Lo Stato - anno II - n. 17 - 20 giugno 1961
brache non abbiano mai tenuto in mano un aratro. Fatto un solco, si fermano e fumano e non c'è verso di smuoverli» (p. 367). Invano il presidente del col– cos, frU1Sta in mano e « seduto in sella come un padrone» (p. 620), si adira e minaccia: « E' inutile prendersela con noi, perché gio– chiamo a carte. Nel colcos siamo noi i padroni: se vogliamo lavo– riamo, e se non vogliamo ci ripo– siamo, e non sarai certo tu a co– string·erci con la forza a lavora– re ... » (ibid.). Ben altra, invece, è la realtà: il colcosiano, lungi dall'essere padrone del colcos, è un povero servo della gleba, co– stretto a lavorare isempre per la ma,ggiore prosperità del potere sovietico. Ahimè, sospira Davydov, «ogn~ giorno mi trovo in imbarazzo con questa gente .... Chi ci capisce qualcosa è bravo, che il diavolo se li porti! » (p. 637). Come po– teva lui, che nulla capiva di agri– coltura, capire la complicata na– tura dell'animo umano? Nessu– na forza esterna, rpuò costringe– re !l.'uomb a lavorar·e bene e a produue ,meglio (in un lavoro assai ingm to, per giunta!), se manca - come nel colcos - fin– centivo e ~•appaigamento degli interessi individuali. Eoco ,perché i cosacchi di Gre– mi.a,ci Log pr,eferiscono spassar– sela con le mogl'i dei loro diri– genti comunisti: « Venite un po' di notte all'accampamento, e vedrete cosa succede... Luscka li ha strega.ti i miei giovanotti. Di– stribuisce a tutti sorrisi che sem– brano promesse. La notte balla– no da far gemere la terra. Fa pena vederli che si schiantano i talloni a forza di pestare. Vicino alla capanna la terra è battuta che sembra cemento. Anche quando i fuochi sono spenti, il chiasso continua .... Sembra di es– sere alla fiera. Fanno baldoria fino all'alba, poi, di giorno, come volete che lavorino? Dormano in Lo STATO bib 10 ecaginobianco piedi, si fanno gettare in terra dai buoi. Sentite, Davydov, c'é poco da scegliere: o togliete dal– la squadra quella peste di Lu– scka, oppure la convincete a comportarsi da donna sposata» (pp. 405-406). Questi inconvenienti della vi– ta colcosiana mandano su tutte 1'e furie il compagno Davydov che, sconfessando per primo la bontà del ·sistema collettivistioo, si appeHa decisamente alla li– bera in'iziaitivia individurule, che resta s-empTleuna componente inelnninabile della vita associa– ta : « Che modi sono questi? Per la minima cosa venite in dire~io– ne: "Compagno Davydov, s'è rotto l'aratro. Compagno Davy– dov, la giumenta è malata ...", e adesso "c'è una che alza troppo spesso le gonne". E sono io che devo farle capire la ragione. Ac– cidenti. C'è da aggiustare l'ara– tro? Và dal fabbro. Per la giu– menta c'è il veterinario. Quando 'imparerete ad esercitare il vostro spirito d'iniziativa? » (p. 406). Ma, nel colcos, l'unica ad reser– citar•e lo spirito d'in.iziativa è la ex.,mogHe del compagno Nagul– nov, la citata Luscka, che :finisce con il sedurre il compagno Da– vydov, che doveva ...• redimerla! Abbandonato il marito perché tutto preso dall'idea di colletti– vizzare il pollame, allo scopo di accelerare l'avvento della rivolu– zione mondiale comunista, Lu– scka scorge ben presto in Davy– dov l'idea fissa di conseguire buoni successi neH'agricoltura del colcos. Di qui il suo sdegno: « Pensa1,10 che fossi un uomo co– me tutti gli altri, e invece sai co– me il mio Makar: lui pensa solo alla rivoluzione mondiale e tu alla tua autorità (di presidente del colcos). Ma con voialtri qual– siasi donna creperà di noia! » (p. 455). In altri termini: « Ma– kar aveva sempre la sua rivolu– zione mondiale, voi la semina. No, lasciamo perdere! Non ho bi– sogno di uomini come voi! Ho bi– sogno d'amore ardente io... La politica vi ha annacquato il SQ/11,gUe ... > (p. 251). A tanto oltraggio, come ri– sponde il buon comunista? In modo curioso: oon il voto di ... castità! « Per noialtri rivoluzionari, le donne, mio caro, sono come l'op– pio per il popolo! Io questa mas– sima la scriverei a lettere di fuo– co nello statuto, affinché ogni membro del partito, ogni auten– tico comunista o simpatizzante legg,a ogni giorno tre volte que– sta grande massima prima di an– dare a letto e la mattina, a di– giuno. Allora più nessuno si metterebbe nei pasticci. come ha fatto il nostro Davydov. Pensa, Andrei, quante brave ])eTSOne hanno dovuto soffrire a causa di questo maledetto seme di Eva! Un numero infinito di brave persone. Quante malversazioni, per causa loro, quanti ubriaconi, quanti voti di biasimo nelle or– ganizzazioni di partito a causa delle donne, quanta gente è an– data a finire in prigione ... E' una cosa che fa senso, te lo dico io! » (p. 479). Dove è la donna, i'Viè il sim– bolo della schiavit ù del l'uomo! Giovane o vecchia, es.sa è la vera catena del proletariato: cosa, questa, che forse sfuggiva a Marx: « Ora, il proletariato, co– me ho potuto leggere in un cer– to libro, non ha nulla da perdere tranne le proprie catene. Io, na– turalmente, non possiedo nessu– na catena - salvo una catena vecchia, che mi serviva un tem– po per attaccarci il cane, quan– do ancora vivevo in mezzo alle riochezze - ma c'è La mia vec– chia, e questo, fratelli miei, è peggio di qualsiasi catena, dì • qua.Zsiasi ferro da forzato ... » (p. 768). Né basta. Al voto di castità se– gue quello di povertà: l'amore per la piccola proprietà è un pec– oato capitale che vieta wl citta– dino l'ingresso nel partito comu– nista, non altrimenti che l'attac– C•amentoalla religione cristiana. 29
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