Nord e Sud - anno III - n. 15 - febbraio 1956

classi popolari. Vi fu perfino la celebre riserva repubblicana di Gino Meschiari, cui l'Assemblea non mancò di indirizzare ululanti proteste, riconoscendosi monarchica nella sua stragrande maggioranza e pretendendo l'ufficialità per tale autoriconoscimento, nonostante che i più autorevoli ' leaders avessero già chiaramente dimostrato di non desiderare pregiudiziali istituzionali in alcun senso. Il discorso del Corradini in quella bellicosa adunanza restò famoso, e segnò certo una data storica nello sviluppo del movimento: in _esso è possibile riconoscere tutto il linguaggio di Mussolini già capo del governo. Citeremo alcuni dei passi più significativi: << Se la Tunisia fosse stata italiana invece che francese non vi sarebbe stata una depressione siciliana »; « invece di assoggettare alla nqstra cultura lo spirito straniero, abbiamo assoggettato il nostro spirito alla cultura straniera »; << ci sono nazioni proletarie, come ci sono classi proletarie » (il vecchio slogan ebbe in questa sede il suo crisma ufficiale); << non c'è bisogno d'essere ricchi per conquistare un Impero>>; « La guerra è l'atto supremo, ma l'affermare la necessità della guerra comprende il riconoscere la 11ecessità di prepararsi alla guerra e di preparare la guerra, cioè comprende un metodo morale ed un · metodo tecnico>>. Dopo di lui nella sua relazione sul problema dei rapporti fra il nazionalismo e gli altri partiti e raggruppamenti politici, Maurizio Maraviglia affermava in uno stile perfettamente antemarcia: « Noi dobbiamo considerare e ridurre tutti i problemi della vita italiana, quali ne siano i loro scopi immediati ed apparenti ed i loro riflessi tecnici e sociali, a due grandi problemi tra loro intimamente connessi ed interdipendenti: un problema di ordine e di disciplina interna (il corsivo è nostro) ed un problema di guerra ». Dopo affermazioni così chiare e compromettenti, molti convenuti si dimostrarono incerti, esitanti, fra11camente preoccupati. Giuseppe Fraquinet, radicale, non esitò a rivelarsi abbastanza sconc~rtato per gli accenti eccessivamente « antipopolari >>di Corradini e Maraviglia, ed a prendersela con Federzoni per la sua prudenza in tema d'irredentismo. Giovanni Borelli fece anch'egli sentire la sua voce in difesa della partecipazione al movimento nazionalista di giovani liberali e di repubblicani. Gino Meschiari dimostrò naturalmente di condividere questa totale in-• comprensione della natura del movimento e delle vere convinzioni di chi ne era l'anima. [106] Biblioteca Gino Bianco

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