Lo Stato - anno II - n. 14 - 20 maggio 1961

un motivo così altamente umano e so– ciale sia stato avvertito cd espresso per primo da un poeta attraverso i senti– menti e le pene che_in lui destava lo amore per una donna, e attraverso un problema squisitamente letterario qual'è quello della lingua e delia espressione poetica. Ma se il problema espressivo fu risol– to, ed il Petrarca riuscì a dare al vol– gare perfetta e completa sostanza classica, creando una lingua di raffinata semplicità e portando alla sua estrema perfezione la poetica degli stilnovisti, così non poté avvertire per il suo mondo spirituale, proiezione sensibilissima ed immediata di quanto avveniva nella so– cietà del suo tempo, e che prese poi Jtrade del tutto diverse da quelle che il tormento del poeta poteva auspicare. Rifacendosi ai Trionfi e al .«compito:,, SOCIOLOGIA che il poeta aveva loro assegnato, quello cioè di esprimere « un omega alla sua storia intima, per renderla veramente giovevole a tutti gli uomini >, il Bosco trova che « Forse la ragione vera della non raggiunta poesia del poemetto sta in questa imposizione_della volontà del letterato e del moralista sull'istinto dd poeta, nascente dall'ineliminabile inquie– tudine di lui~- In altri termini, l'es– senza della poesia petrarchesca nasce dal contrasto e dall'inquietudine che ca– ratterizzano l'uomo. Solo apparente– mente la poesia del Petrarca nasce dal– la sofferenza di un amore inappagato, dal senso peccaminoso di una passione che è mossa non solo dallo spirito ma ancb.e dai sensi: questo è solo un aspet– to del dramma. In realtà il poeta si sollevò alla contemplazione e alla consi– derazione di un dramma più_alto e uni- versale: quello dell'uomo nuovo che vo– leva armonizzare il cielo e la terra, la libertà e l'autorità, il mondo nuovo con quello tradizionale: e non riusciva a vedere la possibilità di una risoluzione. E' questo il valore della poesia petrar– chesca cui il Bosco allude al principio del suo libro, quando scrive: « Si tratta dunque di definire l'essenza della più vasta speranza e disperazione, che al poeta piacque cantare sotto la specie del– la sua speranza e disperazione d'amo– re:,,. Cioè l'essenza della poesia del Pe– trarca sta nella sua capacità di univer– salizzare il suo dramma personale e di farne l'espressione poetica del suo tempo e della sua società. E' questa la lezione che ci viene dal poeta: una lezione di arte e di vita che a noi sopratutto, uo– mini d'oggi, può ancora dir molto. N. F. CIMMINO Inchieste s.bagliate L'uomo _della metropoli, come ce lo presentava Hellpach, sappiamo che non esiste. E siamo pure coscienti del fatto storico costituito della mancata realiz– zazione di quella esasperazione delle classi sociali auspicata, a volte temuta, dai teorici del vecchio socialismo. La diffusione della cultura e la velocità delle comunicazioni, unite al raggiun– gimento quasi generale di un migliore tenore di vita, hanno creato l'uomo me– dio - se vogliamo abulico e paralizzato nella sua monade - comunque scevro da un qualsiasi incentivo di differenzia– zione che affondi le radici nella classe. La medesima osservazione non può far– si per una massa di persone emigrate dalle campagne e dalle piccole città, in prevalenza dal Meridione e dal Veneto, per raggiungere i margini di quella spe– cie di terra promessa che è la metropoli. Questa gente, gli immigrati, costituisce oggi l'unica classe ben distinta - e ca– parbiamente conservatrice e dolorosa– mente isolata - capace non soltanto di Lo STA'l'O bibliotecaginobianco non farsi _assimilare dalla metropoli e di sottrarsi a quanto di nuovo e di buo– no la metropoli può dare, ma addiritura di influenzare torbidamente le pattuglie periferiche della stessa metropoli (altri immigrati e indigeni), di assimilare quelle pattuglie e di costituire, sia pure senza propria colpa, un virus di deca– denza della metropoli. Nel dopoguerra un milione di perso– ne sono emigrate dal Mezzogiorno al Settentrione: è la stessa cifra di persone emigrate negli Stati Uniti nel decennio 1911-1920,ma non è costituita da per– sone con quelle medesime caratteristiche (anche se i motivi_ che oggi spingQno ad emigrare sono i medesimi: la inso– luta crisi dell'agricoltura, la questione meridionale mai risolta; motivi oggi ag– gravati dalla fallita Riforma agraria, dalla Cassa del Mezzogiorno che com– plica le cose, da interventi statali che hanno la delicatezza dell'elefante e la lungimiranza della talpa). Gli immigrati di questo dopoguerra - non tutti, ma quelli che hanno creato le ~ Coree :tdi periferia - somigliano pit'i •a cercatori della pietra filosofale, a sognatori di strabilianti vincite al lotto (che permet– tano di vivere di rendita), a gente che accorre verso la confusione piuttosto che verso la possibilità di un lavoro ben r:e– tribuito, a gente che accorre verso la me– tropoli delle tentazioni facili e non verso quella delle occasioni dignitose. E' scomparso, in questi immigrati (nd più), pure quel filone di pateticità delle tradizionali migrazioni, e non si avver– te affatto il mito del ritorno « alla ter– ra». Legarsi alla terra -- è la diffusa parola d'ordine - significa oggi rima– nere indietro; e questo varrebbe pure nel caso in cui la campagna superasse l'attuale crisi e richiedesse braccia olt1e che macchine e capitali. In questa sede non ci dilungheremo troppo a considerare i motivi che deter– minano il progressivo formarsi in classe di un sottoproletariato di nuovo conio. Diciamo soltanto che' tra questi -motiYi 21

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