Lo Stato - anno II - n. 23 - 20 settembre 1961

ca d'arte come noi oggi la in– tendiamo non è esistita. « Fos– sero quadri, statue, edifici, avo– rii, smalti, miniature, le opere d'arte erano per la cultura me– dioevale - da Isidoro di Sivi– glia a S. • Tommaso - dei ma– nufatti prodotti su ordinazione e destinati ad uno scopo che non era la mera espressione del personale modo di sentire e pensare dei loro artefici, ma ri– spondevano ad esigenze prati– che del culto, della vita civile, della vita domestica ». Ciò pre– messo, si capisce come il giudi– zio critico no:n fosse riferito al– l'opera d'arte in sé, bensì inve– stiva esclusivamente la oggetti– vità del fine e della qualità in relazione al fine; disinteressan,. dosi, o quasi, della soggettività dell'artefice. Soggetto del giud'i– zio era la cosa in quanto tale, e non la persona che l'aveva prodotta. Una critica così im– piantata veniva spesso formu– lata attraverso la descrizione delle opere stesse. E se questi sono i risultati cui si approda, viene spontaneo chiedersi quale sia il valore da dare al concetto di critica d'ar– te medioevale. A questo punto ci viene ancora in aiuto l'auto– re che conferisce al termine di critica l'accezione di esercizio del giudizio estetico. Ma, a ri– gore, non è possibile reperire neanche un vero e proprio giu– dizio estetico nel Mea.ioevo; e l'Assunto conia ancora un'altra espressione: quella di critica in azione (non in atto), una criti– ca cioè che non si fa forte di un organico fondamento teoretico, ma che esplica la sua attività come semplice coscie:nza di gu– sto che opera in scelte di carat– tere pratico. Ma non è sufficien– te tuttavia la ricognizione scru– polosa dei vari giudizi formula– ti (cosa che avrebbe come risul- 38 tecaginobiarico tato solo una storia della cul– tura medioevale), bensì è neces– sario dare una definizione esat– ta di ciò che era il giudizio este– tico per il Medioevo. L'Assunto, ricorrendo alla terminologia kantiana afferma che tale giu– dizio non è rijtettez;.te, poichè dato il particolare, ov:vero l'ope– ra d'arte come oggetto, no:n vi si trova poi l'universale come attributo o predicato; ma è giu– dizio riflettente, cioè, dato il concetto di bellezza come uni– versale, bisogna vedere se l'ope– ra d'arte può appropriarsi o me– no di quel concetto. Quest'ultima chiarificazione viene necessariamente ad im– porre all'autore di considerare la cultura medioevale come qualcosa che non può essere g,iudìicata in termini moderni. Tale consapevolezza è espressa chiaramente :nel capitolo primo del saggio: La critica d'arte e la cultura medioevale, e non ci fa quindi dubitare del suo pre– ciso senso storico, anche se poi il concetto non viene scrupolo– samente ribadito nel corso del– la trattazione, là dove le con– siderazioni e le illazioni, proprio per questa mancanza di conti– nuo reinquadramento storico, potrebbero essere prese in asso– luto. Ciò va detto perchè una opera a carattere teoretico co– me questa, cui non si accosta– no solo gli « spedialisti )), ma anche il grosso pubblico cosid– detto di media cultura, può ac– cadere che corrobori (certo non per colpa dell'autore) proprio qui quegli errori che ci si sfor– za di eliminare. Come ogni opera seria e im– pegnata, quella dell'Assunto si conclude con un capitolo di ri– sultanze e P.Toblemi teorici, i11 cui l'autore affronta il delicatis– simo problema del rapporto tra l'arte e l'altro, intendendo per altro « l'insieme delle convin- zioni dei pregiudizi, delle spe– ranze, dei terrori che si ;riflet– tono e si esprimono nei concet– ti in base ai quali le opere d'ar– te presenti alla coscienza di un certo tempo e di certi luoghi vengono lodate o biasimate)). E non può non far piacere con– statare che tali considerazioni così importanti ai fini della e– satta conoscenza del rapporto tra l'arte e la storia, sorgano alla fine di un saggio dedicato al Medioevo. Che l'arte sia la libera ma-· nifestazione di un'attività indi– viduale è ormai condiviso dai più, nia quanti ancora credono che essa sia condizionata da fe– nomeni sociali, morali, politici e così via!, quanti ancora cre– dono che l'arte sia spesso con– dizionata dalla filosofia!, e spes– so lo è (si veda a tale proposito il « verismo italiano )) dell'800), ma quante ddle opere cosi nate possono aspirare all'attribuzio– ne di belle? Nella maggior par– te dei casi esse restano il docu– mento più eloquente dell'aber– razione del gusto in un deter– minato periodo. Vero è che an– che l'arte, come tutte le attivi– tà umane, non .è né condiziona– ta né condizionante, ma la una e l'altra cosa insieme. Forse le conclusioni dell'Assunto avreb– bero dovuto essere formulate in maniera meno succinta, e per– ché il suo pensiero potesse esse– re più esplicito e perché, a pro– posito del Medioevo, era proprio questo rapporto tra l'arte e lo altro che bisognava scovare, in modo da avere più sicuri ele– menti di giudizio. Con ciò non si vogliono sminuire i meriti dell'opera, soprattutto perché, nel suo genere, essa può presu– mibilmente essere r-onsiderata non un punto di : :i.rrivo.ma di partenza. DAMIANO FUCINESE

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