Nord e Sud - anno II - n. 13 - dicembre 1955

.. ninici, che per ·vecchia consuetudine si tengono in Abruzzo verso novembre, han cominciato ad andare deserte. Malinconiche e fredde come le giornate dell'autunno sono apparse ai rari affezionati le aule dei comuni montani, una volta per l'occasione rumoreggianti di gente. Tempi duri corrono per i superstiti massari. E probabilmente essi hanno davvero toccato l'estremo della parabola, se non sono più in grado di assumersi l'impegno biennale di un qualsiasi pur modesto pascolo estivo. Ma, per essi, non si prospetta certo migliore la situazione al piano, nell'Agro, in Maremma e nel Tavoliere, dove gli agricoltori affittano i loro medicai (esclusa la falciatura di maggio, che resta a beneficio dei proprietari) per le astronomiche cifre di 40 o 50 mila lire all'ettaro. Sono molti a non sapere che, per alimentare un semplice branco di pecore, per una stagione, occorrono diecine di ettari e somme elevate; ecco perchè non è molto nota la dolorosa vicenda che stanno vivendo interi paesi dell'Appennino centrale, che fondavano la loro economia sull'allevamento degli ovini, e migliaia di famiglie di pastori, che si vanno riducendo sul lastrico per la stessa ragione. Va scomparendo inesorabilmente la tipica figura del massaro, quello che girava a cavallo fra i mercati dei paesi, o in giacca di fustagno per Piazza della Rotonda; il suo gregge si è andato assottigliando giorno per giorno, ceduto capo a capo ai proprietari dei pascoli invernali; finchè l'ultimo branco non è stato mandato al macello per far fronte alle spese dei figli, decisi a cercarsi all'estero una nuova attività (s'è detto <<ceduto» e non «venduto» perchè, nell'inverno scorso, alcuni pastori, scesi al piano in cerca di medicai, han dovuto <<cedere» le loro bestie a 3.500 lire l'una, pur di non affrontare le spese di doversele ricondurre in montagna). Scompaiono i moscetti, i piccoli pastori, quelli che conducevano l'azienda in stretta economia famigliare: inghiottiti dai grossi proprietari terrieri o ricacciati sui monti a menar la vita grama del gregge stanziale. Resistono appena· i grossi armentari che posseggono l'erba nell'Agro. Tutto ciò è stato messo amaramente in rilievo. Naturalmente, la ragione ultima di questa crisi è stata ricollegata alla rarefazione dei pascoli invernali, ridotti di entità a causa della legge di riforma. È spiegabile, quindi, che la Riforma stessa s'è presa la sua parte di critiche (ma qui noi non vogliamo criticare la Riforma, essendo pienamente convinti della sua necessità e della sua utilità; solo ne discutiamo un aspetto, che a nostro avviso avrebbe meritato ben più meditato studio nei confronti di un'economia sorpassata, ma insostituibile senza suscitare gravi squilibri sociali). Il prof. Rivera, che non da oggi è uno dei più accaniti difensori della pastorizia, per sostenerne il confronto con il rendimento dell'agricoltura in montagna, ha esposto il seguente calcolo: un ettaro di terra arida, coltivata a grano assorbe circa 26 giornate lavorative all'anno; un ettaro di terreno [56] Biblioteca Gino Bianco

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