Lo Stato - anno II - n. 19 - 10 luglio 1961

L ARTE PROBLEMI Il grande pubblico dei lettoti italiani non conosceva finora le opere di Envtin Panofsky, che erano note soltanto al ristret– to numero degli sipecialisti. Si av,eva tuttavia una conoiscenza riff.essa del suo pensiero attra– verso i consensi, le opposizioni e le polemiche condotte sulle riviste sipecia1izzate, intorno al- . le teorie dello studioso e sopra– tutro intorno ad uno scritto particolare - La prospettiva come « farma simbolica » - che, a -distanza di un trenten– nio, è ancora oggetto di dissen– s1 pro e contro da parte di stu– diosi di problemi storico-arti– stici. E' bene ricordare che il Pa– nofsky fa ,parte di quella « cor– rente » di studiosi tedeschi del– la storia de1l'arte (ipoco cono– sciuta in Italia), dalla nostra tradizionale cri.tica srorico-arti– stica. Niella -sua formazione, di– fatti, ebbero grande importan– ~. per l'influenm che esercita– rono, gli scritti di Alois Pieg.l, vil.sti e interpretati suna base di una profonda conoscenza dei criticismo kantiano. Ed è significativo a questo iproposit:.o • notaTe che non solo il Piegl influì sul :Panofsk'y, ma anche· il Cassinz, cioè ,il più no– ro, tra i moderni, degli inter– preti di Kant. Nel libro perciò troveremo spesso il riferimento alla Kunstwollen e al .valore simbolico dei mezzi espressivi, che ci richiamano a mente le posizioni e le teorie degli stu– d~i suaccennati. Ma, poiché il saggio più interessante è quello che dà il titolo al libro, ci occuperemo solo del proble- 30 ecaginobianco DELLA PROSPETTIVA ma della prospettiva, come lo ha posto e risolto l'autore, tra– lasciando gli altri scritti teori– ci sull'arte. La prospettiva, secondo l'ac– cezione comune, è « la scienzia che insegna a rappresentare gli oggetti tridimensionali ..su una superficie bidimensionale in modo che l'immagine prospet– tica e quella data dalla visione diretta coincidano ». L'autore !però preferisce ini– ziare il suo scritto con le paro– le di Diirer: « Item Pro.spediva è una parola la.Jtina, si,gnifica vedere attraverso». Ma sia la una che l'altra definizfone (la seconda solo etimologica), sono moderne, e S'iocome il proble– ma della resa prospettica inve– ste tutta l'arte, è nooessario ri– farsi più avanti nel temipo, non certo però per definiTe il signi– ficato della parola, bensì per vedere se il valore che ad essa si dava fosse pregnante e - co– sa ,ancora più importante - per stabilire se gli antichi aves– sero una loro prospettiva e in base a quali principii venisse applicata. Ciò occO'l'Tescoprire · se gli antichi avevano e utiliz– zavano nelle loro composizioni la costruzione prospettica che ci è familiare, se consideravano un punto di fuga •unico per tut– te le ortogonali del fig,urativo e se queste rappresentazioni a ve– vano una legge di tipo mate– matico 6 se erano dovute a una casualità. La r~sta del Panofsky è che gli antichi (particolarmen– te nell'età ellenisticerromana) puntualizzarono un Jorn siste– ma prospettico. Si trattava pe- rò di una prospettiva curva con asse di fuga unico essa corri– sponde ana nozione classica del– lo spazio inteso come entità discontinua e come luogo di con– flitto tra i corpi e il vuoto (allo stesso modo la prospettiva pri,a– na corrisponde alla conicezione moderna dello ·spazio omogeneo e infinito). In sostanza, la sco– perta della costruzione matema– tica dell'asse di ifuga, che con– traddistingue la prospettiva an– tica e medioevale, al Panofsky deriva dallo Hanck e, tutto som– mato, la considera ipotetica, di– fatti quel che a Jui preme dimo– strare è la totale alterità del sentimento e della resa spaziale antica rispetto alla costruzione rinascimentale, la maggi<Yreade– renza della prospettiva curva al– la realtà della percezione uma– na, rispetto alla c<nisapevole astrazione operata dalle genera– zioni del Brunelleschi e dell' Al– berli. E a questo punto bisogna ri– cordare ancora gli infl:us.si del Pie,gl. Ma quello che nel P a– nofsky c'è di Illllovo al conf,ron– to con l'impostazione del PiegJ consiste nella esatta definizione di una spazialità dell'artie classi– ca e, maggiormente, nell'impo~ stazione del problema del rap– po:rto tra la percezione fisiologi– ca e la sua « obiettivazione » pro– spettica. « L'arte classica, pura arte dei conpi, riconosceva come realtà artistica ciò che era non soltan– to visibile, ma anche tangibile, e non connetteva pittoricamen– te in unità spaziale ;i singoli ele– menti matetialmente tridimen– sionali, funzionalmente e prer

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