di aver verificato e posizioni da cui non intendiamo scostarci: dopo un anno, più preoccupati di allora dalla ri1presa di velleità « nazionali », e dalla disgTegazione politica che ne è derivata, riscriveremmo la stessa nota che abbia1no scritto nel maggio scorso, che si intitolava « Periferia dell'Europa», che dimostrava il condizionamento tra mercato europeo e piano Vanoni, che parafrasava la formula risorgimentale del « primato francese ed iniziativa italiana » in quella del « primato europeo ed iniziativa italiana» come indirizzo su cui orientare tutta la ,nostra politica estera. Ma, s~ afferma, « il Paese ha bisogno di una politica estera che tenga conto di quanto di nuovo si va verificando nella sjtt1azione internazionale, anche se, come è ovvio, occorre 1nuoversi con prudenza, non dimenticando mai le alleanze tradizionali e non improvvisando inutili giri di valzer». Questa affermazione o non dice_niente, o dice troppo senza aver l'aria di troppo dire. È in o~ni caso una proposizione da respingere, specie se poi diventa la premessa di certe considerazioni, che a noii sembrano prestarsi a molti equivoci, sulìa nostra politica estera, passata e presente. Eppure, anche questa proposizione la si legge su un settimanale intelligente e rigoroso come L'Espresso. Noi non vorremmo che gli amici de L' Espre~so, traspo,rtati dalla l1 oro generosità d'intenti, dalla legittima insofferenza per tante manifestazioni della vita italiana che li offendono (e ci offendono), dalle abitudini giornalistiche e dall'impegno stesso che con grande spirito di indipendenza si sono assunti, di restituire tono e dignità alla informazione e aJlla critica politica nella stampa setti1nanale italiana, non vorremmo, dicevamo, che essi finiscano inconsapevolmente per avallare certe posizioni che non sono le nostre e non dovrebbero essere le loro. Non si tratta del solito argomento di cc fare il gioco>> di questi o di quelli: si tratta di avere sempre presenti le proporzioni ,dei varii problemi e le connessioni fra essi. E si tratta nel caso in questione di non lasciarsi suggestionare da alcune prospettive ingannevoli. Così, per paura domani di una Europa « carolingia >>,o addirittura cc pontificia », si potrebbe sottovalutare il fatto che siamo oggi in presenza di un'Europa balcainizzabile; per la preoccupazione di fare dell'Italia, nel mercato comune e nello stato sovranazionale europeo, la << Basilicata d'Europa » ( cos.ì diceva, ricordiamo, in poil.emica con noi, l'amico Cocco Ortu), ci si potrebbe trovare poi ad aver avallato una nuova velleitaria politica mediterranea; per troppo sofisticare sul « clericalismo » di Adenauer, ci si potrebbe trovare a fare i conti con il liberalnazionalismo di Dehler e soci; per suggestione di Mendès-France, ci si potrebbe imbarcare con De Gaulle. E infine, per entusiasmo di fronte al revisionismo atlantico di Gronchi, si potrebbero sottovalutare altri aspetti del revisionisn10 atlantico, che sono pt1re im·portanti: come per esempio che non [39] BiblotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==