Nord e Sud - anno III - n. 22 - settembre 1956

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna • ' ANNO Ili * NUMERO 22 * SETTEMBRE 1956 Bibloteca Gino Bianco

Nella Lexikon Elettrica l'intero complesso scrivente, il ritorno, l'interlinea, i I di s p os i ti vo ma i u s coIo • m i nuscoIo, sono comandati elettricamente, 11 maggior numero di copie, che la battuta elettrica rende costantemente uniformi, e le velocità molto più elevate che si possono normalmente ottenere, assicurano un rendimento di gran lun• ga superiore a quello delle macchine manuali. Prezzo per contanti: L. 225.000 Bibloteca Gino Bianco Si scrive componendo su di un quadro comandi

., Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Bibloteca Gino Bianco

.... SOMMARIO Giovanni Cervigni e Giusep,pe Galasso Rosario Romeo N.d.R. Aloisio Rendi Salvatore Cambosu Ferdinando Isabella Federico Gozzi Salvatore Onufrio Editoriale [ 3] Il P.S.I. e il Movimento di Rinascita [9] La storiagrafia politica marxista [ 16] GiORNALEA PIÙ VOCI I treniolanti [45] Il Sud e gli investimenti tedeschi [50] La scacchiera sarda [59] Aule mancanti e leggi inoperanti [ 61] Il basso costo· del lavoro [ 64] Cronaca comunale di Palermo [ 67] DOCUMENTIE INCHIESTE Tom Carini Il Sud e cinque anni di spesa pubblica [72] Rocco Mazzarone Notizie sulle condizioni sanitarie della Basilicata [83] NOTIZIARIOBIBLIOGRAFICO [96] PAESI E CITTÀ Enzo Carbone lv!elfi [105] Augusto Graziani Dora Marra Una eopia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti a ltaHa annuale L. 3.300 semestrale L. 1. 700 Estero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Nord - Sud e Nuova Antologia Italia annuale L. S.500 Estero » L. 7.500 Effettuare i versamenti sul C. C. P. n. 3/34552 intestato a Amoldo Mon•adori Editore • Milano Bibloteca Gino Bianco LETTERE AL DIRETTORE [118] RECENSIONI L'optimum de population [120] Della tolleranza [ 125] DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 62.918 DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 35.12. 71

Editoriale • Questi mesi estivi sono trascorsi assai più animati di. quanto si potesse prevedere, tanto densi di avvenimenti da suggerire una vera e propria rassegna, degli avvenimenti· stessi e delle polemz'cheche ne sono derivate. Per S11ez,il più grosso di questi avvenimenti del mese di agosto, non a torto si è parlato di « esitazion,ie i11certe.rzzcelie hanno un poco parcdizzato la nostra azione diplomatica>>,di un « breve, prudente. e gene~ico discorso>>dell'on. Martino alla Conferenza di Londra, di' una conferenza stampa dello stesso Mz'nistro,che avrebbe cercato di « giustificare le incertezze>>della condotta della 11ostradclegaziorie, << senza riuscire a convincere tutti i presenti. Questi rilievi sono stati mossi, tra gli altri, dal migliore dei nostri corrispondenti, da quell'intelligente e sorvegliato ossert1atoreche è Do1nenico Bartoli. Ma noi rz'teniamo che la causa delle « esitazz'oni e incertezze » rilevate da Bartolz·a Londra sia da ricercarsi a Roma, fra le velleitarie tende1ize che sono affiorate nuova1nente i1i questa occasione al fine di segnare indirizzi ed obiettivi per così dz'repiù << mediterranei >> alla nostra politica estera: esse vanno risolutamente contrastate in nome della coerenza con l'indirizzo europeo e occidentale, della priorità degli obiettivi~ europeisti; e male lia fatto la nostra delegazione di Lo1idrase le ha invece-~ subite come un limite. Si deve aggiungere che queste tendenze << mediter-· ranee », un po' nazion,alistichee un po' neutralistiche, più tradiziona/,mente anglofobe che tradizionalmente filoarabe, in parte ereditate dal fascismo· e in parte d'ispirazione clericale,sono affiorate più torbide in seno alla· D. C., giustificate pure da certe 1iote dell'Osservatore Romano; mentre i; comunisti, per non perdere l'allineamento con l'U.R.S.S., si sono trovati~ · ridicolmente allineati con i missi1ii; ma non con Nenni, il quale nelle· prime reazìoni si è trovato invece converge12tecon Saragat, su una posi-. zione che grosso modo è appunto quella della democrazia occidentale... [3] Bibloteca Gino Bianco

. Questa converge1iza dei partiti socialz'sti su posizidtti C'rJ'fftu·ni' di politica estera, a11che se dalla parte del P.S.I. è sembrata in u11secondo mometito nuovame11te annebbiata dall'-uso e dall'abuso di luoghi comuni sulla « distensione», intesa in modo predicatorio, ie sulla <<mediazione», intesa in modo velleitariame1ite realistico, qttesta corivergenza, dicevamo, è un fatto politico di graridissimo rilievo, intor110 al quale possono e devono determi12arsinuovi atteg;giametiti e ulteriori sviluppi nel senso dell'unità sociali.sta e del!' espansione democratica. Nel settore del Governo, intanto, nel mese di agosto si devono registrare iniziative che incontrano, a differenza della << li11ea » di politica estera, tutto il nostro co11se11s0:esse portano il nome di tre ministri, Vigoreìli Cortese C'ampilli, i quali figurano ora impegtiati a condurre in porto l'attuazione dei provvedinie1iti proposti e la soluzione dei problem·ti sollevati. In una delle sue quotidia11e note economiclie, Il Giorno ha rilevato che << nel lungo elen.co deì disegni di legge approvati dal Consiglio dei lvfi1iistri -r1,eclorso della seduta fiume 'preferiale ', ve n'è uno che a nessun costo si vorrebbe restasse confuso fra i tatiti altri>>.E invece, a parte il quotidiario citato, nessutz rilievo è stato dato dalla stampa al provvedimento proposto dall'on. Vigore/li, 1'1itiistro del Lavoro, per la « abrogazione della legislazione vigente sulle migrazioni interne e contro l'urbanesimo». Alcuni giornali hanno perfino trascurato di riferire del provvedimento: dove ancora una volta si i1icontra utza manifestazione di inse1isibz1ità, e di ignoranza, da parte del quarto potere. I lettori di Nord e Sud conoscono la importanza del problema, da noi co11tinua1nente riproposto, in nome della libertà di movimento, della Costituzione, del Me.zzogiorno. Vorremmo ora poter congiungere, nella nostra co1isiderazione, il nome del Ministro proponente, socialdemocratico e milanese, a quelli di Luigi Einaudi e di Er12estroRoJsi che infaticabilm,ente si sono batttuti con tutta la loro autorità_ per dertunciare quelle leggi che fino ad ora ha1ir10sancito di fatto nel nostro paese il domicilio coatto e la servitù ,della gleba. Concludiamo come la ,citata nota del Giorno: << Ora il Gover1io si è deciso a fare quanto· doveva; toccherà presto al Parlam~nto fare altrettanto. Dopo, se :non altro·, ma soltanto dopo, potremo qccusare g.Zialtri paesi di svolgere in materia d'im1nigrazione unà politica illiberale e di corte vedute. I popoli seri vivono .anche di coerenza». [4] BiblotecaGino Bianco

Parlando delle migrazioni interne, come era naturale, ci siamo avvicinati al problema dell'emigrazione all'estero, che in questi giorni è tornato all'atte1izio12edella pubblica opinione. Ma è tornato in occa'pionedi cronache luttuose, e cioè nell'occasione meno propizia a una spassionata e obiettiva valutazione. Difatti si sono lette e udite valutazioni passionali e arbitrarie; ed è riaffiorata una patetica polemica contro l?emigrazione, alla quale ci si dovrebbe opporre perchè le condizioni· di lavoro nelle miniere belghe sono troppo rischiose, perchè i salari agricoli in Germania sono troppo bassi,perchè· i ma11ovaliin Francia possono esserepersuasi ad arruolarsi nella Legio11,eStraniera. Sembra che si sia dimenticato che chi parte, malgrado la niin,iera, il salario basso, la Legione, si apre una strada che al paese natale era chiusa, irrimediabilmente: una strada dura e rischiosa, . come tante altre strade, sulla quale però si irJca1nmi·nadi propria volontà colui che 110nvuol più restare sulla piazza del paese, intortio alla fontana, conda1inato. E quando queste strade fossero chiuse, per la, Germania, per la Francia, per il Belgio, non vi sarebbero forse i moYti nostri di Marcinelle, nè i legionari di Forbacli; ma nemmeno coloro che, più numerosi di qua12tonon si creda, s'incontrano qua e là in Europa, partiti da/,l'Italia dieci o cinque anni or sorJo,e clie lavorano e magari han fatto fortuna (ne abbiamo incontrati, a Ma1inheim e ad Augusta, tiapoletani e siciliani, proprio nei giorni della sciagura) e comunque sono sfuggiti al destino italiano della sottoccupazione in campag·nae delle... attività <<terziarie>in>città. Sembra che si sia dimenticato pure clie chi resta, per il solo fatto che c'è chi è partito, guadagna un po' più di spazio. E allora non si tratta di chiudere questa o quella via dell'emigrazione, questo o quel << cammino della speranza>>,1na di avere uria politica e1r1igratoriache riduca i rischi delle miniere e co1zcordisalari più dti, e soprattutto che acco1npagni l'emigrante, preparandolo alla partenza e assistendolo all'arrivoj i1ivece di torm1 entarlo con una trafila di pratiche,che si inaugura con;la nota fatica cui ogni ,cittadino italiano è costretto per ottenere co1i il pas,saportola soddisfazione di un suo elenientare diritto. Ritorneremo su questi problemi e intanto rimandiamo chi volesse fin da ora approfondirli alla lettura del nuovo esauriente discorso pronunciato dal benemerito on. Dozzi in occasione della discussione sul bilancio degli Affari Esteri (pubblicato sul n. 14 dell'altrettanto benemerito << Bollettino quindicinale dell'Emigrazione>>,curato dalla Società Umanitaria). [5] Biblote.caGino Bianco

.. · Espresso il nostro cotiseriso all'iniziativa dell'on. Vigore.Ili, e· dopo naver dirottato per intervenire nella polemica sollevata dai lutti di Marci- , nelle, dobbia1no espri11iereora il nostro consenso, con l'iniziativa dell'amico, 1 Cortese che se1nbra aver fatto sua la questio1ze proposta dall'ultimo convegno degli « amici del Mondo» e portata avanti con una appassionata campagna di stampa da Scalfari, Corbi, Conigliaro e Zappulli: la que- .stio1ie cioè del siste1r1adistributivo italiano, «trionfo del reJtrizionismo, del .1nercato chiuso, degli tdti prezzi e dei bassi consumi>>. Sembrerebbe che i progetti per il riordiname11to dei· mercati generali ,e dei macelli che il Mi- . nistro Cortese preserzterà quanto prima al Parlamento siano abbastanza « in- / -cisivi », ma ancora « parziali >> (I_JaStampa del 21 agosto). Esortiamo comunque il "!vf inistro ad andare fi110 in fondo, riferendosi totalmente alle proposte elaborate dal citato cot1vegr10degli « amici del Mon,do >>. E' ttna battaglia liberale, co1ne già quella della legge sugli idrocarburi, che attendeva già da tempo chi fosse capace d'i1ztrapret1derla e co1idurla a termine da una _posizione responsabile di governo. Per co1icludere, come anticipo a un discorso più vasto e i1npegnativo~ .dobbiamo registrare la priorità assegriata agli i1ivesti111entiper lo sviluppo ,d,ell'economia meridionale nel quadro del piano Vanoni: nuovi niezzì e .nuovi conipiti alla Cassa per il Af ezzogiorno. Se si deve dare atto all'on. c·ampilli dell'i1npegno e della coeretiza che hanno ispirato la sua azione per promuovere il recente provvedimento e aff erm.are la suddetta priorità, si deve pure rilevare c/ie il Co1zsigliodei Ministri lia modificato in· sensai limitativo l'originario disegno di legge predisposto dal Miriistro·. Q.ui ci basterà riportare un brano dell'articolo che Guido Macera, su 24 Ore, ha· dedicato alla « seconda fase della Cassa » e clie ci è sembrato uno dei pochi com~ . . ·menti veramente centrati. << Quale giudizio ... bisogna dare del provvedimento ora adottato? Comincia.mo col notare che esso si presenta come un'edizione minore dell'originario disegno di legge ... se è esatto che il ' rilancio ' della Cassa si basava su di una proroga di ben otto anni e per un impegno di spese intorno ai 900 miliardi . .L'osservazione che qui si fa non appartiene alla serie delle geremiadi meridionalistiche, nè vuol disconoscere che, nella crescente rigidità di bilancio -dello Stato, il nµo,vo impeg110 sotto,scritto dal Governo dell'on. Segni rappre- -senti uno sforzo notevole. Ma la decurtazione ap1 portata al programma origi- . [6] BiblotecaGino Bianco

nario, a sua· volta già ristretto e tagliato in vista delle obiezioni di natura finanziaria, comporta i11evitabilmente un ridimensionamento dei piani d'intervento e, lungi del consentire economie, lascierà aperti non pochi problemi, così come è avvenuto nel recente passato, sia dal punto di vista della più ampia organicità ed integrazione delle opere, sia, naturalmente, dal punto di vista delle scelte tecniche. E d'altronde va anche tenuto conto che, pur permanendo i fini istituzionali 'straordinari ', con la ,nuova legge vengono devoluti alla Cassa compiti ancora maggiori di quelli sostenuti finora. Insomma, a noi pare che, misurato sul metro della imponenza del pro,blema meridionale come si pone oggi e cioè come problema numero uno dello sviluppo economico del paese, il provvedimento che è stato varato costituisce u;na mezza misura, e non già un atto di coraggio intero. Il che, tradotto nel linguaggio economico, può significare che le dimensioni considerate non rispondono alle soluzioni più convenienti e perciò più utili alla collettività, al Sud come al Nord». Si è parlato anche, al Consiglio dei Ministri, del carattere << aggiuntivo >> che deve essere,preservatoagli investime12tidella Cassarispetto a quelli delle altre amministrazio12idello Stato e degli Enti pubblici. Enrico Mat-- tei, su Tempo, ha rilevato che << purtroppo questo principio non è stato sempre rispettato nel passato << percliè mi12istrie funzionari tendono a disinteressarsidel Mezzogiorno e delle isole, col pretesto che tanto a quello e a queste_penseràla Cassa». .11 riprova di questa considerazione, che certo 11,on è nuova per f nostri lettori, lo stesso Nlattei riporta pochi dati molto significativi: «Nelle regio12idel Nord durante il 195S il volume degli investimenti in opere pubbliclie è stato di 233 miliardi contro i 13S miliardi del 1950, con un aumento del 73 per cento; nel Sud il volume degli investimenti pubblici, che era stato nel 19S0 di 100 miliardi, è disceso (non te12endoconto della Cassa)a 71 miliardi, con una riduzione di poco inferiore al 30 per cento >>., È dunque sulle questioni indicate da Guido Macera e da Enrico Mat- · tei che si dovrà valutare 12eiprossimi mesi la politica meridionalista degfi investimenti. Ed è su di esse clie dovra1ino essere confro11tatigli att~si, e annunciati, pia12idell'l.R.I. e dell''E.N.I. Così, sollecitando la discussione parlamentare delle citate i12iziativedei ministri TligorelliCortese Campilli, reclamando un serio riesame della politica emigratoria, e al tempo stess0i auspica11doche siano varati al più presto i piani d'investin1ento predisposti [7] Bibloteca Gino Bianco

dai massimi istituti della 1iostra << 1na·nopubblica>>,termina la nostra rassegna degli avvenimenti di agosto. Ci sia solo consentito di ribadire, ancora una i1o/,ta, i timori che avevamo manifestato nell'editoriale del nu1nero scorso. \ Gli ultz"mi svilupp~ I della questione delle giunte, e iri particolare l'atteggiamento della D.C., han110 confermato quei timori: che cioè l'iriteresse elettorale della D.C., come partito, contrasti con l'i11teresse po/1:tico della deniocrazia italiana, e qui12diatiche della stessa D.C.; e che quest'ultitna non si renda conto· dei contrasto e dei suoi termini, e operi in conseguenza secondo una gretta visione di partito, anzichè seco1ido una grande prospettiva politica, senza vedere l'ombra dello << storico steccato » che torna a profilarsi minacciosa alljorizzonte. Non dice nttlla in questo senso il caso dell'amministrazione provinciale di Roma? [81 Bibloteca Gino Bianco

, Il P.S.I. e il Movimento di Rinascita di Giovanni Cervigni e Giuseppe Galasso Ci scusiamo coi nostri lettori se riprendiamo ancora una volta, a distanza di alcuni mesi dalla pu·bblicazione, la discussione intorno alla nostra inchiesta sul P.S.I. nel Mezzogiorno; ma non ci potevamo esimere dal rispondere nè ai nostri abituali interlocutori di C,ronacheMeridionali1 nè ad uno fra i più vivaci intellettuali socialisti del Mezzogiorno (G. Arfè sul ]>onte del maggio scorso), intervenuti nella discussione quando la nostra << Appendice all'inchiesta sul socialismo» (cfr. Nord e Sud n. 20) era già in corso di stampa. Non è il caso, dopo quanto abbiamo detto nel precedente articolo, di tornare ancora sulla figura e l'opera di Rodolfo Morandi, del cui misconoscimento ci accusano concordemente Luigi Locoratolo su Cronache meridionali ed il recensore del Ponte. Argomento nuovo e comune all'uno e all'altro è invece la valutazione del ruolo avuto nel passato e delle prospettive attuali del << Movimento per la Rinascita del Mezzogiorno». I nostri recensori inclinano evidentemente a ritenere che certi aspetti peculiari della lotta politica meridionale rechino in sè una implicita e completa giustificazione dello schema frontista, che nel Mezzogiorno si è concretato nel « Movimento per la Rinascita >>, e che avrebbe perciò nelle nostre regioni una validità tutta propria e particolare. Per cui vien fatto di pensare che, anche laddove si convenisse, per una diabolica ipotesi, sulla discutibilità di alcuni atteggiamenti del P.S.I. nella impostazione della sua politica nazionale negli anni decorsi, nulla invece sarebbe mai da obiettare all'indirizzo seguito nel Mezzogiorno, dove il frontismo, o unitarismo che dir si voglia, ideologicamente e politicamente si troverebbe nella metaforica botte di ferro. [9] BiblotecaGino Bianco I

Saremo noi certamente gli ultimi a contestare l'arretratezza e la gravità ,della situazione meridionale e la conseguente necessità di mobilitare, contro le forze che al mantenimento della situazione attuale sono interessate, un ampio schieramento di forze democratiche. Così non saremo neppure noi a contestare la parte che, nei progressi compiuti sulla via della demo- · ,cratizzazione della vita pubblica meridionale in questi anni, spetta all'azione delle forze di sinistra. Ma qual' è stata la funzione reale che il Movimento per la Rinascita ha svolto a questo riguardo? Per chi non voglia rendersi schiavo di vuote formule, non dovrebbe essere discutibile che centro ispiratore, guida e sostanziale realizzatore della politica del Movimento è stato in effetti il P.C.I .. Dovrebbe anzi essere chiaro che, - anche là dove la formula del Movimento non era vòlta in primo luogo a rendere possibile l'assorbimento di forze politiche restie per opportunismo e per riserve psicologiche ad un'aperta collaborazione con il comunismo - essa non ha mai cessato di essere una sovrastruttura organizzativa del P.C.I. nel Mezzogiorno, in vista di particolari fini della politica nazionale ed internazionale di questo partito. Nè ci risulta che finora il Movimento sia mai stato quell'organismo con proprie ragioni di vita, autonomo e funzionale, di cui parlano i nostri interlocutori. D'altra parte, non sarebbe potuto essere diversamente: 1) perchè il Movimento stesso aveva assunto .a propria esclusiva base ideologica l'interpretazione gramsciana della lotta politica meridionale e quindi nazionale, della quale interpretazione non è possibile postulare altra strumentazione che il tipo di partito leninista della classe operaia, quale in Italia si è venuto concretamente sviluppando in questi anni attraverso l'impetuosa avanzata dal P.C.I.; 2) perchè delle forze .che costituivano il Movimento il P.C.I. era il solo a possedere una salda .struttura organizzativa e una reale efficienza, ed insieme il solo a trovarsi in una fase di prepotente dinamismo. Ci sembra pertanto assolutamente inaccetta·bile l'asserzione dell'Arfè, secondo la quale << attraverso la pratica della politica della Rinascita venivano a su'bire trasformazioni notevoli, di natura tanto politica che organizzativa, gli stessi partiti socialista e comunista, che si erano praticamente rifusi in quel movimento». Di conseguenza ci sembra ancora che l'Arfè sopravvaluti l'importanza di quella traduzione ideologica del meridionalismo di Rinascita che, a suo ·parere, è rappresentata dall'opera di Carlo Scarfoglio, e che è stata rappresentata anche (aggiungiamo noi) dall'azione [10] Bibloteca Gino Bianco

pubblicistica svolta dai quotidiani del senatore Smith: essa infatti è sempre stata nulla di più che un'inconsistente, se pur pamphlettisticamente brillante, cortina fumogena a protezione di ben diverse realtà. Ne è riprova del resto il fatto che oggi, sorto appena uno spunto di querelle fra i partiti marxisti, questi stessi organi di stampa si sono schierati automaticamente a copertura delle tesi ufficiali del P.C.I.. Non diversamente del resto si comportano le frange di indipendenti, « rappresentanti del vecchio trasformismo meridionale>>, che, di fronte alla liquidazione delle sovrastrutture elettorali della Rinascita, si affrettano, oggi a Napolj e nel Mezzogiorno ·continentale, come ieri in Sicilia, a cercare ospitalità all'ombra del P.C.I., in esso riconoscendo l'elemento di continuità della politica della sinistra meridionale. E se pur per motivi diversi, concordiamo ·con l'Arf è nel considerare ovvia la candidatura di Labriola nelle liste .comuniste, riposante traguardo finale per gli ultimi screditati campioni del · trasformismo meridionale. Molto più chiaro ed esplicito e, secondo noi, aderente alla realtà, è invece il Locoratolo, che sostanzialmente accetta la tesi della funzione direttiva svolta politicamente ed ideologicamente dal P.C.I. in seno alla Rinascita, evitando così di impegolarsi in una serie di inconsistenti << distinguo ». Se è vero quanto sopra abbiamo detto, dovrebbe anche esser chiaro che il problema più urgente per il Movimento di Rinascita è, a nostro parere, quello di una sua riqualificazione, sulla base di un'aperta e coraggiosa revisione di tutte le sue impostazioni politiche. Non si può chiedere, naturalmente, nè è necessario, che una tale revisione si traduca di primo acchito in nuove teorizzazioni della questione meridionale. Chiediamo soltanto che si proceda ad un più sereno e meditato dibattito sui singoli problemi della società meridionale, superando quelle << deficienze di direzione politica, nazionali oltre che locali », che, come lamenta l' Arf è, « hanno isterilito la politica della Rinascita in una pura opera di agitazione e di propaganda>>; superando ancora ogni visione superficialmente massimalistica ed << orientale » del Mezzogiorno. In ciò è per noi il grande ruolo dei socialisti. I socialisti hanno il dovere proprio come dice il Locoratolo, di << rendere sempre più chiari i loro orientamenti su tutti i problemi del Paese e quindi del Mezzogiorno». A .far ciò li chiama, oltre tutto, la indicazione del corpo elettorale che nel Sud, prima ancora che nel Nord, ha reclamato, fin dalle elezioni siciliane [Il] Biblote.ca Gino Bianco

del '55, una politica che a sinistra sblocchi la ·realtà meridionale daìl'immobilismo nel quale l'ha costretta il Movimento di Rinascita sotto la direzione co1 munista. Nel momento in cui le destre cedono e rivelano nel loro sfaldamento la irrimediabile inadeguatezza del loro velleitarismo politico rispetto alle esigenze di fondo della società meridionale; nel momento in cui, anche per questo cedimento delle destre, si delinea un crescente intorbidamento delle posizioni democristiane e una sempre più equivoca traduzione della politica di riforma e di intervento in pratica di sottogoverno e di trasformismo, è necessario che nel Sud si levino chiare alternative democratiche e realistiche indicazioni di azione politica. La decisione socialista di concedere nel Mezzogorno alla D.C. un appoggio senza contropartita per la formazione delle giunte «difficili>>, onde liberarla da ogni tentazione di collaborazione a destra, ci è sembrata iniziativa veramente notevole. Ma su questa via mal si procederebbe partendo dalle rigide petizioni di principio del Locoratolo che esorta i socialisti a non << deflettere da quella che è stata e che rimane la loro analisi sulle strutture economiche della società meridionale e senza tralasciare l'orientamento ideale che in questi anni hanno avuto>>. Occorre, invece, come dice l'Arfè, che << il dibattito intorno ai temi centrali, teorici e politici, dell'azione del movimento operaio sia più che mai aperto>>.Il problema, dunque, (e siamo d'accordo) non è quello del « si stacca o non si stacca »; è, invece, quello di una politica nuova che risponda così alle aspettative di novità ormai diffuse· nelle masse meridionali, come alle obiettive esigenze di una difficile e pericolosa sitl1azione ambientale. (Del resto ai socialisti stessi non è mancata la sensazione dei limiti del gramscismo e della politica comunista, come appare da quelle iniziative di politica organizzativa e culturale, dal Con-- vegno di Matera al tentativo di elaborazione di una azione contadina,. che a1 bbiamo già sottolineato nell'inchiesta e nell'appendice). Un'azione socialista di questo tipo porrebbe fatalmente i comunisti di fronte a quelle aporie delle loro impostazioni donde è derivata la crisi evidente ed innegabile della politica delle sinistre nel Mezzogiorno. Nello stesso tempo un'azione socialista di questo tipo, proprio nella misura in cui i socialisti sapranno farsi portatori di una politica << delle cose » contro la politica comunista della demagogia rivendicazionista, porrebbe fatalmente la candidatura del P.S.I. alla direzione di un rinnovato Movimento per la Rinascita del Mezzogiorno. Poichè in definìtiva è questo ciò che noi [12] BiblotecaGino Bianco

chiediamo ai socialisti: che abbiano il coraggio di farsi essi centro propulsore di una nuova politica democratica della sinistra italiana. La responsabilità poi di una eventual~ crisi dei loro rapporti con i comunisti ricadrebbe su questi ultimi, qualora essi, come noi- crediamo, incapaci di rinnovare la propria azione politica, si rifiutassero di accedere ad una interpretazione dell'unitarismo che non giocasse esclusivamente a loro vantaggio. E i socialisti, nel proporre alle masse proletarie una nuova politica, rispondente alle esigenze presenti, si dimostrerebbero più preoccupati dell'unità sostanziale della difesa degli interessi popolari che dell'unità formale delle adunate e delle assemblee. ' A questo punto potremmo dire di avere finito; ci rimane però da replicare ad alcune osservazioni che Locoratolo e gli ispirator,i della sua recensione hanno creduto di muoverci. La prima è relativa ad un preteso limite del nostro studio, in quanto ristretto ai quadri socialisti e condotto a termine senza una sufficiente valutazione delle esigenze della base del P.S.I. Ora, a parte il fatto che non è esatto che noi non abbiamo avvici11ato dei militanti socialisti, le cui generalità peraltro no11presentavano interesse ai fini dell'inchiesta, è invece vero che, per ricostruire la storia del partito e valutarne la consistenza in ogni provincia, ci siamo preoccupati di intentendere la effettiva realtà di ogni situazione politica, nella complessa interdipendenza dei suoi vari elementi. E ciò, sia pur con i limiti connaturati ad un lavoro come in quello da noi fatto, se Locoratolo e i suoi amici ce lo consentono, è una maniera per non limitarsi ai << pettegolezzi » di vertice, ma per tener conto delle esigenze e dei problemi della base, non solo socialista, ma popolare nel suo complesso. Vorremmo però, a nostra volta, avere noi da Locoratolo, e dai suoi ispiratori, dei chiarimenti: 1) intendono essi che uno studio, un'indagine, una inchiesta, che abbia ad oggetto una realtà sociale presente o passata, debba essere condotta con un def~tigante ed irrealizzabile lavoro di analìsi di tutti gli elementi che la compongono, e che non si possano trarre invece delle valide deduzioni generali studiandone a fondo gli elementi più significativi? 2) che cosa vogliono intendere, Locoratolo e i suoi ispiratori, quando ricorrentemente postulano una dicotomia tra quadri e base del [13] Bibloteca Gino Bianco

P.S.I. in forza della quale inficiano la validità della nostra inchiesta ?· 4 sono o non sono questi quadri nel loro complesso (interni - di partito - ed esterni - elettorali e sindacali -) espressione piena e qualificata della mitica ·base socialista? e, se non lo sono, chi mai li ha eletti a quei posti di responsabilità e in nome di chi e di che cosa essi parlano? Se poi nella filippica di Locoratolo s,i voglia sottintendere che una piena e qualificata rappresentatività è da riconoscersi più ai quadri interni che agli esterni, è pur sempre questa una tesi pericolosa, e quanto mai discutibile. L'esperienza siciliana, cioè quella di una regione dove il P.S.I. è stato ricostruito ab imis fundamentis e con t1na fio1.1ituradi giovani quadri fra i migliori del Mezzogiorno, ci dimostra infatti la persistente tendenza dello elettorato socialista meridionale, nonostante ogni << nuovo corso», a riconoscersi con maggiore facilità in esponenti d,i vecchio tipo che in quelli di nuova formazione. Possiamo convenire che sarebbe meglio se tale tendenza fasse capovolta; ma chi studia una realtà si deve limitare alla situazione presente, senza confondere le speranze future con le meno rosee prospettive attuali. Quanto, poi, all'altra osservazione del Locoratolo (che noi cioè avremmo « volutamente ingigantito alcune posizioni personali fino al punto da considerare il partito in certe provincie quale strumento essenzialmente fondato su cricche o su posizioni opportunistiche ») non ci sembra davvero che essa sia stata fatta a buona ragione. Per cominciare, il Locoratolo stesso ammette che « anche nelle federazioni che noi abbiamo considerato fra le più efficienti vi siano situazioni poco chiare, proprio per una tendenza al clientelismo che ancora esiste». Che poi in alcune o in molte o in troppe zone la vita del P.S.I. sia afflitta da fenomeni deteriori di opportunismo, di personalismo o di trasformismo, fino a presentare talvolta « un quadro desolante>>, non è cosa che, evidentemente, possa essere imputata a noi. Si provi il Locoratolo a correggere e a rendere meno desolante il quadro che noi abbiamo dato della vita del P.S.I. in talune zone del Sud. E perchè, infine, saremmo caduti in contraddizione, sollecitando da una parte « che il P.S.I. svolga una sua politica nel Mezzogiorno ed a'bbia una sua visione dei problemi meridionali>>, e presentando dall'altra un quadro realistico delle gravi deficienze di molte locali dirigenze socialiste? Semmai, ci sembra, abbiamo voluto dire con ciò che, fra gli altri tanti gravi problemi che [14] Bibloteca Gino Bianco

il P.S.I. deve affrontare se aspira « ad un ruolo politico di importanza non· trascurabile>>,c'è anche il problema della formazione di un personale politico più qualificato d,i quello che spesso ancora rappresenta il partito nel Mezzogiorno. E' possibile che il Locoratolo si senta veramente in disaccordo con noi su questo punto? Ed ora abbiamo davvero finito, ed esaurito, -per quanto ci riguarda, la discussione sull'inchiesta. Sull'inchiesta, naturalmente, e non sul socialismo. nel Mezzogior110.A questo proposito, l'inv,ito, rivoltoci sia da Arfè che da Locoratolo, a seguire il dibattito che sembra essersi aperto nelle file socialiste sul tema dell'a2;ione meridionalistica del partito, ci trova senza altro . consensienti; e del resto que·sto è stato fin dall'inizio uno dei maggiori interessi di Nord e Sud. Vogliamo solo chiarire che il rilevare eventuali dissensi nelle file socialiste, non è detto debba necessariamente addebitarsi all'amore del pettegolezzo. Almeno per chi, come noi, crede al fecondo dibattito della • ragione operosa. , flS] Bibloteca Gino Bianco

DIECI ANNI DI CULTURA IN ITALIA La storiografia politica marxista di Rosario Romeo III Della interpretazione gramsciana del Risorgimento la storiografia marxista degli ultimi anni ha ripreso sopratutto la tematica politico-sociale, sforzandosi di svolgere e documentare in modo sempre più nutrito la realtà di una alternativa <<giacobina >> al Risorgimento. Minore rilievo hanno avuto invece i problemi di storia delle strutture impliciti, come si è visto, nella tesi del Gramsci, e che qui sopra si è cercato di discutere. Ne è derivata una ricchezza di temi e una articolazione dialetuica più ricca e vivace di quella consentita da una ripresa dei motivi più strettamente economico-sociali afftacciati dal Sereni; ma ne è anche seguìto che quella tesi è stata accettata senza alcuna meditazione dei gravi interrogativi eh' essa può e deve sollevare. Fatto, questo, che sottol1ineaun'altra caratteristica del recente marxismo storiografico italiano che nei primi anni l1a mostrato di possedere - con poche eccezioni - un.a scarsa confidenza con la problematica classica del marxismo, accentrata essenzialmente sui grandi temi economico-sociali dello sviluppo del capitalismo. Solo alcuni studi recentissi-- mi sembrano indicare, per questo rispetto, un netto miglioramento della • • s1tuaz1one. D'altra parte, se è lecito parlare di una corrente di studi marxisti sul Risorgimento, va tenuto presente che all'interno di essa vi sono differenze notevoli. E anzitutto, bisogna ricordare la particolare posizione di coloro -che, formatisi alla scuola dello storicismo liberale e della sua interpretazione del Risorgimento, soltanto in una seconda fase si sono <<convertiti>>al marxismo. Ardore di entusiasmi e intransigenza di linguaggio sono caratteristici <li questi studiosi della leva precedente non meno che delle reclute più gio- [16] Bibloteca Gino Bianco

\ vani: ma a guardar bene si scorge talvolta che la «conversione» è andata assai meno nel profondo di quanto non sospettino gli stessi convertiti. Assai caratteristico, a questo proposito, il caso di Aldo Romano, che fu tra i pri• mi ad accostarsi al marxismo. Studioso del R1 isorgimento meridionale, già prima della guerra si era fatto apprezzare per i suoi studi sul Pisacane; e ha ora iniziato la pubblica~ione di una Storia del movimento socialista in Italia (52 ), concepita secondo un disegno assai largo, e di cui la parte finora pubblicata già da sola testimonia un grande· sforzo di ricerca. Amplissima conoscenza del materiale, specialmente bibliografico, efficacia della narrazione, larghezza di prospettive, sono meriti indiscutibili dell'opera, alla quale pertanto non può farsi troppo carico della relat,iva ristrettezza della ricerca archivistica, limitata al solo centro di Napoli, e del resto assai fortunata: anche se da ciò deriva qualche squilibrio o errore di prospettiva. Ma alla base di tutto il lavoro sta una concezione del Risorgimento che è pur sempre quella della storiografia liberale. Nettissimo, da parte del Romano, che in ciò si distingue da tutti gli altri studiosi di confessione marxista, il rifiuto, appena velato da qualche esteriore cautela formale, della tesi del Gramsci (53 ), contro la quale egli fa valere le osservazioni di coloro che l'hanno tacciata da anacronistica sovrappos1 izione al passato di più tardi motivi polemici, e che hanno sostenuto il carattere arretrato e non progressivo della presunta alternativa giacobina della rivoluzione agraria (54 ). Col Risorgimento << si compì in Italia una profonda trasformazione dei rapporti sociali, si mutò sostanzialmente la struttura e la forma della nazione, e con l'unificazione politica e la formazione di un mercato solo per tutto il paese, e con una monarchia che accentrava il potere ed era al tempo stesso mandataria e mandante della classe borghese: ... e da allora, come un gran fiume che procede solenne... la storia della nazione si svolge per naturali sviluppi». Nessun'altra rivoluzione, neppure il fascismo, neppure la Resistenza, conosce la storia del nostro paese. Logico svolgimento di questo giud1izio, la ( 52 ) A. RoMANo: Storia del niovimento soc1:ali'stai·n Italia, Milano - Roma, 1954-56, Voll. 3. L'opera completa è prevista in 9 volumi. ( 53 ) Aperta-mente polemizza contro di essa, attribuendola però al solo Sereni, ivi, voi. I, p. 63: ma in nota rinvia a R. RoMEo: Il Risorgimento in Sicilia, Bari, 1950, p. 347 sgg., dove esplicitamente si rifiuta la tesi del Gramsci. E cfr. anche vol. III, pp. 99 sgg. e 217 nota 87. ( 54 ) Cfr. ~pec. la cit. p. 217 nota 87. (17] Bibloteca Gino Bianco

L positiva valutazione della Destra, alla quale, sulla scorta dell'Omodeo, del Rosselli, dello Chabod, si rico11osceil merito di avere risolto « problemi giganteschi», assicurato « efficienza e continuità>> agli ordini costituzionali, conquistato indipendenza morale e autonomia politica nelle relazioni internazionali, smorzato il grave dissidio religioso del Risorgimento. << Per la politica economica, l'aver saputo superare le gravissime ,diffico,ltà finanziarie ,dovute all'unificazione, e pur attraverso sacrifici gravissimi, l'aver raggiunto l'equilibrio di un bilancio modesto ma stabile: ferrovie, strade, ordinamento amministrativo, danno ora alla nazione il carattere di Stato moderno» (55 ). E' chiaro che con ciò siamo fuori non solo delle po,sizioni gramsciane, ma anche di qualsiasi forma di revisionismo, e di mitologia della << rivoluzione fallita»; perchè l'affermazione limitativa che un,a siffatta rivoluzione e una siffatta politica lasciarono tuttavia fuori della vita delloj Stato .interi settori della società rurale e cittadina, e che di conseguenza dopo il 1860 suona nella storia d'Italia l'ora delle masse, che con le agitazioni e le varie forme di s.ocialismo cer~ano di aprirsi la via a _un adeguato assetto della società nazionale e nello Stato, non designa affatto una posizione revisionistica, ma un concetto scientificamente maturato e p.Ccettatoda tutti gli studiosi. Senonchè, proprio in tale quadro complessivo appaiono p1 iù difficilmente comprensibili le violente requisitorie, di tono acerbamente moralistico, alle quali l'autore si abbandona a ogni pie' sospinto contro la ·borghesia e i governi del Risorgimento e dello Stato unitario. Rileggendo l'esposizione dei rapporti tra il capitalismo e lo Stato (56 ) durante ii.I governo deJla Destra, raffigurati non solo in termini di asservimento di questa ai peggiori affaristi del paese, ma spesso addirittura in termini di scandali e di lo,sche complicità, vien fatto di chiedersi come possa giustificarsi questa esposizione di fronte al giudizio complessivo sulla politica eco·nom1 ica della Destra riferito di sopra; come possano sostenersi, di fronte a questo più ampio e spiegato atteggiamento storico, le critiche alla politica del pareggiio di un Sella, tanto meno audace e creativa certo di quella di un Cavour, ma re,alizzata anche in tutt'altre circostanze, e quando tutt'altro era l'ordine dei compiti che si ponevano agli uomini di governo. Perplessità non minori suscita la ( 55 ) Ivi, vol. III, p. 240 sgg. ( 56 ) Ivi, val. III, pp. 11-105. [18] BiblotecaGino Bianco

interpretazione del primo decennio di storia del socialismo nell'Italia unitaria. L'intuizione dalla quale muove il Romano, la continuità cioè fra la tradizione garibaldina e il primo socialismo nostrano, e in particolare la persistente vitalità del pensiero del Pis,acane e di quello federalista in alcuni importanti filoni di quel moto, era certo assai seducente: ma a questa ricerca si sovrappone, fino a soffocarla, il tentativo di dimostrare a ogni costo che il Bakunin fino al 1872 non ebbe alcuna influenza in Iia1ia dove fino a quella data solo il Consiglio Generale di L.ondra, guidato da Marx ed Engels, avrebbe suscitato e diretto l'organizzazione socialista. Tesi, questa, di impossibile dimostrazione, m.a per la quale il Romano si impegna, 'affatto gratuitamente, in uno sforzo che par quasi di destrezza e di abilità combinatoria di testi e di documenti che .occupa quasi interamente i primi due volumi, e che fallisce interamente al suo scopo. Per il Romano il bakuninismo, quasi inesistente in Italia fino al settembre 1872, avrebbe fatto irruzione e conquistata tutta l'organizzazione dell'Internazionale in Italia nei pochi mesi che vanno dal settembre al dicembre di queil'anno (57 ). Assolu~amente non intesa rimane p.oi la figura di Bakun1 in, ridotto alle dimensioni di uno scroccone, vanesio, ambizioso, intrigante e persin traditore e deviazionista (58 ), invece che illuminato nella eredità romantica e nel ribellismo individualista che lo caratterizzarono e che gli permisero di farsi strµda entro larghe masse arretrate che in tal modo si accostarono per la prima volta al socialismo. Per di più, questi atteggiamenti non sono neppure ben fermi in tutta l'oper,a: chè alla fine è dato leggere un giudizio di tutt'altro tono sul Bakunin (59 ), mentre nell'esposizione delle vicende dell'internazionalismo dal 1872 alla « svolta >> di Andrea Costa il piglio polemico si attenua in un tono d,i lieve ironia non scevra tutt,avia di rispetto, che appare in verità assai più accettabile. Ed è questa incertezza di idee direttive e questa contraddittorietà un limite di un po' tutta l'opera, qua e là inficiata anche da equivoci assai singolari (60 ). ( 57 ) Ivi, vol. II, pp. 164-65, 208. ( 58 ) Di tradimento e di deviazionismo si parla nel vol. I, p. 126. ( 59 ) Ivi, vol. III, p. 251. ( 60 ) Ne segnaliamo due, di un certo rilievo. Nel vol. III, p. 33, a riprova del1' affermazione che lo Stato della Destra faceva una politit1a nell'interesse dei capitalisti si cita l'ovvia presa di posizione del Sella a favore della tassazione sui redditi e non sui capitali: principio, questo, valido per qualsiasi ordinamento finanziario. [19] Bibloteca Gino Bianco

P,arzialmente an~loga a quella del Romano la posizione di Paolo ..Alatri, anch'egli venu~o su nell'ambiente storicistico e liberale, e anch'egli passato in seguito al marxismo. Scrittore assai fecond.o, la sua produzione comprende una liicca serie di studi intorno al cattolicesimo liberale, alla storia della Itialia unitaria, alle origini del fascismo, nei quali si è fatto sostenitore di un'interpretazione quanto più possibile aderente alle posizioni gramsciane. Ma fino a che punto queste nuove posizioni abbiano sostituito ,le antiche e fino a che punto queste continuino invece a dominare il suo pensiero, si scorge sopratutto nel suo lavoro più impegnativo, dedicato al governo della Destra in Sicilia (61 ). Di esso ci siamo già ,occupati in questa rivista ( 62 ); e pertanto ne dire1no adesso solo quel che basta a giustificare l'affermazione fatta di sopra. A d1 ifferenza del Romano, l'Alatri non rifiuta la tesi del Gramsci, ma se ne fa anzi sostenitore; e in 1 b 1 ase ad essa cerca di interpretare la politica autoritaria della Destra in Sicilia come frutto dei problemi non risolti del R1 isorgimento, e dominata -perciò essenzialmente da preoccupazioni di difesa di classe. Ma la violenta requisitoria che domina specialmente nella prima p•arte dell'opera trova la sua confutazione nelle successive attenuazioni dell'autore, e sopratutto nel quadro storico da ques~i disegnato, che ancora una volta appare inadeguato a sostenere e giustificare quelle retr.ospettive polemiche. Sofferenze e repressioni e arbitri polizieschi e di governo: ma intanto veniva attuandosi il processo di concentrazione capitalistica, dal quale solamente « l'isola poteva e doveva attendersi i miglioramenti e il progresso ai qu1ali il sottile strato della classe dirigente mirava e per i quali si prodigava con l'energia, il disinteresse .personale, la coscienza unitaria e nazionale che l'avevano fatta protagonista delle lotte risorgimentali>>(63 ). Con ciò il giudizio storico appare chiaramente stabilito, e di fronte ad esso è assai diffioìle ridurre solo principalmente alla difesa di classe la politica dei governi di Destra in Sicilia; e tanto meno è possibile trovare Ancora nel vol. III, pp. 239-40, si attribuisce al Croce l'interpretazione della caduta della Destra addirittura con1e prova della << poca serietà morale » del popolo italiano, (:he è invece proprio uno degli i'dola criticati dal CRocE: Stor1:ad'Italia dal· 1871 al 1915, 6a ed., Bari, 1939, pp. 5-6. ( 61 ) P. ALATRI: Lotte politiche 1:n SZ:c1·1s1o:tato il governo della Destra (1886-74), Torino, 1954. ( 62 ) Cfr. Nord e Sud, II, 1955, n. 2, p. 123 sgg. ( 63 ) ALATRI, p. 449. [20] Bibloteca Gino Bianco

una giustificazione all'atteggiamento polemico e accusatorio rifugiandosi nell'assai dubbia distinzione dei 'beni' e dei 'mali' (64 ). Anche qui insomma la forza e la coerenza dell'interpretazione l,iberale del Risorgimento continua ad operare anche in chi crede di averla rifiutata, è di ostacolo alla piena e coerente accettazione di una nuova metodologia, e finisce per dar vita a un contrasto che non giova alla interiore unità dell'opera scientifica; anche se per tal via questi scrittori riescano probabilmente a restar più vicini alla realtà storica di chi invece le nuove posizioni ha ab·bracciato senza alcun freno e controllo critico. IV A un coerente svolgimento delle posizioni gramsciane si ispira invece il grosso degli studi sul movimento operaio, che nella storiografia marxista degli ultimi anni hanno ~vuto un grande sviluppo. Sottolineare la vastità e la forza potenziale della pressione contadina prima del 1860 allo scopo di dimostrare la concreta possibiliitàdi una rivoluzione agraria, e di rovesciare sull'arretratezza politico-socµle della borghesia la «colpa» della sua mancata realizzazione; e stud,iare i movimenti operai e contadini e il progressivo affermarsi delle tendenze socialistiche come risultato dei limiti e delle contr~ddizioni della soluzione risorgimentale, sono state finora le direttive fondamentali di questa fioritura di ricerche. Un a•pporto notevole ha dato a questi studi la milanese Biblioteca G. B. Feltrinelli, che, con la sua rivista Movimento Operaio, e affiancata da un Centro per la storia del movimento contadino, è riuscita nei suoi sei ,o sette ann1 i di vita a promuovere una serie di vaste esplorazioni di biblioteche e di archivi e a riunire nella sua biblioteca un materiale raro e importante; e che sopratutto ha raccolto attorno alla sua rivista un nucleo assai attivo di studiosi (non tutti marxisti, per la verità), ai quali già si deve una mole considerev.oledi ricerche e di contributi che molto han fatto progredire 1e nostre conoscenze in questo settore. Si può dire anzi che per gli studi storici mar~isti Movimento Operaio ha finito per assumere un significato concretamente più rilevante delle grandi riviste teoriche e di generale orientamento ideolog,ico come Società e Rinascita. Studi su particolari momenti del moto operaio e contadino, documenti, ( 64 ) Per tutto ciò cfr. il cit. RoMEo, in Nord e Sud, II, 1955, n. 2, p. 123 sgg. [21J Bibloteca Gino Bianco

cronache locali, bibliografie, inventari di fondi archivistici, caratterizzano sopratutto anche se non esclusivamente la rivista; fascicoli speciali assai n.otevoli sono stati dedicati ad Andrea Costa (65 ), ai fasci s1 iciliani ( 66 ), alle origini e primi sviluppi del movimento contadino dopo il '60 (67 ). Non è qui possibile dar conto di un così ricco cor1tenuto, e neppure degli articoli di maggior significato, per questa come per altre riviste; e basti dunque l'aver indicato la collezione di questo periodico come una raccolta di studi e di materiali ormai indispensabili per la storia di questi problemi. I Nello stesso quadro possono essere ricordati taluni studi più ampi e di maggiore impegno apparsi in volume negli stessi anni. Così il saggio di Alberto Caracciolo sul movimento contadino nel Lazio dalla breccia di Porta Pia al 1922(68 ), che ci peri.nette di cogliere il moto nelle sue origini sociali e di seguirlo a partire dal suo primo manifestarsi, dopo il 1880, in sèguito alla penetrazione dei rapporti giuridici borghesi nelle campagne, con la connessa soppressione di usi civici a cui' non corrisponde per altr.o un effettivo progresso dei rapporti di produzione. Con la crisi agraria, e grazie ai legami che si stabiliscono col·.moto socialista, le agitazioni contadine si diffondono nell'ultimo decennio del secolo, e si estendono su una scala impressionante nei primi anni di governo di Giolitti, portando a miglioramenti salariali, invasioni di terre, modifiche dei patti agrari, progresso della produzione agricola e dei rapporti civili, come un po' dovunque ,avvenne allora in Italia. L'età giolittiana più matura segna una attenuazione della lotta di cla$se, che invece si intensifica poco prima della guerr,a, ed esplode poi violentissima alla fine del conflitto. La vicenda delle agitazioni, scioperi, invasioni, occupazioni e messa a cultura di terre incolte, dal 1919 al 1921, segnq la fase di massima espansione del movimento e recò ai contadini concreti vantaggi, che s.olo in parte vennero poi cancellati dalla reazione fascista e dall'incapacità per molti quotisti di conservare a lungo il possesso della terra acquistata. Il volume del Caracciolo è il solo studio che finora sia stato condotto su scala regionale intorno al movimento contadino; e nonostante lacune ed insufficienze di cui l'autore è ben consapevole, deve anche a que- ( 65 ) Movimento Operaio, N.S.~ IV, 1952, n. 2. ( 66 ) Movimento Operaio, N.S., VI, 1954, n. 6. ( 67 ) Movimento Operaio, N.S., VII, 1955, nn. 3-4. ( 68 ) A. CARAcc10Lo: Il movimento contadino nel Lazio (1870-1922),Roma, 1952. [22] BiblotecaGino•Bianco

sta larga prospettiva la possibilità di meglio intendere storicamente i singoli momenti del processo. Una ricostruzione del movimento operaio su scala nazionale, fino alla fondazione del partito socialista, ha tentato invece Gastone Manacorda ( 0 ). Il disegno dell'opera è assai meno ampio di quella del Romano; ma diversa è anche l'impostazione della _ricerca.Rifacendosi alie abitudini dì esattezza e di prudenza nell'indagine che son diventate caratteristiche di questa fase degli studi sul movimento operaio, il Manacorda si è proposto dì accertare i momenti cardinali di quella stòria facendo perno sui Congressi oper;ii delle varie correnti, nei quali realmente vengono alla luce i problemi profondi di tutto il movimento. C'è, naturalmente, il rischio che in questa ricostruzione il momento deliberativo acquisti più peso di quello dell'azione, che il dibattito ideologico e teorico assuma un ecces-sivorilievo rispetto alla agitazione e alla lotta. Ma a questo pericolo il Manacorda sfugge presso che interamente, grazie a una approfondita conoscenzla e meditazione della problematica del movimento operaio, in funzione della quale ogni congresso acquista il giusto rilievo in una adegnata ptospettiva storica. Alla ricchezza di notizie e documenti nuovi si aggiunge perciò una più attenta individuazione dei nessi e dei rapporti che legano le varie fasi e le molteplicj forze del movimento, finchè non troveranno il loro organico sbocco e la loro più chiara coscienza nel nuovo partito di ispirazione turatiana. Questo stùdio resterà perciò fondamentale per una migliore intelligenza dei processi a volte sottili e nascosti attraverso i quali le primitive società di mutuo soccorso si trasfor,mano in leghe di resistenza e le unioni indifferenziate dii operai cedono il passo alle associazioni di mestiere; le influenze moderate vengono sostituite dal mazzinianesimo, e questo, in gran parté, dall'internazionalismo; le organizzazioni oper,aie lombarde si staccano dalla dem.ocrazia borghese e danno vita al partito operaio di Osvaldo Gnocchi-Viani; finchè con la svolta di Andrea Costa il socialismo esce dall'anarchismo internazionalista, e postula, se pure in forme insufficienti, una esigenza unitaria che maturerà solo più tardi con l'incontro_ fra partito operaio e intellettuali socialisti, attraverso il quale, come disse Turati al Congresso di Genova, << la ( 69 ) G. MANACORDA: Il movimento operai·o italiano attraverso i suoi congressi (1853-1892), Roma, 1953. [23] Bibloteca Gino Bianco

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