Nord e Sud - anno II - n. 8 - luglio 1955

• abbiamo esercitato per mezzo della educazione, se avessimo preso parte a movimenti politici di lavoratori e se il nostro insegnamento fosse risultato partigiano o tendenzioso ». Anche lasciando da parte il problema dei metodi o delle tecniche didattiche o organizzative, che sono ovviamente diversissime nei vari paesi e che debbo~o sempre, il più possibile, adeguarsi alle situazioni locali, non si può fare a meno di sottolin~are che questi due punti, autenticità della cultura e indipendenza da organizzazioni politiche, debbono essere tenuti come fondamentali da chi si proponga fini di cultura popolare. E a questo proposito è opportuna qualche considerazione sulla situazione italiana. La cultura popolare, così come è stata impostata dal C·omitato Centrale }Jer la Cultura Popolare del Ministero della Pubblica Istruzione (guardiamoci dai Comitati Centrali!), ha in sè tutti i difetti, elevati a potenza, della scuola italiana. Almeno in questo limitato settore della scuola popolare, dal momento che si faceva opera nuova e i11certo senso si agiva fuori della tradizione della nostra scuola di Stato, il Ministero, se proprio avesse voluto occuparsene, avrebbe potuto e dovuto mostrare più agilità e fantasia, e far ricorso a criteri più moderni. Il carattere distintivo della cultura popolare, come di ogni cultura, dev'essere Io « spirito critico », la capacità di orientarsi nel campo dei gusti e delle opinioni: non si tratta, dunque, di cacciare nella mente dei discepoli una consapevolezza fittizia dell'ora storica che la classe operaia sta attraversando, ma di portare i,n loro fino ad una piena coscienza la capacità di discernere la qualità del momento politico; e quindi la quaiità dei programmi che i partiti sogliono proporre al paese. È per questo che cultura popolare non può non significare in concreto che edt1cazione alla libertà delle opinioni, educazione ad una libera critica, disposizione verso le varie cose del inondo, siano esse della politica o della cultura: è ancora per questo che, qua11do si legge il Calendario del Popolo, si resta sbigottiti per quel tono precettistico ed ecclesiastico, per quel modo untuoso ed ipocrita, non di e< rendere semplici e accessibili a tutti » i termini delle grandi impostazioni (perchè non di questo si tratta), ma di prospettare le cose come se solo l'impostazione suggerita le definisse e le risolvesse. una volta per tutte. La men- . talità da combattere è proprio quella del romanzo d'appendice pubblicato a puntate nella terza pagina dei grandi quotidiani comunisti: perchè chi ha da imparare deve essere messo all'altezza di cose degne (se pur necessaria- . .. mente semplici) e non abbassato al livello delle più commerciali produzioni ~ella narrativa mondiale. Altro sono le cose semplici e altro le cose semplificate, ridotte al livello di chi non sa: e niente è più antipedagogico di questa evirazione delle opere. È la gioia della riflessione che noi pensiamo deb- [37] Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==