un rifiuto. << Sono all'aereoporto. Arrivo in questo momento da Palermo ». - << Benvenuto a Roma». - << Sono qui per vederti ». - << Con tanta fret-- ta? Che- ti è capitato? ». - << Non si tratta di me ... » - qui una pausa poi in un bisbiglio: << Acc<;:>mpagnoDon Calo' ... ». - altra pausa - << Ti vuole conoscere ». - cc E stai tanto a parlare venite, venite pure a casa... ». - << A casa tua?» - osservò meravigliato il mio interlocutore. - << E dove vorresti? Oggi è domenica e a quest'ora ... ». - Un bisbig-Iio s~ffocato. - « Dice che è troppo onore per lui ... Veniamo ». Stavo per conoscere di persona il Comm. Calogero Vizzini, colui che da più di un trentennio sapevo signore di Villalba e sovrano della mafia insulare. Così di lui mi avevano parlato quando avevo iniziato la mia professione nel territorio di Caltanissetta; così di lui avevo appreso durante la campagna di guerra che fra il 1924 e il 1931 il Governo condusse contro le· consorterie mafiose che, all'epoca, imperavano nella Sicilia centro-occidentale, là dove erano e sono ancora gli ex feudi e i latifondi. Di incontri con capi-mafia avevo vivo ricordo; però quello col Comm. Calogero Vizzini mi eccitava, soprattutto perchè, sotto alcuni aspetti, completava una grande lacuna della mia esperienza nel particolare campo che stavo tra~tando in alcune mie vicende romanzate. Bisogna, infatti, intendere quel che sia la <<·mafia», quale il fascino ben anche del solo suo nome fra i siciliani,' la portata della sua potenza, le sue leggi, la capillarità tentacolare delle sue relazioni, per rendersi conto della natura di un colloquio con colui che ne era il capo. La conferma di questa mia affermazione l'ebbi osservando con quarita deferenza l'amico mio, l'accompagnatore, si affiancasse al mio ospite, con quale trepidazione seguisse l'incontro. I L'ospite era un vecchio signore di- provincia sui settantacinque anni, un po' pesante nei movimenti, capelli bianchi, gote grassocce e cascanti, viso impassibile, e con due occhi ... Gli occhi acutissimi, magnetici, chiari ancorchè dietro gli occhiali da sole, mi apparvero fosforescenti. <<Eccomi, commendatore Vizzini. Io sono ... », gli dissi mentre si soffermava un po' ansante sulla soglia dell'uscio e con un'occhiata rapidissima ana-- Iizzava l'ambiente e la mia persona. <<Per lei non sono il commendatore. Sono 'u zù Calo' (lo zio Calogero)». << Benvenuto nella mia casa, zù Calo' >>. Quando 'u zù Calo' si fu seduto sul divano e i suoi ebbero scrutato il mio studio pieno delle piccole cose, che sono il mio mondo, e di scaffali I stipati di libri, fissandomi le pupille in viso, lui, l'uomo al cui cenno tremava per lo meno mezza Sicilia, con aria paterna, lontana: <<Avevo desiderato di conoscerla di persona - mi disse mi avevano parlato di lei [80] . Biblioteca Gino Bianco
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