- la esigenza dell'integrazione economica continentale, l'annuale rassegna barese rappresenta consapevolmente l'esigenza dell'integrazione economica mediterranea; se a Milano si può provocare l'incontro e il confronto fra la economia del bacino renano e quella del bacino danubiano, fra l'economia padana e quella del Regno Unito, fra la sfera franco-belga e quella scandinava, a Bari ci si sforza di attuare il collegamento di tutta l'Euro,pa continentale con le regioni del Mediterr3:neo. È vero che le vicende politiche non sono sempre di quelle destinate a facilitare tali collegamenti, ma, come in tempi di autarchia le fiere internazionali possono rappresentare una oasi di libertà, cosi in tempi di tensione politica esse non abdicano alla loro funzione se continuano a proporre temi economici che opereranno magari in senso limitato ma pure sempre distensivo. Se il collegamento fra l'Occidente e l'Oriente dell'Europa trova nel sipario di ferro un impedimento, il problema si sposta, cioè, e non si annulla: le maglie del sipario possono sempre allargarsi, e negli ultimi tempi si sono infatti allargate, e ad ogni allargamento può appunto contribuire la dimostrazione fieristica della buona qualità dei prodotti e della convenienza dei prezzi. E d'altronde, l'altro pilone di un ponte che parta da Milano o da Bari può sempre essere gettato: a Costantinopoli se non a Budapest, a Tel Aviv se non al Cairo, a Calcutta o a Caraki se non a Varsavia o a Mosca. C'è quindi una grande funzione europea delle fiere internazionali di Milano e di Bari, le due fiere cioè che contano, tra le troppe che si indicono nel nostro Paese: gli acquisti che le nostre campionature fieristiche possono proporre ai Paesi del Levante sono un fattore di equilibrio per le bilance commerciali dell'Occidente; e le vendite che, tramite le nostre fiere, i Paesi del Levante possono concludere con l'Occidente rappresentano uno strumento prezioso per accelerare il processo di industrializzazione di quei Paesi, appena iniziato. Alcuni anni or sono, nel 1950, avemmo occasione di scrivere sempre a proposito della Fiera del Levante, che eravamo ancora lontani dal conseguimento totale dell'obiettivo principale. Scrivevamo allora che, « malgrado i lodevoli sforzi dei dirigenti della Fiera, le campionature dell'Occidente sono ancora troppo scarsamente rappresentate nelle nostre fiere e cosi quelle dell'Oriente; il che significa che le fiere continuano ad agire prevalentemente per il mercato interno più che per quello internazionale ». Ci si riferiva naturalmente a quel « rapporto di quantità che concerne la presenza degli espositori e il volume degli affari ». Era la quattordicesima edizione della rassegna barese. Si era passati dai 156 espositori presenti nel 1947 ai 658 del 1948; dai 742 del 1949 ai 937 del 1950 ,rappresentanti 45 Paesi, 'ma prevalentemnte con le singole ditte, cui non faceva sempre riscontro la missione economico-commerciale con la rappresentanza ufficiale. Le partecipazioni ufficiali si limitavano nel 1950 ancora ad 8 Paesi soltanto: Giappone, Giordania, Inghilterra, Jugoslavia, San Mari- [71] Bibloteca Gino Bianco
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