fatti la possibilità di una critica approfon-- dita dei var1 movimenti politici italiani: il distacco tra le supposte linee essenziali (positivismo - classismo - stato etico) e il libero svolgersi della vita politica è troppo forte, così che questo scade a semplici, variati, esteriori << avvenimenti » ( non per caso il D. R. si limita in sostanza ad una fortissima accentuazione ideologica della posizione liberista, per il periodo tra il 1898 e i primi anni del '900, ignorando ogni altro sviluppo, senza riuscire ugual-- mente a ristabilire un nesso organico nella sua esposizione). E' piuttosto il terzo capitolo, dei rapporti con i socialisti, che gli offre l'occasione di riprendere completamente il discorso: s'aprono qui ancora le diverse prospettive, ma ancora una volta - e con maggior decisione - egli ribadisce le sue tesi più unilaterali. La differenza fra << la borghesia crispina, cortigiana e militaresca » (p. 127) e la nuova << che aveva interesse a svecchiare la situazione interna dalle ossessioni unitarie e dagli innumeri privilegi della consorteria agraria del Nord» (ivi) è colta ed anzi approfondita. Ma finisce poi, ben presto, con il ridursi a poca cosa. Lo stesso avviene per il socialismo di cui è pur notata la sostanziale novità che gli deriva soprattutto dalla più consapevole ed aperta posizione del Turati (v. pp. 126-27). Tutto si livella, s'uniforma nel generale clima positivistico: quelle che apparivano innovazioni rivelano ben presto la loro fragilità. Il richiamo ai limiti che derivano dal classismo, ma principalmente dal positivismo, diventa addirittura insistente (v. pp. 127, 129, 132-33, 140 ecc.); e la denuncia dei vizi obiettivi del sistema pre-- vale or,mai senza riserve; s'aggravano così gli equivoci e gli errori, perchè una unica linea di sviluppo sembra ormai - senza soluzioni di continuità - legar classe dirigente liberale e fascismo: << Questa trasformazione dello Stato non si com-- pì di colpo, non fu il frutto d'un' azione subitanea: essa maturò lentamente, ma inesorabilmente: germinò tra mille incertezze ed esitazioni della borghesia, si ali-- mentò dei limiti stessi della vita pubblica del primo decennio del secolo... il liberalismo dell'uomo di Dronero mantenne il dialogo aperto con il movimento operaio fino a quando ritenne di poterlo politicamente egemonizzare, attraverso la so-- cialdemocrazia, e dietro la prospettiva di uno sviluppo \5emplicemente evoluzionistico del sistema capitalistico. Ma quando tale prospettiva venne a mancare ... allora, dall'interno stesso della tradizione liberale, si sprigionarono le forze di una reazione esasperata » (pp. 134-35). Una dialettica assai discutibile fra stato etico e libe-- raldemocrazia sostituisce l'analisi del reale sviluppo delle forze. Eppure quando ad esso il D. R. accenna e ne riprende sia pure indirettamente gli echi, la distanza che corre tra le sue aride form ulazoni e la lotta politica allora in corso si rivela ben netta... (Si veda pp. 79-89 dove è riportato il commento di Giolitti ai fatti del '98; pp. 137-39 l'indicazione della nuova linea politica di Turati; pp. 149-50 il contrasto tra Ferri, Bissolati e Turati; p. 152 i rapporti fra Turati e la democrazia borghese). Ma il D. R. vi si sottrae subito e rifugge dal considerare con la dovuta attenzione questi documenti significativi del faticoso processo per cui s' at- · tuò in Italia una democrazia liberale. Solo così 1Sispiega ad es. come l'angustia [125] I Bibloteca Gino Bianco ' I
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