stanziamento, esso è di una tale a,m,piezza che il 1Sindaco può uti'lizzarlo come vuole. Ora noi continuiamo a credere che il Mezzogiorno ha ancora tali e tante necessità ed esigenze primarie da non permettere uno sperpero del denaro pubblico in tal guisa: al bello si dovrà pensare dopo, quando il buono sarà evi•dente e reale. Lo stadio dell'agiatezza e del superfluo non è ancora giunto e non sappiamo quando potrà giungere: adesso vi è ·penuria di ospedali, di abitazioni popolari, ed edifici scolastici, vi sono ancora paesi senza acquedotti e fognature, ed a sopperire a queste vitalissime esigenze dovrà pensarsi e pertanto non si ,dovrà assolutamente continuare la politica ,della coreografia. Nè dovrà più avvenire ciò che è accaduto in un cc ridente » comune del Salernitano, senza acquedotto, che si è preso il lusso, di costruire la sua degna sede comunale ed all'inaugurazione di essa ha invitato sottosegretari, deputati ed altre autorità della Provincia, con un ricevimento favoloso: vogliamo soltanto sperare che il Prefetto, anch'egli intervenuto alla cerimonia, altamente solenne in un clima di festa più che dignitosa, faccia come quel suo veramente degno collega, di cui parlarono i giornali, che in un caso del genere addebitò personalmente agli amministratori del Comune le spese del rice• vimento. Potremmo citare ancora altri esempi di co,me viene attuata la politica di lavori pubblici nel Mezzogiorno, nè la carità di patria potrebbe vietarci di parlarne, ma a noi ba.sta aver messo in luce questa degenerazione, affinchè alla stessa qualcuno metta una buona volta fine. Le opere del regime sono state certamente il più nefasto esempio, ma aveva contagiato finora soltanto le grandi città; e in quelle piccole, specie nel Sud, i Piacentini poco o niente avevano operato: la coreografia era sconosciuta, forse perchè scono- , sciuto era il denaro. Ora che invece il piacentinismo dilaga nel Sud, sembra che i piccoli borghesi si esaltino nel lusso delle strade cittadine. La paura nostra è che la coreografia, attuata ai danni della povera gente, resterà fine a se stessa. Ci viene alla mente quell'enorme monumentale vespasiano, di cui parla Carlo Levi, che a Grassano nessuno usava. ANTONIO NITTO La Fiera europeista Nel 1930, per iniziativa del fascismo, fu inaugurata la prima Fiera del Levante, intesa, dal regime dell'epoca, come manifestazione dell'indirizzo autarchico, da poco inaugurato, e come strumento di espansione imperialista verso il Medio Oriente, da sempre velleitariamente vagheggiata. Ma il vizio d'origine (a differenza di quanto è avvenuto su quel cimitero di monumenti [69] Bibloteca Gino Bianco
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