• formula. Quello che è veramente importante - ci sembra di capire - è che la cosa abbia luogo dal di dentro. Altro che tavolini roco,cò! E qui ci sia lecito abbandonare il critico comunista alle sue discettazioni estetiche a base di « Lumpenproletariat », « repressioni poliziesche », « cricca clerico-moderata », cc fermenti politico-sociali », cc razzie naziste », ecc. - me ... diante le quali egli ter1ta di lumeggiare la figura e l'opera di Raffaele Viviani - per indicare in qual senso· ed entro quali limiti qtiesta ricca edizione del poeta napoletano può rappresentare una positiva sorpresa per il lettore e per il critico. Ed a tal proposito è oppo•rtuno - per dovere di obiettività - avvertire che la tendenziosità dei curatori del volume si è limitata alla parte critica d'introduzione, senza trasparire nella scelta delle poesie, che ci pare la più rappresentativa possibile (salvo, naturalmente, il giudizio implicito nella stessa disposizione delle liriche, e segnatamente l'aver posto come frontespizio e premessa a tutto il volume, la poesia « Guaglione », che non è certo tra le eccellenti del Viviani, e termina cOIIlaccenti alquanto predicatori, da ,e letteratura socialista » appunto). I Canti della Gu,apparia, che sono la prima raccolta, ci co,nducono al centro della poetica vivianesca con quindici versi di prologo che sono veramente l'espressione plastica del guappo napoletano com'esso è stato consacrato dalla tradizione, metà uomo e metà mito, guascone e generoso. Ma in questa raccolta soprattutto si valuta appieno la equiv·ocità della tesi di un realismo popolare vissuto e rappresentato dal di dentro, senza cedimenti e senza ironie. Ci pare che invece un mito naturalistico, quello del « capo 'e succità », del delinquente terribile e magnanimo, vi si liquefi senza scampo nell'atteggiamento iro,nico di chi da siffatti romantici clichés e sappia e faccia 1nostra di tenersi lontano. La possanza e l'autorità del guappo vi vengono esagerate - e direi dileggiate ·- fino al grottesco, se pur con mano leggera, indulgente. Egli viene trattato come un personaggio o,rmai sepolto in una mitologia oleografica ed esaltata, quasi come Russo guardava ai paladini di Francia del suo Cantastorie, con ,scoperti intenti parodistici da cc Miles gloriosus » : 1nillantatore ( « Pe' me 'a prigione / comme fosse 'nt\ casino / ca ce vaco a villeggià »), sbrigativo co1nle donne ( « 'N a femmena ne manno e tre ne piglio / e quanno l'aggio avute nun 'e voglio! »; <e Che aggia fà si songo bello / te ne vaie, peggio pe' tte! » ), ma agevolmente e comicamente esautorato da due occhi «maliardi» (« Pecchè t'aggiu vuluto troppo lbene / m'hè fatto addiventà 'nu zerri-zerro ... »), ecc. Anche se è proprio questo coté umoristico, alquanto esteriore, del Viviani (che poi fa tutt'uno co,n quel cc minore impegmo » umano che gli attribuiva il Pasolini, nel citato scritto, nei confronti di Ferdinando Russo) a trattenere questi Canti della guapparia al di qua della poesia. « Sanguetta », che vuole esserne la prova più impegnativa, è più delle altre una cosa mediocre, dove la parodia s'impasta con certi toni naturalistici troppo correnti ed epidermici. Ed anche in « Bammenella », che [53] I Bibloteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==