hànza acquisita il cittadino che se ne renda indegno per la propria còrìdotta. Il rinvio degli <<indesiderabili», dunque, non è un fatto che si verifica esclusivamente per l'Italia e solo in questo dopoguerra. Crolla quindi tutta la speculazione cl1e le destre, e soprattutto i fascisti del M.S.I., hanno montato, confondendo in mala fede le idee agli ignari. Intanto, i gangsters espulsi continuano a giungere; e la loro attività contribuisce fortemente a far salire i livelli della criminalità. Basta, fra tutti, il caso di quel Luigi Sorrentino, scoperto nel settembre '54, che, reduce da Sing-Sing (per avere, fra l'altro, ucciso un uomo rinchiudendolo in un frigorifero), fitta a S. Maria La Bruna, borgata d\ Torre del Greco, un grazioso villino, dove organizza una centrale per l'emigrazione clandestina. Questo in apparenza. Perchè, in realtà, il suo piano è ben diverso: attirare gli ingenui, ucciderli con un colpo ben dato (e per questo ha predisposto tutto un suo sistema, con una porta che s'apre alle spalle del visitatore) e poi dissolvere i corpi nell'acido muriatico. Numerose damigiane sono state approntate in un sotterraneo, per quell'uso. È così che muore il marittimo Antonio Passalacqua. Ed altri avrebbero fatta la stessa fine se « un incidente professionale>> non avesse fatto irrompere i carabinieri nella villa dove il Sorrentino aveva impiantato il laboratorio delle «partenze>>. Mafia, camorra, banditismo. Se, a distanza d'un secolo circa dall' << unificazione>>,rimangono intatte queste incancrenite piaghe, è evidente che profonde debbono essere le cause. Quali? È una diagnosi complessa. Nel '49, prima di recarmi in Sicilia dov'era in fase virulenta il fenomeno Giuliano, trascorsi alcuni mesi rileggendo, nella ricca biblioteca della società di Storia Patria di Napoli, al Maschio Angioino, talune opere di maestri insigni, che ai problemi del Mezzogiorno, avevano dedicato tutta la vita. E stupii poi nel constatare, in una lunga permanenza nell'isola, come, dopo circa cent'anni, restassero immutate le cause che producevano alcuni di quei fenomeni, quali appunto il brigantaggio e la mafia. Nel '50, ritornai in Sicilia per la morte di Salvatore Giuliano, e girai per le varie provincie, fra i zolfatari di Caltanissetta, i salinari di Trapani e i braccianti di quelle campagne, autentici peones, servi moderni della gleba. La conclusione di quella mia esperienza isolana fu che se la fine di Giuliano era stata appresa con compiacimento e sollievo dalla parte migliore dei siciliani, per il crollo d'un mito tristo e sanguinoso che colpiva l'isola e il prestigio dello Stato, nessuno però dei siciliani si illudeva, nonostante i facili inni di gloria in- [100] BibliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==