Il nome di Mussolini, in connessione con l'affare Matteotti, appare negli atti della istruttoria solamente in queste deposizioni di De Bono e Finzi; ma non c'è neanche in questa un'accusa esplicita per quell'affare. Da ora in poi, il principale rimane sempre in un cantuccio, protetto dall'ufficio di ministro. Del Giudice riferisce la voce fatta ~ircolare allora che Matteotti possedeva documenti contro i dirigenti della Banca Commerciale (o, come io sentii allora, contro la Sinclair americana), e che era stato rapito per privarlo di quei documenti (quasi che li portasse sempre in tasca). La voce fu accreditata da Virginio Gayda, uno dei giornalisti salariati dal regime. E una denuncia contro i dirigenti la Banca Commerciale fu mandata alla sezione di accusa; e in testa ad un lungo elenco dei testimoni c'era Gayda. I testimoni furono interrogati, ma non ebbero nulla di serio da dire. Nel perquisire l'ufficio di Rossi, i due magistrati dovettero fare scassinare una cassaforte incassata in una parete. E ritrovarono la lista dei giornalisti che avevano appigionato la penna e l'anima a Mussolini. Nella lista dei foraggiati c'era il nome di un deputato socialista, al quale anche dieci giorni prima del delitto Matteotti erano state versate ventimila lire - che allora era somma assai rispettabile, dato che acquistava tanti beni quanti se ne possono acquistarP- oggi con ottocentomila lire su per giù. Nell'autunno del 1924 i giornali annunziarono che quel deputato, che si diceva imparentato con Enrico Ferri, era stato escluso dalle riunioni dell'estrema sinistra. Chi sa se era lui la persona, a cui accenna Del Giudice, o un altro. Non solo furono messe le camicie nere invece dei soldati a far ·la guardia a Regina Coeli - affinché chi veniva e andava capisse chi era il padrone del vapore - ma due agenti furono messi alle costole di Del Giudice, e due altri in borghese gli furono messi nella portineria di casa. E i fascisti cominciarono a far dimostrazione sotto le sue finestre: « Viva Dumini! Viva Volpi! Morte ai nemici di Mussolini! "· Poi vennero le strisce stampate: « Chi tocca il Duce avrà piombo n. E altre scritte sui muri del palazzo di giustizia. E i giornali fascisti, tra i quali il più facinorose, era « L'Impero •, moltiplicavano le minacce: « È inutile alludere, più o meno velatamente, a Mussolini per il delitto Matteotti. Il Duce, salvatore della patria, non si tocca. Il fascismo non lo permetterà mai a nessun costo... Chi toccà il Duce sarà polverizzato.... Sarebbe la notte di San Bartolomeo ». I fascisti riprendevano le spedizioni punitive. E la polizia stava a guardare. Del Giudice e Tancredi erano avvisati, cioè mezzo salvati. Via facendo il procuratore generale Crisafulli, a cui, come al suo superiore, Tancredi aveva l'obbligo di riferire i risultati dell'istruttoria, disse al Del Giudice che bisognava dichiarare la incompetenza della magistratura e mandare gli atti al Senato. Del Giudice protestò che il 313 BibliotecaGino Bianco
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