per effetto· dell'aumento di produttività del lavoro agricolo e per l'opportuno abbandono delle terre meno produttive, la stessa popolazione oggi occupata in agricoltura. Larghissime aliquote della popolazione agricola, specie delle zone più povere e affollate, sono destinate all'esodo rurale, all'emigrazione. E' questa la conseguenza e la condizione stessa del progresso umano; ed è solo indizio di assurdo romanticismo ruralistico - retaggio delle più reazionarie correnti politiche dominanti un tempo in Europa - pensare il contrario ed augurarsi un opposto sviluppo. Negli ultimi cinquant'anni, o meglio da un secolo e più in qua, la popolazione agricola è, difatti, diminuita in tutti i paesi modernamente sviluppati, non solo in misura relativa, ma in cifre assolute. Dal 1890 al 1950 essa è, infatti, passata - senza parlare dell'Inghilterra dove era già ridotta al 10 e si è ulteriormente ridotta al 5,6 per cento della popolazione totale - in Germania dal 34 al 18 per cento, negli Stati Uniti dal 43 al 13, in Francia dal 45 al 35 e da noi dal 53 al 41 per cento della popolazione attiva totale. Le cifre assolute mostrano anch'esse diminuzioni di milioni di unità, malgrado che il volume della popolazione agricola di quei paesi sia straordinariamente aumentato nel frattempo. Quanto al nostro paese la popolazione agricola attiva, che era ancora nel 1921 molto vicina ai 10 milioni di unità, è scesa nel 1951 a 8 milioni, mentre che il Piano Vanoni, pur prevedendo un ulteriore incremento della nostra produzione agricola calcola che nel 1964 essa sarà ridotta a meno di 7 milioni di unità; tale cioè da rappresentare appena il 33 per cento della popolazione attiva totale. I contadini si debbono, quindi, preparare ad educare all'emigrazione, intendendo naturalmente questo termine nel senso più largo e più semplice, del lasciar la campagna per altre attività e per altri luoghi. Pur non escludendo che in qualche caso tale emigrazione possa significare trasferimenti di gruppi di contadini verso zone agricole vicine, suscettibili di intensa trasformazione, o anche impiego, nei luoghi stessi di antica residenza, in nuove attività industriali o terziarie, quasi sempre essa è e sarà vera emigrazione, ossia allontanamento definitivo dai luoghi nativi e insediamento in luoghi lontani e diversi. Che questi siano poi i centri industriali dello stesso paese cui i contadini appartengono, o viceversa paesi. : stranieri a intenso sviluppo, e quindi bisognosi di mano d'opera, è cosa che non importa ai fini del problema di cui stiamo discutendo. [65] Bibloteca Gino Bianco
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