sofo di coltivare a fondo i campi delle due scienze mondane per eccellenza, l'Estetica e l'Economica. Nessuna preoccupazione perciò che l'ostinata insistenza sui problemi particolari oscuri o tolga al pensatore la visione del grande, ovvero comprima nel suo cuore il palpito dell'infinito: il <<sistema » vive nelle sistemazioni; ogni avanzamento dell'Estetica è insieme un progresso della Logica. Il merito di Ragghianti consiste nel non essere egli soltanto genericamente, e sia pure puntualmente, consapevole di tutto questo, ma nel metterlo in pratica. Esperto di tutte le nuove <<tecniche» filosofiche o sociologiche, che ben riconosce come non geniali travestimenti di vecchi errori, egli ama indugiare nella contemplazione del punto di vista avversario, per portarlo poi a poco a poco alle estren1e conseguenze e capovolgerlo fruttuosamente dalla sua parte. Si veda ad esempio con quanta maestria si spaccia del p·reteso dualismo tra industria e arte, che ha suggerito al Read l'ideazione addirittura di un' appoSiita <<estetica industriale »: si trattereM>e infatti di decidere, data la possibilità offerta all'uomo moderno di produrre meccanicamente oggetti perfetti, insieme privi di variazione individuale, se gli oggetti così prodotti possano possedere le qualità essenziall dell'arte. In realtà, osserva Ragghianti, tesaurizzando idee non abbastanza diffuse presso gli anglosassoni da cui ·pure v'è chi non si stanca di mandarci a scuola, << lo standard riguarda esclusivamente il problen1a produttivo e non il problema artistico come tale. Il fatto, cioè, che un oggetto possa essere con procedimento meccanico indefinitamente riprodotto non lo altera a priori nel suo carattere di oggetto, estetico o non estetico che sia. Vi è dunque un'autorità di concezione e di forma dell' oggetto che è estranea alla produzione in-- dustrale: e questa non ha alcun potere di modificare o di condizionare tale forma o quanto meno è sempre possibile di adattare la macchina, il meccanismo riproduttivo alle esigenze peculiari della forma, di quella forma ». Ciò che cont~, insomma, è il modello iniziale creato appunto come individua opera d'arte, come è il caso, famoso, degli alfabeti di Diirer e di Leonardo, che il Ragghianti illustra da par suo, valendosi, come in quasi tutti gli scritti ora raccolti, di una ricca e nitida iconografia posta in appendice al volume. Continua è nel nostro autore la giusta, fondamentale preoccupazione di rivendicare e di salvare in ogni circostanza il carattere formale, cioè assoluto, dell' arte, sia contro i miti del sociologismo che contro i pericoli del filologismo, senza parlare della mitografia marxistica, che vorrebbe abbassarla a mera strumentalità ideologica, ma con l'aggiunta non trascurabile di pigre abitudini mentali da cui anche il critico più esperto deve guardarsi quando, per esempio, non riesce a liberarsi dell'immagine tradizionale del pittore o dello scultore privo di mezzi e di tecnidhe riproduttive oggi diffusissime, immagini tradizionale che è ben altra cosa dall'eterna e atemporale categoria del1' arte. Insigne esempio di superamento de] mero filologismo, pur condotto con metodo rigorosamente filologico, ci è sembrata l'analisi dei Caprichos del Goya. Notabile è intanto l'osservazione preliminare, di mero carattere storico, che il grande pittore spagnolo <<si trovò a vivere nel pieno di quella crisi storica, che [119] Bibloteca Gino Bianco
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