Nord e Sud - anno III - n. 23 - ottobre 1956

leanze sarebbe data infatti da una comune adesione a schemi positivistici, sentiti come i più propri a difendere un assetto sociale ed economico basato su una visione ristretta d'el diritto proprietario e su un cieco attaccamento al regime capitalistico: <<••• il clerico-moderatismo fu fenomeno strettamente legato alla nascita delle illusioni e, delle speranze di sapore positivistico della borghesia imprenditoriale, degli inizi del secolo, che credeva nella possibilità di uno sviluppo all'indefinito del sistema capitalistico, attraverso un processo di puro progresso tecnico e di mera accumulazione materiale della ricchezza » (p. 65). In questi limiti s'esaurisce la classe dirigente dell'epoca: tramontate le illusioni cui si lega il breve periodo d'accordo con i socialisti, essa non esiterà perciò a scatenare la reazione più violenta, trascinandosi con sè il clerico-moderatismo ormai compromesso. La conferma - e contrario - è offerta dalla totale incomprensione di Giolitti nei confronti di Sturzo e del Partito popolare, che esce invece decisamente dalle strettoie d'un simile sistema. Tutto quel che di buono è offerto dalla tradizione del movimento cattolico, nelle più diverse correnti, si ritrova in esso, secondo il D. R., in una rielaborazione originale (v. pp. 50-51). E su questa base egli non esita a convalidare sia la polemica condotta contro le pretese accentratici dello stato liberale (p. 26, 29 ecc.), o contro la perdurante « teologia laicista » (p. 29), o lo stato etico (p 44), e la corrispondente rivendicazione delle << certezze essenziali » del mondo cattolico (p. 29). La critica del D. R. s'allarga così naturalmente a tutto il << sistema »; e finiscono con l'attenuarsi se non addirittura con lo scomparire quelle stesse differenze da lui nota~e: Giolitti segna sì un punto di rottura, ma episodico, e rientra infine nell'ambito di un << regime » di netta conservazione borghese. Nell'insuperabile antagonismo verso un Partito Popolare che tende a un << superamento della radice interna di classe » (p. 26), propria dello stato liberale, tutte le forze borghesi si confondono: la borghesia sonniniana, o meglio crispina, la giolittiana, la salandrina, (come le indica il D. R. ), non sono che manifestazioni secondarie d'un medesimo atteggiamento fondamentale: la conservazione del regime. La liberaldemocrazia s'alterna, senza sforzo, come ideale, con lo stato etico, che rivive nel nazionalismo, in cui s'esprimono i tentativi più soffocanti di repressione ... << Il liberalismo giolittiano... (è) strettamente legato alle sorti medesime di un'evoluzione capitalistica, intesa in termini ardigoiani, di puro accrescimento quantitativo e tecnico della ricchezza nazionale» (p. 155). E da questo punto di vista il D. R. non esita addirittura ad indicare come uno dei fattori principali per l'avvento del fascismo proprio l'incapacità da parte libe- . rale d'un accordo leale con il Partito Popolare. A questo punto però l'impostazione del D. R., portata alle sue ultime conseguenze, mostra evidenti debolezze; e appare strano anzitutto che il << positivis;mo » diffuso per ogni dove, come male insidioso ed ineliminabile, lasci per così dire immune il programma di Sturzo e l'azione del P. P. Nel suo libro precedente sull'Azione cattolica, l'i~dicazione degli originari [123] Biblote·ca Gino Bia·nco

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