in realtà, di scarsa rilevanza, per il fatto che, se si eccettua qualche corso 1 del primo anno, la frequenza alle lezioni è normalmente inferiore alla capienza attuale. La scarsa frequenza alle lezioni potrebbe far pensare ad un basso profitto; e difatti i risultati degli esami, in media, non sono affatto rallegranti. Tuttavia, per quanto non ci sia stato possibile raccogliere dati precisi, si può affermare che le maggiori punte di profitto non sono raggiunte, di 11orma, da quelli che frequentano. La frequenza, salvo lodevoli eccezioni, rappresenta per lo più un espediente di studenti fannulloni e chiassosi che credono, con la loro presenza, di guadagnarsi la benevolenza e la considerazione del professore che dovrà poi esaminarli. Se dunque il profitto più elevato non è reso da chi normalmente segue le lezioni, vuol dire che queste non sono necessarie per il buon esito degli esami: ciò dipende o dalla estrema superficialità con cui si svolgono talvolta gli esami, o dal fatto che la materia di studio non presenta difficoltà, tali da richiedere necessariamente la spiegazione a viva voce del prof essore. Sia nell'uno che nell'altro caso, lo studente non può sentire alcun interesse a seguire le lezioni, e quindi la obbligatorietà della frequenza sarebbe in ogni caso un non senso. Ecco perchè se la facoltà di Giurisprudenza di talune Università, come ad esempio quella di Napoli, non obbliga alla frequenza, ciò non può considerarsi un fattore determinante del basso livello degli studi. D'altra parte, finchè non vi sarà tale obbligo, le aule saranno ' ancora abbastanza capienti. Quanto si è detto per le lezioni, vale anche per le esercitazioni. Qui, si badi bene, non si vuol negare la validità delle lezioni e, tanto meno, delle esercitazioni per una più solida preparazione giuridica; perciò, finchè gli esami potranno superarsi egualmente bene, facendo a meno delle une e delle altre, vuol dire o che le lezioni e le esercitazioni non sono funzionali, o che gli esaminatori sono troppo benevoli. Quel che dunque è certo è che in tutto questo gli studenti non c'entrano e non possono essere tacciati di scarso interesse per gli studi. Ma non per questo si può far ricadere la colpa sui professori, col denunziare il loro scarso attaccamento all'insegnamento e la loro maggiore predilizione per attività che dovrebbero risultare soltanto collaterali e subordinate, come l'esercizio della professione o la carriera politica. Difatti, sono proprio i professori animati da maggiore buona volontà che finiscono con l'accorBibloteca Gino Bianco
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