è veramente (e il Garosci, come testimoniano altri suoi scritti, ne è persuaso quasi quanto noi) il nodo fondamentale della più recente storia italiana. L'impresa africana funziona come la cartina al tornasole, scopre e potenzia le trasformazioni e le divergenze che si erano maturate in quarant'anni di storia unitaria, nelle ideologie come nei programmi politici, nelle menti e negli animi degli uomini. Ed essa funziona come la cartina al tornasole anche per l'uomo di Stato Giolitti, perchè ne svela i meriti grandissimi di tattico e di stratega della politica interna ed internazionale, ma insieme ne rivela i difetti, innanzi tutto una singolare sordità ai processi per così dire· morali e culturali, la sua incomprensione delle forze che agivano nel sottofondo del Paese e che solo in parte avevano la loro espressione nel Parlamento. È questa incomprensione fondamentale che s'incontra anche nel Giolitti che fece fronte al fascismo e immaginò di poterlo << costituzionalizzare » e non prestò ascolto a quelli, più giovani epperò più sensibili e meglio comprensivi delle passioni e degli atteggiamenti e della costituzione mentale e morale dei loro coetanei, che ammonivano essere quel desiderio irrealizzabile e quell'illusione pericolosa. Errore ed illusione che il Giolitti divise con la più parte dei dirigenti liberali e che sono all'origine del loro primo franco collaborare e poi del loro malcerto criticare ed opporsi fino al momento in cui il processo non fu tutto spiegato innanzi ai loro occhi e fu chiara a tutti la vera natura del regime ed insieme l'abisso nel quale cadeva il PaeBiblotecaGino Bianco se. Questi sentimenti ed atteggiamenti e gli altri non meno rovinosi dei socialisti e dei popolari sono appunto analizzati con magistrale chiarezza nelle pagine del Salvatorelli. La linea di formazione di una opposizione democratica, per entro le alterne vicende di errori e di folgoranti anticipazioni, di incertezze e di risolute prese di posizioni, è disegnata con vigore, ed è solo da lamentare che, a partire dal '25, il racconto diventi troppo rapido e sommario e sia in qualche modo tagliata fuori da un'analisi minuta tutta o quasi l'opposizione al fascismo fatta all'estero e quella che pure si ebbe all'interno. Gli anni '43-47 sono affidati a Mario Bendiscioli e a Panfilo Gentile (Mario Ferrara ha scritto, sulle vicende posteriori al '47, pagine acute e conforn1i .11 suo temperamento di commentatore 1noralista delle cose politiche). 11 sagg-i ~ d,.:l B~ndiscioli sugli aspetti politici della Resistenza, sulla storia politica, cioè, dei Comitati di Liberazione Nazionale durante l'occupazione, ha i grandissimi meriti dei tentativi di sistemazione di una materia vergine di ogni elaborazione, salvo di quella memorialistica o di quella erudita: conoscenza approfondita della materia, documentazione abbondante, solida filologia, immediata capacità di orientamento. Gli nuoce, però, questo suo essere ancora troppo vicino al documento, che ha portato ad una singolare timidezza ad uscire fuori dall'ambito del C.L.N. e soprattutto ad approfondire i rapporti dei vari partiti in seno agli stessi C.L.N,. e le loro divergenze programmatiche al di là dell'accordo sull'immediato. Per un periodo come quello dal '43-'45 nell'Italia
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