voluta imprecisione programmatica, quello del « Piccolo» di Napoli ci lascia in uno stato di perplesso sgomento. Quale eco potranno avere queste pianissime e diremmo ovvie considerazioni, quando ci si vede proporre il ·teatro degli Achard e dei Feydeau e la stampa cittadina perde· il suo tempo ocèupandosi della opportunità di recitare al teatro di corte e della sua acustica poco soddisfacente? GIULIO SALVI Il .punto sull'industr:alizzazione Sul finire dell'anno scorso ~ e, precisamente, in data 22 dicembre - Il Giornale d'Italia volle offrire ai suoi lettori, nel lodevole intento di « contribuire alla chiarificazio-ne delle idee, presupposto necessario all'efficacia delle realizzazioni », un vasto assortimento di « punti di vista » espressi da alcuni competentì nei riguardi del problema (economico) meridio,nale. La raccolta presentava caratteri di un'estrema, complicata eterogeneità; di tal che - senza voler recare offesa alla intelligenza dei lettori del quotidiano ro- • mano - dubitiamo fortemente che essa abbia potuto sortire effetti' benefici in merito ad una « chiarificazione delle idee ». Tuttavia, la elencazione di pareri tanto discordi e contrastanti, spesso già noti da tempo, ci offre il destro per riassumere e riconfermare unitariamente le nostre posizioni sui temi della industrializzazione del Mezzogi·orno, insistendo più esplicitamente su ·alcuni dei suoi aspetti più controversi od incerti: ci pare, insomma, che sia 'il momento d~ fare il punto sul Mezzogiorno, ai fini della sua industrializ- • zaz1one. Un problema sul quale veramente, come osservava Santi Savarino nel presentare il numero speciale del suo giornale, « s'è tanto detto e scritto », e molto di quel tanto _.:_sempre come osservava il Savarino - spesso s'è detto e scritto con « piglio dilettantesco ». Del quale « pigli!o dilettantesco » egli stesso, del resto, evitando al lettore la fatica di una ricerca esemplificativa, offre poco più oltre, nel contesto della sua presentazione, prove personali, calzanti e luminosissime: là dove afferma, ad esempio, che « nessuno ebbe tempo di preoccuparsi delle strutture e delle difformità economiche dei vari Stati e delle varie regioni che perciò rimasero intatte nel nuovo Regno » per i'l motivo ... che il processo storico dell'unità italiana « fu un fatto puramente politico, u,n fatto altamente ammirevole per la purezza del sentimento che lo animò e per l'estremo disinteresse col quale fu perseguito »; oppure là dove sostiene che, dopo l'unificazione, non fu possibile sanare quelle difformità « e per ragioni obiettive [forse l'impresa libica, o quella etiopica?] [61] I ' . r Biblioteca Gino Bianco •
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