Juogo, ogni volta che si dimostri necessario, ad investimenti diretti allo scopo di: I) localizzare in certe regioni l'attrezzatura industriale addizionale; 2) sostenere industrie di base ed altre attività economiche occorrenti per rendere conveniente l'investimento privato; 3) assicurare negli opportuni limiti l'ulteriore sviluppo dei settori industriali che 1o Stato già controlla ». · Nel Mezzogiorn~ oltre alle defidienze dì di~ponibilità finan11iarie e alla insufficienza delle agevolazioni creditizie ai fini del processo ·d'industrializzazione, si riscontrano quelle condizioni deficitarie di mercato analizzate dal citato Nurske: mancano le industrie di base, capaci di creare la domànda. E cioè mancano le industrie in cui il rapporto « capitale fisso investito, mano d'opera » sia basso; in particolare quelle meccaniche dove si ha appunto una media di milio,ni 2,2 di capitale fisso investito per addetto contro i 5 delle metallurgiche ed i 6 delle chimiche. Dove impiantare più convenientemente queste ed altre industrie, « dinamiche », nel Mezzogiorno? La risposta a questa domanda i1nplica una serie di opportuni studi d'accertamento ed è la premessa per quella che abbiamo chiamato l'integrazione della politica d'intervento di « tipo italiano » con quella di « ti po inglese ». Si può, però, fin da ora, ricordare come punto di partenza, che urbanisti, economisti e sociologi, hanno già parlato di tre tipi di aree che si possono distinguere nelle regioni del Mezzogiorno ai fini del coordinamento dei vari interventi: aree di svilt1ppo ulteriore, aree di sviluppo integrale, aree di sistemazione ( « La regione come punto di riferimento di un programma di sviluppo economico del Mezzogiorno», relazione SVIMEZ al IV Congresso Nazionale di Urbanistica, Venezia, ottobre '52). Le aree di sviluppo ulteriore che, nel Mezzogiorno continentale, furono allora identificate, sono Pescara ed il suo hinterland, la Terra di Bari, la zona di Reggio Calabria, il triangolo Caserta-NapoliSalerno. Queste · aree, dove l'industria è già relativamente presente, sono appunto zone di ulteriore industrializzazione. Si tratta di identificare, nelle aree di sviluppo integrale, quei comprensori, come per esempio Taranto o Santa Eufemia, i quali, per determinate ragioni, possono rappresentare zone di nuova industrializzazione da allinearsi con le prime (di ulteriore industrializzazione) attraverso le applicazioni degli auspicati provvedimenti di « tipo inglese » • A. d'A. • I [43] Bibloteca Gino Bianco .
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