·GABRIELE DE RosA: La crisi dello Stato liberale in Ita/,ia, Editrice Studium, Roma 1955. Già il titolo, che il D. R. ha voluto scegliere per questo suo libro (servendosi per la verità d'un termine piuttosto insolitp a quell'intellettualismo cattolico progressista cui egli si rifà, che preferisce se mai parlare di <<stato borghese» e simili), sembrerebbe presupporre la c9ncreta realtà d'uno <<stato liberale » in Italia. Ma, alla fine, quello di cui più si nota la man- ' . . . canza, e proprio un ·sentimento sicuro e convincente dello stato moderno così come si realizzò in molta parte d'Europa e in Italia attraverso tutto l' '800. La crisi cioè, che cosa colpisce? E in che consiste con sufficiente precisione? E come si svolge? Quel che già notava l'Omodeo, dovrebbe assumere oggi il valore d'una constatazione non più discutibile: la <<crisi», se si vuole usare questo termine, prende un'ampiezza e un rilievo eccezionali, perchè <<il liberalismo è subentrato all'antica fede nel sostenere il consorzio civile »; e quindi nel suo venir meno si rischia un processo di completa dissoluzione. E sembrano mancare i punti di riferimento stabili per un nuovo avvio ... Cosa rimane infatti e cosa s'attenua e scompare? Tutto il disfarsi d'un sistema statuale come quello <<liberale>>,richiama la raffigurazione d'un insieme d'istituti e di leggi, d'una pratica di governo, di costumi radicati e diffusi, d'ideali politici e morali, e di forze economiche politiche e sociali che in una etica liberale appunto ritrovano - e poi smarriscono - un loro punto d'unione e d'intesa, una regola di convivenza... Di tutto questo nel libro del D. R. (come in altri recenti scritti sull'argon1ento) non v'è traccia; non si tratta ovviamente d'una maggiore o minor completezza, come se egli si fosse voluto restringere a parlare degli « aspetti politici» della crisi, perchè se mai si può notare in 1 ui proprio una visione, in definiti va, angusta della vita politica, raramente seguita e colta nelle sue libere espressioni, e irrigidita invece nelle formule. E' piuttosto il segno d'una stortura; di un èrrore di prospettiva. E nemmeno si tratta d'una interpretazione preferibile a un'altra della storia del Risorgimento (sia quella pessimistica d'un Salvemini o quella del Croce). Le ricerche particolari, limitate a questioni ben precise e insieme l'individuazione esatta di tutti i vizi e difetti dello << stato liberale» italiano sono indispensabili, ma il D. R. si sottrae ad entrambe. Il suo libro così resta soprattutto indicativo - dato che vengon ripresi qui molti dei problemi e delle interpretazioni della precedente storia della <<Azione Cattolica » (1 ) - di un orientamento abbastanza largamente diffuso nel mondo cattolico, specialmente nell'ambien-. te giovanile. Ma rivela anche un insieme di equivoci, radicati, e di perplessità, faticosamente conservate, che forse gli danno un valore più ampio rispetto a tutta la pubblicistica e alla storiografica su questo periodo. E' di conseguenza l'oggetto stesso della indagine che nel libro del D. R. viene a ( 1) L'azione cattolica - storia politica; vol. I (1874-1904) e vol. II (1905-1914). Bari, Laterza, 1953 e 1954. Nella recensione i due libri sono notati A.C. I o II. [121] Bibloteca Gino Bianco
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