fu il sovrapporsi dell'artista al committente, quella che si potrebbe chiamare la definitiva liberazione 'professionale' del1' artista, svincolatosi, mercè i passaggi di potere sociale determinati dalla Rivoluzione francese, dalla schiavitù o dall'obbedienza al committente, Ente (general-- mente religioso o politico) o Persona >). Ma ben più importante è la liberazione che il critico riesce a compiere dell'immagine disinteressata, puramente figurativa, dai titoli e dai commenti che Goya oppose a quelle sue composizioni e che restano mere aggiunte pratiche e riflesse alle figurazioni iniziali: un risultato che difficilmente si sarebbe potuto raggiungere tenendosi fuori della crociana distinzione di poesia e non poesia, alla quale il Ragghianti esplicitamente non fa cenno, ma di cui naturalmente si serve. Come si vede, il sicuro possesso della problematica filosofia è essenziale al critico proprio per la soluzione dei problemi concreti e non certo per discettare di questioni astrattamente universali. C,he peraltro diventano per forza di cose un momento della ricerca, e con ciò stesso si spogliano di ogni astrattezza e di ogni arbitrio: 1n questo senso stimolano la riflessione, anche se lasciano un po' perplessi, i rilievi che l'autore fa in un punto (p. 221) sugli effetti dell' << estetica industriale », che porrebbe in crisi il vecchio concetto di bello assoluto << consistente in rapporti invariabili di carattere sia metafisico che psicologico, rispetto all'arte o espressione artistica >>. E' evidente che qui si vuol dare al bello un significato del tutto pratico e funzionale, riferendosi soprattutto alla perfezione meccanica di taluni strumenti o oggetti della tecnica (e questo è confermato dal paragone che lo stesso Ragghianti fa del disegno indust;iale con ia fotografia): ma è anche vero che l'identificazione di bello e arte, entrata orn1ai stabilmente nel patrimonio dell'estetica moderna, consiglierebbe una specificazione forse più sfumata e insomma meno . perentoria . .Tuttavia, non è solo la ricchezza di dottrina e di spunti critici, spesso geniali, ciò che attrae e conquista il lettore di questo volume, che fin nel titolo, energico quanto desueto, ci ricorda opportunamente quanto essenziale sia al cosiddetto pensiero puro lo stimolo della riflessione estetica; è altresì il pathos dell'amatore di libertà, del patriota e delruomo d'azione, ciò che affascina e dispone il lettore, che sia uon1.o libero, alla sin1patia e alla fiducia. Valga per tutta questa pagina che senza sforzo include in un libro di problemi d'estetica una ben centrata diagnosi del processo di destalinizzazione: << In Russia ... il permesso di sottoporre a processo certi aspetti e istituti della dittatura staliniana e stato octroyé per la necessità di incontrare (o forse anche per l'impossibilità di soffocare) un moto premente di sempre più energica e larga insofferenza intellettuale e morale, che ispira tutta la nostra simpatia e la nostra partecipazione di figli e di eredi del Risorgimento, di attori delle medesime lotte contro le dittature fasciste, e che abbiamo seguito per anni con ansia, talvolta con angoscia,.. ma anche con la certezza che questi sono i segni più sicuri di una liberazione che ha iniziato il suo processo e non si arresterà ». RAFFAELLO FRANCHINI [120] Bibloteca ·Gino Bianco
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