tosi inefficiente a risolverli l' esecutivo, nonostante l'ampiezza dei poteri arrogatisi, non rimane che da sperare nella magistratura, che starà istruendo i vari procedimenti a carico degli « uomini di Aspromonte » e del loro « re Travicello ». GIOVANNI CERVIGNI Meridionali a Torino Dicono che dieci anni fa Torino era ancora una città torinese. Nonostante la guerra e le preoccupazioni portate dalla guerra, i torinesi avevano ancor,a forza ed animo di autodefinirsi « ris.orgimentali », puri discendenti di nobili eroi non solo, ma gente che nella propria città si sente a buon diritto protetta e consolata, come in una bella grossa casa padronale. Infatti, i torinesi, prendi quelli del centr.o o quelli delle « barriere >>, nobili oppure operai, amavano ritrovarsi nei locali pubblici consacrati dall'abitudine e dalla tradizione, giocare a carte e rivolgere la parola in dialetto, sicuri di essere compresi e corrisposti. Fino a dieci anni fa - dicono - Torino era ancora una città rispettabile. Ma oggi, a dieci anni di distanza dalla fine della guerra, Torino ha cambiato faccia~ e poco lontano dalle belle piazze q1.1iadrate,le « piazze salottò >>, le piazze delle guarnigioni sabaude, e dai palazzi severamente barocchi, severame11te aristocratici, severamente personali, sono nate buffe, grottesche, meschine costruzioni di legno, cartone, latta, masonite, ove lo sporco e la promiscuità la fanno da padroni, e dove <<stranieri >> dagli occhi grandi e isterici « alloggiano e non se ne vogliono andare ». A dieci anni di distanza Torino non è più una città di torinesi, ma un formicaio di famiglie e individui venuti da .ogni regione d'Italia che al rigoglioso ceppo torinese si sono avvinghiati per suggerne una vita che prima non avevano. Qui, la fìum.ana si è congelata, si è ramificata, prendendo d'assalto i quartieri ed altri creandone, sia pure con gli oggetti della miseria: legno e cartone, latta • e masonite. Dicono i torinesi auten_tici, quelli, per intenderci, i cui cognomi finiscono in <<ero» (Ferrero, Cannonero, etc.) o i Pautasso, o i Chiavass,a o i Marengo, e che ricordano, per tramandata memoria, i discorsi di Carlo Alberto quando chiedeva dei suoi ministri dissidenti radunati, per il tè, [76] Bibloteca Gino Bianco
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