uomini peraltro schiettamente democratici, ma forse animati - in tutta buona fede. - da un malinteso zelo antimonopolistico. , Dovrebbe essere sufficientemente chiaro come· non sia nè necessario. nè sufficiente tenere ad una' quanto si voglia grande distanza chilometrica dalle regioni meridional~ le iniziative facenti capo a gruppi monopolistici, per eliminare le consegue~ze nefaste dell'esistenza di detti gruppi sull'economia di quelle regioni e sull'economia nazionale in genere. Se si adotteranno gli strumenti legislativi atti ad evitare le formazioni di situazioni monopolistiche (come, p. es., la legge sui giacimenti petroliferi), o le provvi- · · denze idonee ad eliminare quelle attualmente consolidatesi, o, ancora, i mezzi efficienti a contenerne e possibilmente ad evitarne gli effetti dannosi; allora non avrà importanza alcuna - ed anzi potrà ben essere utile - che i detentori di queste situazioni investano nel Mezzogiorno i propri' capitali. Ma se dai ~onopoli non ci si saprà difendere secondo queste vie, a nulla varrà limitare l'espansione delle loro attività al Nord anzichè al Sud. E, casomai, sarebbe proprio stimolando quelle sane energie imprenditoriali settentrionali, che oggi - causa, appunto, l'esistenza di quei monopoli·- non riescono ad incrementare le proprie attività, e quindi a rivolgere i propri capitalii anche verso il Mezzogiorno, che si potrebbe ravvivare un sistema concorrenziale. È comunque assurdo ed ingiustificato confidare nelle sole energie imprenditoriali meridionali - insufficienti, quantitativamente e qualitativamente, per cause obiettive tanto ovvie che è inutile menzionare - per conseguire la « rinascita » economica del Mezzogiorno. Bisogna respingere, totalmente e decisamente, certe formule che perseguono - e 110n troppo ascosamente - degli intenti smaccatamente demagogici ed elettoralistici: quegli intenti che ieri, sul piano internazioqale, fur?no perseguiti attraverso un deteriore nazionalfascismo, ed oggi, sul piano nazionale, si vorrebbero perseguire attraverso l'esaltazione di quanto di provinciale e campanilistico sussiste in certi ambienti produttivi meridionali. In quanto al fattore lavoro, mentre rimandiamo a quanto si scrisse sul n.0 12 di Nord e Sud (F. COMPAGNA, Il « secondo tempo » della politica meridionalista) per quanto concerne i motivi che rendono necessaria una più lata emigrazione (interna ed esterna), vogliamo rivolgere l'attenzione a quanto O. Zuccarini scrisse su Il Mondo del 13 dicembre e ripetè in seguito nella sua lettera del 10 gennaio: « Industrializzazione? Si, anche questo. N~n già, però, come pensa Vanoni, trasferendovi 600 mila lavoratori specializzati, ciò che finirebbe con l'aumentare la disoccupazione dei nativi e a spingerli fuori del paese, aumentando il disagio e i motivi di astio e di malcontento. Attivando invece le capacità e anche l'iniziativa locale. » Ebbene - a prescindere dal fatto che « Vanoni pensa» di trasferire 600 mila lavoratori dal Sud al Nord - ci chiediamo: sarebbe proprio u~ 1671 Bi lioteca Gino Bianco -
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