Nord e Sud - anno II - n. 2 - gennaio 1955

davano a queste manifestazioni il compito di serrare le file dopo la burrasca e di render chiare le reciproche tesi politiche nel quadro della generale situazione italiana. La prima impressione che si ricava dai resoconti giornalistici è che, dei due contendenti, quello che più chiaramente mostra di aver accusato il colpo e di avere conseguentemente visto minimizzarsi quelle speranze e quelle velleità che lo avevano spinto alla scissione, è Lauro. Sottoposto al particolare discredito che suole colpire coloro che provocano la scissione di un partito; vistosi abbandonato da alcuni tra i suoi più fidi, che han preferito ripararsi all'ombra della .,posizione ufficiale, incarnata da Covelli; seguìto, in sede, parlamentare, solo dai pochissimi satelliti che condividono con lui precisi interessi economici, il Comandante sta per comprendere d'aver giocato male la sua carta. Al solo scopo di differenziarsi dal partito concorrente, egli si è dato, da qualche tempo, ad assumere un atteggiamento molto più possibilista nei riguardi della D.C., ed abbastanza conciliante al di là della quotidiana polemica, che in superficie è rimasta intatta, nei riguardi del governo quadripartitico. Alla base della stessa giustificazione politica attribuita da Lauro alla sua scissione, secondo la quale egli avrebbe preso l'iniziativa per reagire all'insensibilità politica dimostrata da Covelli nel votare contro il Governo Fanfani - tesi che ha costituito una parte saliente nel discorso tenuto al convegno di Roma - c'è un implicito e non casuale riconoscimento della funzione di supremazia politica della D. C., alla quale la destra « nazionale » - dimenticando ogni rancore ed accantonando ogni pregiudizio istituzionale - dovrebbe appoggiarsi in ogni occasione che reputasse favorevole al compromesso. A questo addolcimento di posizione non ha corrisposto - come dicevamo - un adeguato e sostanziale mutamento di tono della stampa laurina, nè ha fatto riscontro un'attenuazione delle punte più autenticamente e polemicamente fasciste della compagine del P.M.P. Quando Lauro, ad esempio, eleva alla carica di segretario generale del suo partito l'ex-ministro fascista Lessona - eletto << per acclamazione» nel corso stesso del convegno - tutto ci fa pensare che al suo piccolo partito abbisogni un lungo periodo di quarantena per conquistarsi i titoli di abilitazione al ruolo di partito democratico, sia pure come ala conservatrice della democrazia. D'altronde, il contenuto del discorso dì Lauro al convegno in parola, forse il più vacuo e confusionario ch'egli abbia mai pronunciato, non fa che rafforzare in noi questa convinzione. Unto di tutti i sacri crismi dell'ufficialità sabauda, all'ombra della robusta personalità di Alfredo Covelli, alla cui progressiva divinazione notevolmente contribuisce la « musa appigionata » di un goffo epigono scarfogliano, nutrito della « antica fede » e dell' « eterna devozione >> alla dinastia, il congresso del P .N .M. ha seguito esattamente - senza alcuno scompenso o pentimento - il tono che è stato proprio della destra monarchica in questi ultimi anni. Dopo aver sal_utato il « Sovrano ancora in esilio >> « col grido della sua immutabile fede», non restava all'on. Covelli ed ai suoi seguaci che minimizzare quanto (65] Bibloteca Gino Bianco

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