Nord e Sud - anno III - n. 23 - ottobre 1956

così esattamente non diciamo il bene e il male ma almeno il d~siderabile e l'indesiderabile, che giudica e manda assolti o condanna; non si può nascondere il sospetto che questa considerazione sia tutta costruita su una visione catastr.ofìca della storia. O che almeno pecchi d'un altro peccato: che obbedisc,a, cioè, a quel sentimento perpetuamente risorgente dell'animo, che spinge tutti gli uomini, o la più parte di essi a rifugiarsi nel passato· quasi per prendere forza e meglio affrontare i sacri misteri dell'avvenire: la nostalgia, madre della storia. E non si può nascondere l'onesto dubbio: era quella di µllora veramente una pienezza dei tempi? O, che è lo stesso, è questa nostra veramente una crisi? Chi scrive riesce a dimenticare con molta difficoltà che esercita d'abitudine il mestiere dello storico: se perciò sembrerà che troppo spesso in queste pagine s'incontri la parola « storia », valga come spiegazione, se non come scusa, la deformazione professionale. Questo mondo, questo nostro nel quale viviamo e a cui ci legano le fila dei nostri pensieri, delle nostre parole e delle nostre opere, che è retto sul principio del rispetto della persona umana come valore sacro e della parità degli uomini nella libertà, sull'antica massima dei << diritti uguali a tutti e speciali privilegi a nessuno», questo mondo è, dunque, ammalato? O piuttosto sono ammalati gli uomini che vi vivono e ne vivono, siamo ammalati noi? Come si è appena a,ccennato, molti medici, medici de'lle società beninteso, ed anche molto illustri, hanno diagnosticato tali malattie. Vi sarebbe una crisi nelle cose, nelle strutture statali, nelle istituzioni in cui si articola, la vita democratica; e vi sarebbe una crisi negli animi, insieme indipendente e collegata alla precedente, sì che l'una alimenterebbe l'altra in una sorta di inesorabile spir,ale: una mancanza di fede e di passione, di virtù operativa. In queste analisi cliniche si possono osservare le più varie sfumature, ma noi siamo costretti qui per brevità e comodità di esposizione a semplificare e a limitarci alle scuole principali, senz~ tener conto delle varie determinazioni che si possono incontrare in ognuna di esse. V'è quella che io chiamerei la scuola degli istituzionalisti. Sono coloro che si fermano di preferenza ~gli aspetti costituzionali della crisi e che pongono la causa di tutti i mali appu11to nel cattivo funzionamento delle istituzioni, in un loro deterioramento o addirittura in un loro snatur~- [24] Bibloteca Gino Bianco

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