francese. Chi scrive confessa di aver poca, anzi pochissima, debolezza per la mitologia del giacobinismo; ma deve confessare, altresì, che i giudizi che gli è capitato di leggere sul giacobinismo e sulla grande Riv.oluzione nei libri e negli articoli di quelli che appartengono alla scuola detta dei << nuovi conservatori >> non lo persuadono affatto. A parte la considerazione che la tr,afila giacobinismo - Marx - Lenin (o Hitler) ci p.orta in quella famosa notte di cui diceva Hcgel, nella quale tutte le vacche sono. grigie, sembra che nell'p.tteggiamento ·dei nuovi conservatori (e francamente non sono poi così nuovi) vi sia niente altro che il rifiuto della storia. Che vale aureolare Metternich d'un alone leggendario e rivalutarlo (ma neppure questo è originale: chè la rivalutazione di lui, e con ben altra s.erietà storiografica, era già stata fatta da von Srbik), quando, si dica quello che si vuole, Metternich restò il ministro onesto e l'amministratore accorto di uno Stato patrimoniale e la libertà si definì nella prima metà dell'ottocento contro tale Stato patrimoniale e i suoi princìpi? Che vale prendere a polemizzare contro la Rivoluzione fr,ancese (ma non l'aveva già fatto per tutt~ Tai11e?), quando, si riconoscano i limiti e gli eccessi e i difetti e gli errori che si vogliono, gli ·stati liberali dell'Europa occidentale so110 pur sempre suoi figli e quella della grande Rivoluzione è stata una ideaforza della storia europea deil'ottocento? E cos'è questo mito di un'Inghilterra in cui la libertà si sarebbe incaru.ata senza residui e in cui· il ritmo conservazione-progresso si sarebbe rivelato in perfezione assoluta, questa Inghilterra modello eterno da tenere innanzi agli occhi e da riverire, se non una romanticheria in enorme ritardo, nello stile di quei vagheggiamenti novalisiani di un medioevo che non era ID;aiesistito così come lo si immaginava ? Nella storia tutto si tiene insieme: quando, invece, se ne sceglie un pezzo soltanto e si rifiuta il resto, 110n si compren,de neppure quello che si è scelto. I nuovi conservatori mi sembrano incapaci di doniinare quello che Meinecke chiamava il << misterioso e sacro fiume della storia »: e su questa incapacità non si possono costruire le teorie politiche. Concluderemo dunque che non v'è affatto una crisi nè nelle cose nè negli animi, che non vi è crisi di strutture politiche invecchiate, di ideali e sentimenti? La conclusione sarebbe troppo semplicistica e soprattutto inadeguata alla realtà. Sono convinto che nella vita delle nostre istituzioni, delle nostre strutture politiche vi sono delle difficoltà sovente abbastanza gravi. Se si guarda a taluni paesi della vecchia Europa, all'Italia o alla [31] Bibloteca G.ino Bianco
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