Nord e Sud - anno III - n. 23 - ottobre 1956

.. meglio in futuro, finchè le condizioni rimangono quelle che son~. Tralasciando la questione del «reclutamento>> degli aspiranti maestri (troppa gente si iscrive all'Istituto Magistrale, ritenuto chissà perchè una scuola <<facile», proprio perchè zoppica nelle discipline classiche), è lo stesso orario che vi osta: al latino sono riservate due ore settimanali in II e in III, e tre ore in IV. In queste due o tre ore si dovrebbe: spiegare la sintassi; fare esercitazioni collettive di versione, orali e scritte; leggere e commentare i classici; spiegare la storia della letteratura latina; effettuare le prove scritte in classe, che p1ortanovia due ore per volta; ed eziando interrogare non frettolosamente ogni allievo almeno due volte al trimestre; con la speranza che vacanze infrasettimanali previste o straordinarie non riducano ancor più il . ' . g1a scarso orario. Muovendo da queste circostanze di fatto, i colleghi che mi avevano preceduto nella cattedra del corso assegnatomi avevano operato miracoli. Sul piano della conoscenza lessicale, grammaticale e sintattica della lingua, la situazione poteva essere considerata con ottimismo. Ma, naturalmente, lo studio della lingua, q~ando si è costretti a lottare contro le strettoie del tempo, è fatto a danno di altre cose più importanti; nella migliore delle ipotesi gli « abilitati » se ne escono dall'Istituto sapendo tradurre diligentemente qualche centinaio di versi e qualche capitolo di prosa latina, ma ignor,ando o conoscen.do in modo infantile la civiltà romana, la sua essenza, il suo svolgimento, il suo contributo alle civiltà posteriori. Agli esami di abilitazione magistrale, ben pochi candidati mostrano di conoscere la storia della letteratura latina in modo no11 dico sufficiente, ma decente. La necessità di <<spiegare la sintassi>> induce anche, fatalmente, l'insegnante a straripare, col suo latino, nelle ore che dovrebbero appartenere alla storia e alla geografia. I frutti di questo sacrificio si toccano con mano durante gli esami di abilitazione. E li toccai anch'io, mio malgrado, durante l'anno scolastico. Fu la scoperta della situazione culturale, per taluni aspetti disastrosa, delle mie classi che mi spinse ad un'indagine da cui mi parve di poter ricavare che il male solo in piccola parte era imputabile ai difetti, diciamo così, <<tecnici >>della scuola, e che in ben maggior misura risaliva invece a scaturigini ambientali più lontane e prof onde. Ed emersero pure dati che fanno pensare il sociologo e il politico, oltre che l'uomo della scuola. In primo luogo, l'età. Normalmente, gli studenti della II dovrebbero [92] Bibloteca Gino Bianco

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