenti e operai ungheresi massacrati e deportati?); che hanno pianto sul « patrimonio di esperienze del P.S.l. >> che rischierebbe di uscir distrutto dall'unificazione; che hanno finalmente mostrato un'incredibile riluttanza ad una rottura o almeno ad una decisa definizione dei rapporti col P.C.l.; questi dirigenti hanno dimostrato soltanto di soggiacere ancora una volta al ricatto psicologico dei comunisti. E hanno dimostrato altresì di non aver misurato l'importanza non tanto della occasione pol~tica quanto della prospettiva storica che si sclu'ude innanzi ad un socialismo democratico nel nostro Paese. Le difficoltà fondamentali di una unificazione socialista sono dunque due: entrambe esistevano già prima del 23 ottobre e i fatti di Ungheria le hanno solo messe in evidenza. E proprio nella misura in cui tali fatti dovevano come sollecitare i tempi del!' operazione, essi hanno galvanizzato le opposizioni. L' ~nfelice trovata del!' on. Nenni sui problemi di politica estera, posto che avesse soltanto valore tattico, doveva fatalmente accrescere invece che diminuire le polemiche; così si è giunti in apparenza ad un punto morto. Ma se nelle cose politiche vi è una logica, quella che sembra una difficoltà di oggi si dovrebbe risolvere in un vantaggio domani. Poichè il processo di chiarificazione che sembrava stagnare al-. l'interno del P.S.I. ha ricevuto una scossa: le posizioni rispettive, che tentavano a sformarsi i·n un accordo equivoco, si sono puntualizzate e le scelte sono divenute più semplici ed è ormai impossibile coprirle con diversivi ed agitazioni. La parola decisiva resta dunque al Congresso. Dovrà essere esso a scegliere tra i sostenitori di un socialismo unificato, autonomo e democratico e gli ultimi rappresentanti del frontismo filocomunista. Quanto alla socialdemocrazia, essa ha ragione di insistere sulla chiarezza dei temi sui quali l'unità socialista dovrà essere ricostituita (anche se questo non deve servire a nascondere segrete intenzioni di eterni rinvii). H~ ragione di insistere sulla politica estera del socialismo europeo, sulla defini- :àone precisa dei rapporti coi comunisti. E ragionevolmente richiama l'attenzione su un pericolo su cui dovrebbero meditare anche quei democratici che sz mostrano desiderosi dell'unificazione ad ogni costo: sul pericolo cioè che venendo a mancare una chiara presa di posizione dei socialisti nei confronti [IO] BibliotecaGino Bianco
del P.C.I.J la crisi di queslultimo possa risolversi· ad esclusivo beneficio della D.C.J possa dar luogo ad un nuovo diciotto aprile. Questo rischio esiste e non va sottovalutato. Ma v}è un altro risclu·o}altrettanto grave} che gli stessi socialdemocratici e i socialisti del P.S.I. non devono dimenti'care neppure un momento: essi}cioè} hanno schiuso non solo nella classe operai·a italiana ma nell'i'ntero Paese la vi·aad una nuova prospettiva: grandi' trepidazioni hanno agitato e agitano gli anz'mi, grandi speranze si sono formate. Se tutto ciò dovesse essere frustrato} se tutto dovesse mostrarsi frutto di· un}effi- · mera illusi'one}se tz'ntera classe dirigente socialista italiana dovesse mostrarsi incapace di assumere le responsabilità che il periodo politz'co le impone} allora z'l risultato finale non sarebbe molto diverso da quello cui si è appena accennato. Perchè gli elettori} delusi e scontenti} rifiuterebbero ai socialisti} a tutti i socialisti} quel premio che ancora oggi sembrano promettere e si rivolgerebbero ad altre forze politiche, e forse finirebbero} amareggi'ati ed incerti} col dare proprio alla D.C. quella maggioranza assoluta che tanto giustamente si paventa. , . [11] BibliotecaGino Bianco
Confessioni di un compagno di strada di Domenico Rea Nel 1953 Massimo Caputo dovette abbandona~e la direzione de La Gazzetta del Pop,olo ed io, per solidarietà, smisi di collaborare al giornale torinese; che aveva dato libera ospitalità ai miei scritti, novelle, ;:irticoli e corrispondenze, sulla vita il costume e le condizioni sociali del nostro Paese. Pochi giorni dopò dalla Direzione del Paese-Sera m1 veniva rivolto un invito di collaborazione e giunse a bella posta ,a Napoli, a casa mia, Amerigo Terenzi, formidabile lavoratore, uomo onesto e colto, tra i più cari amici che certamente perderò, per farmi apporre la firma al contratto. Il mio entusiasmo nell'accettare fu p.ari a quello dell'amministratore dei_ giornali comunisti, e fino all'altro ieri non ci pentimmo per questo affare. Da allora ebbe inizio quella collaborazione che considero come la più riuscita in dieci anni di attività giornalistica. Non mi fu mai rifiutato un articolo, nè mai posto un limite o imposto una linea da seguire. Non c'era tra me e il giornale alcun impegno politico, ma una reciproca soddisfazione di lavoro d'ambo le parti. Per il Paese-Sera visitai inolti P~esi stranieri - cosa che non mi avevano mai fatto fare i giornali borghesi - e le mie corrispondenze dall'estero ebbero una incondizionata approvazione. Il viaggio in Spagna mi fruttò anche la stima di colleghi come Marco Cesarini Sforz,a e Felice Chilanti, che considero valenti giornalisti. Il contenuto dei miei articoli giovava al Paese-Sera. Ma questo fatto era dovuto ad una felice coincidenza di vedute. Io non ero un comunista iscritto, ma era come se lo fossi; e il Paese-Sera non era L'Unità, ma, in una form,a più larga e più blanda, era come se lo fosse. Meglio ancora si potrebbe asserire che L'Unità è la voce comunista della base e il Paese-Sera [12]. BibliotecaGino Bianco
quella della borghesia spregiudicata, capace di vedere i fatti d'Italia anche dal punto di vista comunist.a. Il Paese-Sera godeva inoltre di una discreta indipendenza, la stessa di cui io usufruivo nei confronti di un iscritto; a cominciare dal compenso, fino alla possibilità di poter affermare un mio personale pensiero. Per questo brivido di indipendenza non mi ero iscritto al P.C.I.; o, per maggiore chiarezza, in nome di esso, nel 1945, epoca d'oro del comunismo itahano, riconsegnai la tessera. Fino al '45 ero stato segretario della grossa sezione di Nocera Inferiore, e penso che feci bene il mio dovere. Si trattava di un comunismo giovanile, avventuroso, _percorsoda vampate rivoluzionarie e, sorretti da esso, io e i miei compagni portammo a termine molte battaglie felicemente. Quando però entrai in r,apporto coi veri comunisti, i teorici, gli scientifici, in tuttodunpezzo, combattuto dalla violenza della mia vocazione letteraria e dai miei doveri di comunista che prendevano tutto il mio tempo, optai per la prima; e l'anno seguente, per tr,ascuratezza e perché ero andato a Milano a fare il bohémien, non rinnovai la tessera. Se oggi, dopo undici anni, volessi sceverare nel fondo ciò che ho . chiamato sbrigativamente trascuratezza, verrei a capo di ben altri particolari. Gli « scientifici» erano stati per me una doccia fredda. Mi apparvero subito come uomini risoluti, ma scialbi di cuore; tenaci, ma monotoni; scrupolosi come funzionari; come giovani silenti magistrati che si avviano a una carriera sicura; ·e tanto diversi, per abitudini, virtù e vizi, passioni e difetti, dal materiale - gli operai - che dovevano trattare. Anche essi, in ultima analisi, rispetto ai comunisti semplici, stavano nel limbo in cui si trova il laureato nell'Italia del Sud. Ma il loro più grave difetto consistev,anella pessima considerazione in cui avevano gli altri uomini. Eran tutte persone sospette, le altre! Da questo iniziale sospetto due o tre anni dopo gli altri comincia.rono ad essere sterilizzati col termine di « fascisti ». E il Partito si eresse contro di loro col suo spietato moralismo, in netto contrasto col fondo spregiudicato deUa natura italiana, come un gigantesco iceberg. Io avevo invece sempre distinto uomo da uomo; e non sono stato ancora capace di trovare un uomo tutto buono o tutto cattivo. Persino l'odiato Hitler amava i ca-m, eccellente sentimento. A me piaceva l'atto [13] -BibliotecaGino Bianco
finale del comunismo, l'universale redenzione, non la sua tecnica stritolante. Sono pensieri a cui riesco a dare una forma chiara oggi, dopo undici anni di esperienza. Allora li avvertii col mezzo tipico di un artista, l'intuito; pallide striature di dubbi nascenti come lievi vene in un marmo, che restava solido, consistente, insostituibile marmo. Passarono gli anni e, nonostante che molte altre prove si presentassero al vaglio della mia ragione, continuavo a fa.re del mio meglio per mostrarmi un buon comunista... trascurato. Firmavo proteste, sottoscrivevo manifesti, partecipavo a congressi letterarii, predicavo persino in qualche riunione; ma non avrei mai firmato, come non firmai, una protesta scritta da altre persone, perché sarei stato accus.ato di doppiezza; ed io stesso - bisogna entrare in certi ingranaggi morali per capire ·_ av~ei avvertito i morsi del tradimento. I comunisti sono gli uomini più moralisteggianti che io abbia conosciuto. Sottili, sofisti come bigotte. Si era giunti al punto che prov,avo un senso di... vergogna a dire di essere amico di un amico che ritenevo un perfetto uomo civile, niente affatto fascista, ma soltanto contrario alle nostre idee. Ed era così grave quello stato d'animo che non riuscivo mai a sottrarmi dal fare una cosa, ,anche se non avessi sentita di farla, anche se sapessi perfettamente che mi prestavo a un gioco di propaganda. Bastav~ che l'uomo che me la chiedeva per telefono o per kttera accennasse alla mia ipotetica vigliaccheria, perché io mi sentissi un nato · vigliacco e, debilitato, senza armi di ragioni nelle mani, ~vrei firmato qualunque .carta. A loro riusciva facile colpirmi là dove io sono assolutamente vulnerabile: nel mio drammatico amore per la classe ope~aia; e poiché la classe operaia era rappresentata da loro, tradire o avvertire solo .per controvoce interiore di tradire il P.C. era lo stesso che tradire i miei poverissimi parenti ed .amici, abitatori di bassi; ·era lo stesso che tradire me stesso, la penosa, mortificata storia della mia vita culminata in due tremendi episodi: l'allontanamento forzato di un mio amico d'infanzia perché io ero, secondo suo padre, un r.agazzo di strada; e il -volgare rifiuto di una giovanetta, di cui mi ero innamorato e che distrusse le mie tenere illusioni, rinfacciandomi la sporca nascita di cui ero imbrattato. D'allora dentro di me si maturò un profondo sospetto sulla umanità delle classi agiate che non andrà mai perduto perché mille prove lo rinnovano ogni momento. Del resto nessuno mai potrà convincermi su un [14] BibliotecaGino Bianco
punto della fatale questione del mondo contemporaneo: che in una stessa nazione un cittadino debba essere ricchissimo e, molte volte, per la legge dell'ipse dixit, e un altro poverissimo per la fatalità della medesima legge; e il primo debba sciupare milioni in spese voluttuarie e il secondo stare lì, inebetito, senza una lira, dico una sola lira, per sfamare il figliolo di un anno, magro come un cerino e con gli occhi sbarrati, quasi già sapesse come va questa vita di abissali egoismi. In nome di tutto ciò il comunismo dovrebbe combattere e, quando lo farà, sotto la sua bandiera saremo in molti a sacrificarci. Lo sappiano una volta e per sempre i falsi comunisti, i teorici e gli scientifici, i gesuiti del marxismo che dietro queste pene del genere umano mascherano una smodata brama di potere assoluto. Fin da allora sapevo che il grande affare si sarebbe concluso con la dittatura del proletariato al potere. Il che non era vero perché si sarebbe trattato di una dittatura nella logica delle cose, tempor,anea, per riportare la società al Bene definitivo, al pane e al lavoro, cioè alla vita e alla gioia e da questi due semi sarebbe spuntato robusto e rigoglioso l'albero della libertà. Queste in breve e dette umilmente le ragioni della mia partecipazione attiva ;illa battaglia comunista in Italia. Amici erano andati e tornati dalla Russia e dai Paesi satelliti e mi avevano raccontato meraviglie: il feudalesimo era stato distruttç>; non c'erano disoccupati; non più ciechi diritti di nascita e di eredità. La vita in quei Paesi aveva sì subìto un forte arresto nella varietà, m,a il tono generale saliva e, tra breve, in quei Paesi si sarebbe goduto dell'unica vera libertà, la libertà piena, senza aggettivi ma anche senz,afame. Qualche altro amico aveva trovato da ridire su quei Paesi felici, ma era rimasto inascoltato, messo da parte; come Vittorini, ad esempio. Lo conobbi a P,alermo il giorno stesso in cui mi parlò delle sue impressioni su un Paese satéllite. Disse a me e ad un amico lombardo quanto aveva visto. Lo considerammo un pazzo, un debole, uno scrittore che era passato dall';iltra parte o dalla sua sola parte personale. Si era a questo punto quando nell'incipiente autunno del 1954 fui invitato ad andare in Cina in compagnia di illustri studiosi itaHanì. In anni precedenti avevo rifiutato, senza un preciso perché, ma molte volte per ragioni di lavoro, altri inviti. dalla Polonia, dalla Romania, dalla Russi~ e persino dall'Ungheria. Ma un viaggio in Cina era un'offerta troppo ,bella. [15] BibliotecaGino Bianco
A parte ogni altra considerazione, a Canton era morto di febbre gialla mio zio Luigi, un marinaio della Marina mercantile. E volevo buttare un fiore su Canton per esaudire il più alto voto di mia madre. Ma c'erano altre r,agioni: interessi di studio, piacere per un viaggio lungo per terre sempre immaginate strane e affascinanti, senza mettere nel conto il vedere con i propri occhi un paese comunista e con un suo speciale comunismo. Avrei inoltre viaggiato con persone di prim' ordine, antifascisti provati, e non comunisti iscritti. Tutti compagni di strada. Il mio giornale mi invogliò ,ad accettare l'invito. Al ritorno avrei potuto scrivere numerosi articoli, come si volevano da me, di colore. « Tu sai vedere le cose vive, vai vai », dissero Coen e Terenzi. E partii, come un emigrante, con tutti i parenti alla stazione a salutarmi. Er'a stato fissato per luogo d'incontro Zurigo e prima di volare alla volta di Praga, dove ci sarebbe stata una nuova breve sosta, aspettammo tre giorni. Tre giorni f.elici. Fui ospitato in un albergo fatato, a base di cellule fotoelettriche. Le porte si aprivano al mio apparire, si rinchiudev.ano dietro di me. Non sembrava una città, ma una grande, sontuosa casa, spaziosa quanto una · città. Nell'aria vi er,a odore di buoni sigari. I muri delle strade di Zurigo, a batterci le nocche sopra, rintronavano quasi dentro vi fossero marenghi, scudi e zecchini tutti d'oro. Ordine, pulizia, ricchezza, magnificenza e. silenzio. Io non me ne sarei mai andato. A tavola si facev.ano conversazioni interessanti e per me c'era sempre da apprendere. Ma, all'improvviso, ecco giungere l'ordine di partire e volammo su Praga. Il cielo che a Zurigo era stato lievemente azzurro, stava incastrato su Prag,a come un elmo su un soldato fangoso. U~ uguale contrasto era nelle cose: tra il primo aspetto di Zurigo e di Praga; tra i Douglas della Swissair e quei due o tre apparecchi piccoli e tozzi, come poco adatti al volo, che giacevano sul deserto aeroporto d( Praga. Non lo comunicai neanche a me stesso: ma avvertii nettamente di essere capitato in un altro mondo che, per così dire, dal primo odore non mi andava ·a genio. L'allegria, per la stess,a severità 'e plumbea monotonia del luogo, mi abbandonò subito e provai l'altra impressione: di esser restato solo, senza gli amici: io e Praga. Avevo visto innumerevoli aeroporti e, pur sapendo che ciascuno ha una sua car,atteristica,- era comune a tutti un luogo di ristoro, un bar, una sala di lettura. E questo di Praga, enorme come estensione e dovuto essere magnifico un tempo, mi ricordava g]i [16] BibliotecaGino Bianco
uffici daziari che si trovano alle port1nene di città. Il person,ale addetto alla verifica dei passaporti vestiva troppo dignitosamente povero. Ma il senso di squallore era dovunque come l'aria sùl mondo. Pensai che fosse effetto del cielo, e riscontravo che era falso. Il cielo nuvoloso mi ha sempre fatto lavorare di lena, cielo nuvoloso e freddo. Ragionando così con me stesso, sbirciai nell'ufficio della dogana lina donna grossa e tonçla con dei pantaloni pelosi color cachi che spingeva innanzi una carrettella da facchini. Ne scorsi un'altra più giovane che compiva il suo lavoro meccanicamente. Anche costei era in p,antaloni: vere e proprie brache pelose e giallastre dentro cui affogava ogni sua femminilità. Ma cancellai subito queste negative impressioni, che dentro di me sorgono numerose e spontanee, quasi che sia un'altra persona a suggerirle, pensando: << Sono un volgare borghese, un gallista meridionale. Per me le donne debbono fare le donne, le schiave dei maschi. QU1estequi invece sono donne libere, indipendenti, padrone del loro destino. Invece di pòrti in ammirazione, dispr-ezzi ». E difatti per scongiurare i miei dubbi mi sfregai le mani allegr,arnente e rivolsi la parola ai miei compagni, che, almeno dallo sguardò, apparivano sgombri d'ogni sinistra curiosità. Esperite le pratiche del passaggio di frontiera, entrammo nell'ufficio della dogana. Era una formalità, ma veniva eseguita con scrupolo. Un doganiere, che non aveva nulla di notevole, come le don.ne-facchine, aprì la mia valigia, ricoperta d'una trentina di pacchetti di sigarette. Il doganiere restò immobi1e. Guardava. Non era possibile che guardasse le sigarette. Gli si avvicinò un compagno restò lì come lui. Ci guardammo. Ci sorridemmo; e non io, ma le mie mani presero dei pacchetti di sigarette per offrirli. I due doganieri accettarono, ma nascosero in fretta il dono in una tasca della giubba. Venne a noi come un animale che sente l'odor del boccone una delle due donne, la più vecchia e tozza; ed anche a ld offrii un pacchetto. L'affare finì qui. Ma io ero sconvolto. Riferii subito l'accaduto a un amico e m:i fu risposto che esso dimostrava quasi niente. In nessuna dogana mi era capitato un fatto simile. Secondo me era un chiaro indice di bisogno, perché soltanto un altro popolo al mondo riesce a .chiedere o ad accettare una cosa anche se di queHa cosa ne ha piena la casa. Il modo come i doganieri mi avevano fatto capire che desideravano uno di quei pacchetti, senza chiedere, senza tradirsi nè come cittadini di un paese socialista, nè com-euomini del nord, il gestire rapido adoperato per nascon- , [17] Biblioteca-GinoBianco
dere il dono, il senso tra di gratitudine e di invincibile vergogna de!l loro volto, non lasciavano un dubbio sul movente-bisogno. Non potevo neanche dire a me stesso trattarsi di sigarette di lusso. Eran povere nazionali! Usciti all'aria aperta ci avviammo verso la città. La periferia non finiva rpai. Non finì maÌ fino all'albergo, se per periferia intendiamo quella parte delle città meno abitata e trafficata. Attraversammo una campagna nuda e inconsolabile. Entrati nella città vera e propria vidi pochissima gente, pochi passanti, troppo pochi anche per w1a domenica. Sapevo bene di trovarmi nella terra natale ~i Franz Kafka, in un -paese tutt'altro che allegro. Ma l'allegria e la vivacità sono una cosa, lo squallore e il deserto sono una cosa assai diversa. E soltanto quando fui in albergo mi ricordai di non aver visto una, una sola automobile .. Mi fu però spiegato che in un paese socialista gli oggetti voluttuari sono soppressi; che erano altri i problemi che travagliano un paese ad economia collettivista. Dissi che la Cecoslovacchia era stata sempre un Paese a forte economia, di quasi totale occupazione. Mi fu risposto che in un Paese socialista si comincia sempre da zero e che, anzi, chi era già stato a Praga in tempi recenti trovava molte, buone e importanti novità. Per conto mio continuavo a chie"' dermi dove fossero finite le automobili dell'anteguerra. In Spagna automobili nuove ce ne sono poche, ma le vecchie, quanto si voglia ridicole e sgangherate, sono numeros,e come moscerini. E ammesso che a Praga si stia bene, basta questo fatto, le strade senza un'automobile, a disorientare un visitatore occidentale. Era mezzogiorno e sembrava mezzanotte. Ogni tanto passava qualche vecchia automobile, rappezzata, con ruote di tipo diverso~ Le belle auto c'erano: la nostra, quella che ci aveva portato dall'aeroporto all'albergo, altre, due o tre, in giro, lunghe e nere, roba da autorità. Ma se l'abolizione delle automobili era servita a un generale giovamento, peggio per le automobili e per il visitatore occidentale. In quei giorni uscii sempre a piedi, cosa da fare senz'altro in qualsiasi Paese. straniero per vederlo metro per metro. Riporto qui di seguito alcuni appunti stenografici che presi in quei pochi giorni. Non giro mai con libretti: Sono appunti che ho ritrovato su margini di giornali, risvolti di buste, fogli volanti. Sono immagini non legate, come istantanee fotografiche. [18) BibliotecaGino Bianco
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