no, Somalia, Turchia, Ungheria. E mentre l'Ungheria e la Jugoslavia si erano presentate in una forma che faceva sospettare la prevalenza èfi esigenze propagandistiche su quelle commerciali, l'Inghilterra non appariva molto impegnata, il Giappone apriva con ritardo il proprio padiglione, San Marino e la Somalia non potevano accendere grande interesse. Oggi sono presenti ufficialmente 23 Stati, che diventano 55 se si considera la provenienza di tutti gli espositori privati stranieri: siamo infatti ai 6500 espositori, un terzo dei quali provenienti da altre Nazioni. Si deve ritenere perciò che un buon tratto di cammino è stato percorso per affermare nella Fiera del Levante la mostra della produzione europea per il mercato mediterraneo e la mostra della produzione mediterranea per il mercato europeo. E certamente, se la Fiera del Levante si viene sempre più affermando come grande emporio dell'Europa sul Mediterraneo, ciò dipende dal fatto che i governi democratici hanno perseguito una politica di liberalizzazione respingendo le molte pressioni che, in nome di malintesi interessi nazionali, tendevano alla restaurazione di un vincolismo autarchico, corporativistico, antinazionale. Passiamo ora a considerare la funzione della Fiera del Levante secondo la prospettiva del mercato interno italiano, il che è quanto dire che ci proponiamo di definire la funzione meridionalista della rassegna barese, dopo aver definita la sua funzione europeista. Ricordiamo che tempo fa un autorevole esponente politico di parte democristiana aveva con molta superficialità vantato le opere promosse dal suo partito, in contrapposizione ai cc fiumi d'inchiostro » versati intorno alla questione meridionale da altre correnti storiche della democrazia italiana. Parole assai più pertinenti sono state scritte ora invece, in occasione della ventesima edizione della Fiera del Levante, dal signor Presidente della Repubblica: « La Fiera del Levante non poteva non dare ascolto al richiamo di quel pensiero meridionale e pugliese la cui co.ntinuità e vitalità è affidata oggi al solidale impegno della democrazia italiana per il Mezzogiorno d'Italia. Certamente oggidì la battaglia per il Mezzogiorno si svolge in condizioni diverse da come si svolgeva ai tempi di Giustino Fortunato e di Antonio De Viti De Marco, di Napoleone Colaianni e di Guido Dorso. Ma non per questo è venuta meno di attualità quella tradizione meridionalistica e liberoscambista, alla quale, sia pure con accenti nuovi, ci si richiama. Meridionalismo e nazionalismo autarchico in effetti sono inconcilia·bili, non solo e non tanto su di un piano teorico, ma per ciò che risulta dal ritmo stesso della quotidiana esperienza di questa grande Fiera». Da queste parole si deduce la stretta interdipendenza che lega l'europeismo e il meridionalismo, interdipendenza che non suona certo nuova per i lettori di questa rivista. Ma se in Italia, e in particolare nel Mezzogiorno, vi è stato un gruppo dirigente che più degli altri, e in certi momenti solo fra [72] Bibloteca Gino Bianco
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