Lo Stato - anno II - n. 18 - 30 giugno 1961

SARTRE E LA NA-USEA L'APOLOGIA DEL ..BASTARD Come è noto, i romanzi ed i drammi di J. Paul Sartre sono fa•ascrizionre letteraria del suo pensiero filosofico, prodotto tipi– co di un intellettualismo esaspe– rato che si perde nelle maglie di ragionamenti, al limite, astraitti e parossfatÌlci. Ed è guardando a questa parte della pI'oduzione di Sartre che Fran– cis Jea.nson h:a scritto un accu– rato saggio, pubblicato ora in Italia dall'editore Mondadori, cercando di chtarire alcuni punti fondamentali della con– cezione del versatile scrittore. Un lavoro serio, precioo, ma è bene dire subito non esaurien– te, soprattutto in quella parte che tratta dell'« umanesimo» sartriano. Il problema focale della filo– sofia del direttore di « Tempi Moderni » è la Ubertà, una li– bertà totale ed assoluta, senza limiti ed impedimenti, che può essere soltanto di Dio e non del– l'uomo. In «L'essere e il nulla», l'opera in cui Sartfle sistemò la .sua filosofia e dimostrò come il nulla coincida senza residui con l'essere, si legge: « Si può dire così che ciò che rende meglio concepibile il progetto della real– tà umana, è che l'uomo è l'esse– re che progetta di essere Dio». 24 .,caginobianco L'uomo è in una parola colu!i che cerca di esssre altro da sé, di realizzarsi compiutamente trniscendendosi, cioè di diwnta– re Dio. Destderio impossibile quanto vano (è evidente qui il profondo legame che unisce Sartre alla filosofia del roman– ticismo) che diventerà una ve– ra ,e propria lacerazione spiri– tuale tra l'in sé del mondo e il per sé della coocienza (che è nulla). Pensare di passare da un termine all'altro è una speran– za destinata a vanificarsi, an– che se è l'intimo desiderio che aooompagna contin1Uamente le azioni dell'uomo, tutte destina– te aill.'in:suocesso. Sartre sostiene, poi, che ogni attività si equivale, è sullo stes– so piano. Afferma, infatti, che è fondamentale rendersi conto che « tutte le attività umane sono equivalenti, giacché tutte tendono a sacrificare l'uomo per fare sorgere la causa di sé, e che tutte sono votate per principio allo scacco. E' la dessa cosa in fondo, ubriacarsi in solitudine o condurre i popoli. Se una di que– ste attività è superiore all'altra, non è a causa del suo scopo rea– le, ma a causa della coscienza che possiede del suo scopo idea– le; e in questo caso il quietismo dell'ubriaco solitario è superiore alla vana agitazione del condut– tore di popoli». Si è giunti oosì da una posi– zion1e .gnoseOllogica ad una di neutJralitsmo o indifferentismo moI"aLe.Sairbfle,volendo afferma– re la hbertà rus:so}uta,ha affer– ma:to conseguentemente la li– bertà di tutte le scelte; ma sce– gliere llrberamente, s,enz;a una no11mao un comandamento, si– gnifica che tutte le scel<te si equivalgono. Com'è possibile allora scegliwe? E' chiaro: 1a sc,elta asisoluta ,conduce all'in– capadtà di scegliere e la liber– tà totale dh 11 enta necessità, quindi implicitamente è ,la ne– gazione della medesima. Gli uomini diventano così prigionieri di un destino, di una condizione umana e metafisica da cui non possono liberarsi. Di questa insanabile contraddizio– ne Sartre si rende perfettamen– te conto. Per il filosofo d'oltral– pe rendersi conto vuole dire ave– :r,econsapevolezza non soltanto della propria finitudine, ma del– la propria nullità, delLa vacuità dell'esi'Stere, della impossibilità di essere totalmente Hberi. La lucidità con cui i suoi per– scmaggi guardano atla propria esistenza coooci dello ,scacco cui

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